Eccolo, infine, il tanto annunciato e temuto «effetto valanga» scatenato da Marchionne sulle relazioni industriali italiane: un contratto aziendale alternativo a quello nazionale, che consenta alle imprese di qualsiasi settore di prescindere dalla normativa generale senza accollarsi la scocciatura di uscire, anche solo temporaneamente, da Confindustria.
LA PROPOSTA DI SANTARELLI Gli osservatori più accorti l’avevano previsto mesi fa, alle prime battute della vertenza Pomigliano. Adesso la cancellazione del contratto nazionale di lavoro come cornice obbligatoria di diritti e doveri, valida dalle Alpi alla Sicilia, è stata messa nero su bianco, pensata da Federmeccanica e subito convalidata dalla presidente di Confindustria. L’idea allo studio è quella di riformare il modello contrattuale del 2009 prevedendo la possibilità che «il contratto aziendale sia sostitutivo di quello nazionale» e non più solo integrativo. Per le industrie meccaniche, ma non solo. Emma Marcegaglia l’ha definita «una «proposta immediata e tempestiva di modernizzazione», citando il solito modello Germania ed aprendo all’alternatività del contratto nazionale in tutti i settori produttivi: «È una possibilità». «Stiamo facendo un ulteriore passo avanti rispetto al sistema delle deroghe » ha spiegato il direttore generale Roberto Santarelli. «Dove ci sono le condizioni e con il consenso dei sindacati, deve essere possibile prevedere l’alternatività tra il contratto aziendale e quello nazionale, fermi restando, eventualmente, alcuni contenuti minimi comuni». In questo modo Federmeccanica si assicurerebbe il rientro in Confindustria delle newco di Pomigliano e Mirafiori, anche se le trattative per un contratto nazionale dell’auto dovessero andare per le lunghe o non soddisfare appieno le pretese del Lingotto. E, soprattutto, eviterebbe l’abbandono da parte delle aziende che volessero seguire l’esempio Fiat, anche se un’adesione a viale dell’Astronomia che non comportasse l’adesione a un ccnl, di fatto, verrebbe svuotata di sostanza normativa. «Non è la morte del contratto nazionale »ha provato a rassicurare Santarelli, dato che le grandi aziende saranno probabilmente le sole interessate (o capaci) a trattare un accordo ad hoc. «Abbiamo 12mila associate e penso che 11.500 vorranno continua-re ad utilizzarlo». Ma le opinioni dei sindacati, inutile dirlo, sono molto diverse.
LA FRENATA DEI SINDACATI «Federmeccanica sbaglia per la quarta volta» ha commentato la leader Cgil, Susanna Camusso, ricordando i precedenti del contratto separato delle tute blu, le deroghe allo stesso e il contratto per l’auto ora in discussione. Ancora più duro il segretario della Fiom, Maurizio Landini, tra i primi a prevedere un simile esito: «È inaccettabile. A che cosa serve Federmeccanica se un’azienda può scegliere di non applicare il contratto nazionale? ». Contrarie anche le altre sigle. «Abbiamo un contratto nazionale che è valido per altri due anni, nessuno metta il carro davanti ai buoi» ha detto il leader Cisl, Raffaele Bonanni. «Non siamo per la frammentazione. Il contratto nazionale deve essere un collante, i livelli contrattuali devono restare due» ha esplicitato il segretario Uilm, Rocco Palombella. Mentre il ministro Maurizio Sacconi se n’è lavato le mani: «È materia delle parti». Aggiungendo subito dopo: «In ogni caso, dove si produce, il contratto aziendale definisce meglio lo scambio tra le parti».
L’Unità 20.01.11