Berlusconi indagato: dov’è la novità? Sono anni che è indagato e sono anni che le inchieste e i processi contro di lui non spostano un voto perché ormai gli italiani sono tutti preventivamente schierati.
E non cambiano idea neanche se gli si punta contro una pistola. Chi detesta Berlusconi sostiene che tutti questi processi dimostrano la sua inadeguatezza, per non dire di peggio, a governare. Chi lo ama è convinto che si tratti di una congiura ordita dalle toghe rosse. Insomma l’opinione su Berlusconi è fideistica nel bene e nel male, gli italiani reagiscono «a prescindere» dalla sostanza dei fatti. Dovremmo dunque pensare che anche questa volta la tempesta giudiziaria non porterà nulla di nuovo né a Palazzo, né nell’opinione pubblica. Eppure, eppure. Adesso una novità sembra esserci. Forse addirittura una novità decisiva (in un senso o nell’altro, poi vedremo perché). La novità è la straripante sicurezza ostentata dalla Procura di Milano.
Mai si era visto un comunicato, letto dal capo dell’ufficio, così dettagliato. Mai si erano annunciate prove documentali inconfutabili (si parla perfino di foto e di filmati). Mai ci si era spinti ad allegare queste presunte prove all’invito a comparire inviato all’indagato: è come se i pm fossero sicuri che tanto ormai non c’è più nulla da «inquinare». Mai, soprattutto, una Procura si era spinta a chiedere per Berlusconi il rito immediato. Ai non addetti ai lavori va spiegato che una Procura chiede il rito immediato quando ritiene che le prove siano evidenti e definitive, e che non ci sia bisogno di altre indagini o interrogatori.
Forse è davvero una svolta, perché i casi sono due. O la Procura di Milano non ha le prove documentali che ieri ha fatto intendere di avere, oppure ce le ha davvero. Nel primo caso, non soltanto il premier verrebbe assolto con l’aureola del martire, ma i pm in questione dovrebbero cambiare mestiere e calerebbe una pietra tombale su tutta la cosiddetta «via giudiziaria» usata, secondo i berlusconiani, per sconfiggere il nemico della sinistra. Nel secondo caso, Berlusconi sarebbe invece in difficoltà come mai è stato prima.
Perché siamo così tranchant? Per due motivi. Il primo è che in tutti i precedenti processi l’impianto accusatorio era tale da lasciare lo spazio – ai fan pro o contro Berlusconi – per assumere comunque una posizione colpevolista o innocentista. Una posizione, beninteso, ideologica, non fondata sulla conoscenza delle carte (figuriamoci se gli elettori leggono tutte le carte di un processo). Adesso invece la Procura parla di una «pistola fumante», e quella o c’è o non c’è. Se c’è, anche i berlusconiani più inossidabili non potranno negare l’evidenza del reato. Se non c’è, anche gli anti-berlusconiani più accaniti non potranno negare che la Procura, annunciando prove schiaccianti che non ci sono, ha commesso una grave ingiustizia e alimentato sospetti di una manovra politica.
Il secondo motivo è forse ancora più forte. Senza nulla togliere ovviamente alla gravità di altri reati contestati a Berlusconi, come la corruzione o la frode fiscale, non c’è dubbio che da un certo punto di vista ciò che gli viene contestato adesso colpisce ancora di più l’opinione pubblica. È inutile che qualcuno dica che nella propria camera da letto ciascuno può fare ciò che vuole. Un presidente del Consiglio non è un «ciascuno» qualsiasi, e se organizza feste con escort in vari palazzi, è diverso che se le organizza il signor Pincopallino. Se poi a queste feste fa sesso a pagamento con minorenni (è un reato) e poi telefona alla questura per far liberare una di queste, arrestata per furto, e la spaccia per nipote di un altro capo di Stato estero, allora è ancora più diverso.
Gli italiani si sono assuefatti a certi costumi sessuali? Fino a un certo punto. E poi, potrebbero i centristi appoggiare il governo in cambio di una politica di sostegno alla famiglia, se saltassero fuori certe foto e certi filmati? E la Chiesa, che cosa direbbe la Chiesa? Ci sarebbero ancora monsignori a discettare sul dovere di «contestualizzare»? Accuse del genere, se fossero provate, non sarebbero gossip ma questioni politiche gravi. Vista dall’altra parte, se accuse tanto scabrose si rivelassero infondate o anche solo non dimostrabili, sulla Procura di Milano cadrebbe la colpa di un inaudito colpo basso.
Ecco perché, forse, questa potrebbe essere la madre di tutte le inchieste su Berlusconi. In un senso o nell’altro, potrebbe essere la parola fine a una guerra che da più di quindici anni condiziona la politica italiana, rallentandone quando non paralizzandone l’attività. Più che un’ipotesi è una speranza, perché – lo ripetiamo per l’ennesima volta – il Paese ha altre necessità che non quella di avere un premier impegnato più a duellare con la magistratura che a governare.
da www.lastampa.it