attualità, politica italiana

«Peggiorando le condizioni di lavoro non si va lontano», intervista a Giulio Sapelli di Oreste Pivetta

Marchionne che fa l’arrogante e non presenta uno straccio di piano, la Cisl che se ne infischia della Fiom, Sacconi che fa il tifo… Giulio Sapelli, storico dell’economia, torinese, grande esperto di globalizzazione e di auto, avrebbe critiche anche per la Fiom, ma le «colpe» del metalmeccanici Cgil si stemperano nel marasma generale, nel pasticcio di Mirafiori, ingigantito dai soliti trombettieri al soldo… Professor Sapelli, intanto Marchionne grida vittoria e promette di estendere l’esperimento… «Di Marchionne vorrei dire che si è comportato nel peggiore dei modi possibili, imitato dai metalmeccanici della Cisl, gestendo la sua sfida industriale nell’epoca della globalizzazione come mai avrebbe dovuto, con un’enfasi insensata, ignorando che altre strade sono possibili. Gli ricorderei, ad esempio, quanto è avvenuto con Federchimica: grazie a quello che io definisco metodo Squinzi, il presidente, sono stati chiusi contratti che presentavano clausole ben più dure. Ma Squinzi ha saputo garantire in cambio innovazione, partecipazione e democrazia, difesa dell’integrità psicofisica dei lavoratori, persino sostenibilità ambientale. Persino tra i metalmeccanici le cose sono andate meglio, come è capitato alla Sandretto di Torino: sacrifici e piani certi per il futuro. Vorrei segnalare poi una questione che Marchionne continua a ignorare: peggiorando le condizioni di lavoro non si va da nessuna parte, non si va da nessuna parte con una forza lavoro afflitta nel giro di dieci anni da spondiliti e da tunnel carpale, malattie professionali, privandosi di quella esperienza, di quella intelligenza tecnica che sono valore fondamentale per l’industria dell’auto. Marchionne rischia la microconflittualità perenne in fabbrica, rischia d’aver creato lui stesso, come insegnava Durckheim che lui sicuramente non ha letto, il mostro, un“anarchico” che gira perennemente nello stabilimento con una bomba a mano in tasca. Marchionne vuol sposare la linea del World Class Manifacturing, il sistema per la massima produttività inventato in Giappone, tralasciandone una parte: quella che riguarda democrazia, partecipazione, cogestione». Professore, le sue critiche vanno anche alla Fim Cisl… «Che avrebbero fatto l’interesse di tutti battendosi per una deroga che garantisse la rappresentanza alla Fiom, anche senza la firma». E per quanto riguarda la Fiom? «Un sindacato diviso in due, con un vertice dai tempi di Sabattini che mastica cultura anarco-soreliana e una base invece di bravi, attenti contrattualisti, tra i quali Airaudo: come abbia difeso i suoi lavoratori è un esempio. La Fiom mi ricorda la Serbia, l’unico paese al mondo che celebra la festa nazionale nel giorno di una storica sconfitta. La storica sconfitta per la Fiom sta nella marcia dei quarantamila». Ora Mirafiori e Fiat prenderanno il volo? «I motori prenderanno il volo, cioè attraverseranno gli oceani per arrivare a Genova e risalire l’Appennino fino a Torino dove verranno montati su auto che torneranno in America, con quali margini economici non si sa. Così Marchionne rispetta l’ordine diObama:aumentare le importazioni. D’altra parte è con i soldi di Obamache Marchionne ristrutturerà Mirafiori. Oddio, anche con i soldi dello stato, visto che Mirafiori e Pomigliano, nel frattempo, sopravvivono in cassa integrazione. Contemporaneamente la Lancia è sparita, l’Alfa scende ancora, il motore common rail l’hanno ceduto alla Bosch, i modelli Fiat non vanno e i cosiddetti uomini di Marchionne si sono licenziati (compreso quel De Meo, che aveva inventato la Cinquecento, finito alla Volkswagen). Mi chiedo che aspettino gli Agnelli a licenziare Marchionne. Si dovrebbero aggiungere i danni dell’indotto, perché Pininfarina e Bertone sono fallite e Giugiaro s’è venduto alla concorrenza ». Che cosa rimarrà della Fiat? «Rimarrà Fiat Industrial, i veicoli industriali, il settore in cui Marchionne non ha messo mano». Checosal’ha infastidita di più in questa storia? «È mancata qualsiasi considerazione della sofferenza imposta ai lavoratori. Poi il passaggio dal pensiero complesso al pensiero unico, il referendum obbligato per tutti. Quindi il comportamento di Sacconi che s’è dimenticato di essere il ministro di tutti…come il sindaco Chiamparino, incline al marchionnismo». Non abbiamo parlato di Confindustria… «La Marcegaglia s’è accodata. Ora spera che Marchionne rientri». L’ultima considerazione? «Per gli intellettuali, che dovrebbero schierarsi dalla parte degli ultimi, per la semplice ragione che del destino degli ultimi non si sa mai nulla».

L’Unità 19.01.11