"San Sabba, i corpi diventavano grani di riso", di Marco Rossi Doria
Piove forte. Entro nella Risiera. L’ingresso è costretto tra le due pareti grigie che si bagnano. L’acqua che cola le macchia di scuro. Non c’è nessuno. Ma non c’è ancora un vero silenzio: si odono di lontano i chiassi dallo stadio che si anima di più per l’inizio della partita. Ma la Risiera resiste a questa distrazione. È un monumento potente. Dal quale non ci si può distogliere. In fondo al corridoio costretto tra i due muraglioni si intravede l’aprirsi di un largo spazio all’aperto, un grande cortile cintato. Romano Boico (l’architetto che ha trasfomrato in museo le rovine della Rosiera, ndr) descrive con poche parole il monumento che ne ha fatto: «Il cortile cintato si identifica quale una basilica laica a cielo aperto». La luce chiama a raggiungere il cortile. Le grida dallo stadio si allontanano. La città si allontana. È un luogo circondato dai vecchi corpi di fabbrica di mattoni e dalle mura di cemento che sembrano invadere quasi ogni scorcio, come una persecuzione. Esito ad affrontare lo spazio aperto. Entro nei due …