Aria strana, ieri, in Transatlantico. Molto nervosismo, dietro la scorza granitica del “non mollare”, a destra. Clima di attesa, e di speranza, a sinistra. Eppure è stata una giornata importante, molto importante.
Dopo la giornata dei “400 colpi” (le 400 pagine) sparati dalla procura di Milano che hanno costretto Berlusconi all’arrocco televisivo e i suoi alleati a stringerglisi intorno, malgrado tutto, ieri la scena è mutata. Con il Quirinale (e i vescovi) in campo. Un’uscita, quella di Napolitano, che ha preoccupato non poco il premier che nel pomeriggio è salito al Colle, con Gianni Letta, per un incontro fissato da tempo sulle prossime iniziative nell’ambito delle celebrazioni del 150esimo dell’unità d’Italia. Berlusconi ha ripetuto i concetti del suo videomessaggio, il presidente della repubblica ha ascoltato e ha ribadito che è necessario che il capo del governo chiarisca: ne va della credibilità dell’esecutivo e dell’efficacia della sua azione. A Berlusconi peraltro non era sfuggito quel riferimento nella nota quirinalizia della mattina all’urgenza di un chiarimento «nelle sedi previste»: senza frapporre ostacoli, dunque.
Napolitano è ovviamente molto preoccupato.
La crisi di governo, in questa situazione, è davvero possibile. Da ieri, la metà della camera dei deputati la reclama, e in questo senso, è stata una giornata importante. Il Pd ha rotto gli indugi. Bersani ha dato indicazione a Franceschini di “formalizzare” la richiesta di dimissioni in aula, cosa che il capogruppo ha fatto nel primo pomeriggio, portandosi appresso l’Idv.
Ma nulla – in quel momento – dal Terzo polo. Per questo dal Pd è partito il pressing su Casini (forse c’è stato anche un contatto Bersani-Fini) perché si muovesse anche lui. E Casini ha risposto: «Berlusconi faccia un passo indietro». Poi si è associato anche Briguglio. La sortita di Pd, Idv e Terzo polo da un lato punta a smuovere le acque di là, dove d’altronde, come sa bene ognuno che frequenti anche solo un pochino la camera, non si fa altro che parlare di “successioni” di Letta o Tremonti. E dall’altro per costruire un clima, bruciando le tappe, per una svolta della situazione che solo le dimissioni del premier possono imprimere.
C’è una grande occasione per creare le condizioni della crisi. È il voto sulla mozione di sfiducia a Sandro Bondi che ci sarà la settimana prossima, forse mercoledì. L’Udc e Fli rompano gli indugi annunciando una loro mozione. È vero che Bondi a quel punto potrebbe dimettersi da solo, ma sarebbe comunque uno smacco. Lo scandalo-Ruby ha politicamente cancellato il 14 dicembre, forse un voto di Montecitorio, se il ministro resiste, potrebbe sancirlo.
da Europa Quotidiano 19.01.11