Sentenza sostanzialmente sfavorevole a Berlusconi da parte della Consulta sulla legge pensata per mettere il premier al riparo dai processi che lo vedono imputato. In particolare viene affidato ai magistrati giudicanti di valutare le ragioni che secondo la difesa impedirebbero la presenza in aula. Parziale bocciatura. E’ questo il verdetto della Consulta al termine della lunga camera di consiglio per valutare la costituzionalità della legge sul legittimi impedimento.
Stando a quanto riferisce l’Ansa, la decisione dell’Alta Corte ha preso una decisione che in parte boccia e in parte interpreta alcune norme sul ‘legittimo impedimento’. La Corte Costituzionale avrebbe infatti posto diversi paletti alla legge nata per mettere temporaneamente al riparo il premier Berlusconi dalla ripresa dei suoi tre processi (Mills, Mediaset e Mediatrade). In particolare, la Consulta avrebbe bocciato la certificazione di Palazzo Chigi sull’impedimento e l’obbligo per il giudice di rinviare l’udienza fino a sei mesi, dichiarando illegittimo il comma 4 dell’art.1 della legge 51 del 2010. E avrebbe bocciato in parte il comma 3, affidando al giudice la valutazione del ‘legittimo impedimento’.
La Consulta – apprende sempre l’Ansa – avrebbe inoltre fornito una interpretazione del comma 1, ritenendolo legittimo solo se, nell’ambito dell’elenco di attività indicate come impedimento per premier e ministri, il giudice possa valutare l’indifferibilità della concomitanza dell’impegno con l’udienza, nell’ottica di un ragionevole bilanciamento tra esigenze della giurisdizione, esercizio del diritto di difesa e tutela della funzione di governo, oltre che secondo un principio di leale collaborazione tra poteri.
Bocciato invece per “irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione”
(art. 3 della Costituzione) il comma 4 dell’art. 1 che prevede nello specifico quanto segue: “Ove la Presidenza del Consiglio dei ministri attesti che l’impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi”.
Il comma 3, rispetto al quale la Corte sarebbe intervenuta con una pronuncia ‘additiva’ , prevede che “il giudice, su richiesta di parte, quando ricorrono le ipotesi di cui ai commi precedenti, rinvia il processo ad altra udienza”.
Il comma 1, di cui la Consulta ha invece dato una interpretazione conforme alla Costituzione, prevede che per premier e ministri, chiamati a comparire in udienza in veste di imputati, costituisce legittimo impedimento “il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti”. A seguire, sempre il primo comma, elenca i riferimenti normativi riguardanti specifiche attività tra le quali, ad esempio, il consiglio dei ministri, la conferenza Stato-Regioni, impegni internazionali etc. Dopo questo elenco minuzioso, il comma 1 prevede che sono oggetto di legittimo impedimento le “relative attività preparatorie e consequenziali, nonché ogni attività comunque coessenziale alla funzioni di governo”.
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Consulta smonta impianto legge e ne dimostra inutilità
“Le anticipazioni sulle motivazioni della Corte smontano sostanzialmente l’impianto della legge e confermano che non c’era alcun bisogno di un intervento legislativo sul legittimo impedimento. Il parlamento è stato quindi impegnato inutilmente per troppi mesi”. Così la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti risponde ai cronisti che la interpellano sulla decisione della Corte costituzionale. “Da quanto si apprende – prosegue – tutto viene riportato nell’alveo dei principi costituzionali riattribuendo ai giudici la valutazione concreta del legittimo impedimento anche per chi ricopre incarichi di governo e bocciando il meccanismo di automatico di rinvio che era stato introdotto con questa legge e che mascherava forme di insostenibile immunità. E’ l’ennesimo colpo a quel modo di legiferare ad personam che ha caratterizzato questa legislatura ed è la conferma che i motivi della nostra opposizione erano fondati, ragionevoli e costruttivi. Se la maggioranza avesse tenuto conto delle argomentazioni che avevamo inserito nella pregiudiziale di costituzionalità alla Camera si sarebbe evitata questa brutta figura”.
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