A Torino due studenti poco più che ventenni hanno fondato la rivista letteraria «Inutile». Da un vecchio cinema può rinascere una sala hi-tech che proietta film di artisti emergenti e introvabili pellicole Anni Sessanta. In un vecchio borgo che si affaccia sul Monte Rosa può sorgere una città abitata solo da teatranti, con la gente che va a fare la spesa in maschera e in costume d’epoca. Una rivista può essere concepita in treno, un festival internazionale nella cucina di mamma.
Mentre il tasso di disoccupazione giovanile schizza a livelli record e le piazze si riempiono di ragazzi che protestano contro i tagli alla cultura, c’è qualcuno checon la forza delle idee, della Rete e del gruppo- riesce a cambiare le cose, a riprendersi gli spazi. Ecco quattro storie di under 30 che provano, nel loro piccolo, a costruire un’Italia diversa.
Il laboratorio di teatro nel paese fantasma
Campsirago era un paese fantasma, vuoto, abbandonato, patrimonio storico e culturale di un’talia che non c’è più. Un paese agricolo, un nucleo di case isolato geograficamente e storicamente». Quando alla fine degli Anni Ottanta se ne sono andati anche gli ultimi figli dei fiori, che avevano occupato le case dei contadini, sembrava che per il vecchio borgo che guarda il Monte Rosa non ci fossero più speranze.
Non è andata così, perché Campsirago, nel giro di pochi anni, è diventato il paese dei teatranti e adesso è la sede della compagnia «Scarlattine», che ha creato un laboratorio per far crescere i ragazzi che si affacciano sul palco per la prima volta. «Abbiamo una residenza in cui si trasferiscono per mesi i ragazzi di compagnie italiane e internazionali – spiega il direttore Michele Losi -. In cambio dell’ospitalità non chiediamo nulla, ma spesso il gruppo che ha provato da noi tutto l’inverno mette in scena lo spettacolo nel festival che organizziamo ogni estate».
Il borgo vive di nuovo, e negli uffici della «Scarlattine» piovono richieste: i prossimi ospiti saranno turchi. «Il nostro orgoglio – così Losi – è aver messo in piedi una città del teatro. Un laboratorio per le compagnie del futuro».
Seicento euro a testa per il cinema high tech
Al bar, al posto di Coca Cola e pop corn, ci sono barrette biologiche e bicchieri di vino rosso. Invece dei blockbuster sullo schermo scorrono le immagini in bianco e nero della Nouvelle Vague, i documentari indipendenti lanciati dai Festival, i b-movie che hanno fatto innamorare Tarantino.
E’ il mondo sottosopra, quello che dal 3 febbraio andrà in scena al vecchio Crauco, il cinema incassato nel quartiere popolare del Pigneto, Roma Est, a due passi dai bar in cui Pasolini girò «Accattone». E’ il mondo sottosopra, e il motore sono sessanta trentenni che hanno affittato la sala chiusa dal giugno scorso e dopo un autunno passato con la cazzuola in mano per rimetterla a nuovo adesso sono pronti all’inaugurazione. Il nome, «Kino», l’hanno rubato un locale di Berlino.
I soldi li hanno sborsati da soli: seicento euro a testa, con la prospettiva concreta, dice Cristiano Gerbino, «di non rivederli mai più. Sappiamo benissimo che la nave può affondare nel giro di sei mesi, ma per quei centottanta giorni noi saremo vivi e pulsanti». Molti dei soci del «Kino» si sono conosciuti in piazza, mentre protestavano contro i tagli. Poi Facebook ha fatto il resto. Riunioni, appelli, idee. Adesso è tutto pronto, si parte. Prima proiezione: «Altrimenti ci arrabbiamo». Praticamente una dichiarazione d’intenti.
La rivista che scopre i romanzieri
Si sono accorti che le cose stavano cambiando quando in libreria hanno trovato gli autori lanciati dalla loro rivista. Il primo è stato Marco Drago, che ha pubblicato con Feltrinelli. Poi è stato il turno di Giorgio Fontana, con Mondadori. Prima era tutto un gioco da studenti. «Abbiamo fondato “Inutile” perché le riviste letterarie che conoscevamo non ci piacevano», raccontano Matteo Scandolin e Alessandro Romeo.
L’idea è del 2005: avevano appena 23 anni. Un lustro dopo il magazine è ancora in piedi e nei mesi scorsi è sbarcato anche su Internet, senza abbandonare il formato cartaceo, un gigantesco foglio ripiegato in otto parti che si trova in libreria, nei circoli Arci e nelle stazioni. «Il Web? La nostra presenza è molto attiva e attenta. Grazie alla Rete siamo riusciti a conoscere autori stranieri con cui sarebbe stato difficile rapportarsi», spiega Matteo.
Ma come funziona una rivista auto-prodotta? «Facciamo quasi tutto via e-mail e al telefono- dice Alessandro-. Poi, quattro o cinque volte all’anno ci troviamo di persona, a Venezia o a Torino». Di soldi ne girano pochi, ma non è un motivo per mollare. «Spesso ai ragazzi manca la voglia di andare oltre le prime difficoltà – dice Matteo -. Magari si prova a organizzare qualcosa, ma ci si ferma quasi subito».
Nella masseria i writer diventano artisti
Se durante l’anno il centro di Grottaglie è invaso da signore di mezza età a caccia di ceramiche da collezione, a marzo il piccolo comune pugliese si riempie di punk e graffitari in arrivo da mezzo mondo, tutti ospiti di Angelo Milano, il ventottenne che organizza «Fame Festival», kermesse che – in tre edizioni – ha lanciato alcuni degli artisti più quotati a livello europeo. Da Grottaglie – 30 mila abitanti, a mezz’ora di macchina da Taranto – c’è passato il re dei writer Blu, una manciata di mesi prima di finire alla Tate Modern di Londra.
Gli sono bastati un paio di giorni per trasformare le case abbandonate in pezzi da museo post-moderno. Con lui, i gemelli brasiliani Os Gemeos, l’americano Momo e il fotografo francese Jr, che nel 2010 si è portato a casa il «Ted Prize», il premio che una super-giuria assegna alle persone «che cambieranno il mondo». Prima di lui l’avevano vinto anche Bill Clinton, Bono e il fondatore di Wikipedia Wales.
«Qui gli artisti vengono gratis, sulla fiducia – dice Milano – anche perché il festival non riceve nessun finanziamento. Dormono a casa di amici, mangiano da mia madre. A fine settembre organizziamo una mostra: la metà del ricavato va a pittori e illustratori. L’altra finisce nelle casse di “Fame”, che così riesce a sopravvivere».