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"Sul fine vita fermiamo il tifo da stadio", di Ignazio Marino

Caro direttore, dopo molti mesi di silenzio, a febbraio il Parlamento esaminerà il disegno di legge sul testamento biologico. Purtroppo è prevedibile che il dibattito sarà affrontato in un clima da stadio, con tifoserie contrapposte, con l’idea di dover vincere su un avversario, con il Pdl che tenterà la resa dei conti con Futuro e libertà, puntando sulla divisione del cosiddetto terzo polo. Come se una legge per definire le scelte relative alla fine della vita riguardasse solo il ristretto cerchio della politica, con le sue assurde dinamiche e i suoi squilibri, e non, invece, tutte le persone che prima o poi con la fine della propria vita dovranno fare i conti. Temo che non sfuggiremo allo scontro ideologico, alle offese e agli insulti in Parlamento, sui giornali e in televisione e non vi sarà alcun confronto pacato su una legge che, al contrario, dovrebbe essere rispettosa di ogni sensibilità. Partendo da questi funesti presupposti, ho letto ieri con interesse la posizione di Umberto Veronesi e, nonostante mi sia impegnato con molta determinazione per fare sì che l’Italia abbia finalmente una legge sul testamento biologico, mi ritrovo a dire che probabilmente Veronesi ha ragione: piuttosto che approvare una legge che impedisce la libertà, forse sarebbe meno dannoso lasciare le cose come stanno e non votare alcuna legge. Meglio lasciare la questione nel limbo attuale in cui ogni giorno all’interno degli ospedali, i medici decidono da soli se proseguire o interrompere le terapie seguendo le indicazioni della medicina e della propria coscienza o parlando in maniera informale con i familiari dei pazienti che non hanno più la capacità di esprimersi e di decidere da soli. Con ogni probabilità Veronesi non sarà ascoltato, perché quella sul testamento biologico è una legge simbolo per la destra e perché in Parlamento si respira l’aria di regolamento di conti. Tuttavia, penso valga la pena fare ancora uno sforzo e cercare, con senso di responsabilità, una soluzione che sia nell’interesse delle persone e di tutti i pazienti. Mettendo da parte ogni arroccamento pretestuoso, si discuta di una legge che rifletta due principi: libertà e rispetto. Basta un emendamento per sostituire interamente la legge attuale e scriverne una più semplice, di un solo articolo. Una legge che dia alle persone la libertà di indicare fino a che punto si intende essere sottoposti alle terapie, nel caso si perda la coscienza e la capacità di esprimersi senza una ragionevole speranza di recupero. E sul punto più delicato, quello che riguarda la nutrizione e l’idratazione artificiale, quel prolungamento per legge di una vita artificiale, come la definisce Umberto Veronesi, perché non scrivere che queste terapie debbano essere sempre offerte e garantite a tutti coloro che non le rifiutino esplicitamente nelle dichiarazioni anticipate di trattamento? Per me, lo ammetto, questa non sarebbe la legge ideale, ma la ritengo una proposta su cui si potrebbe trovare l’accordo di tutti. Il Parlamento abbia il coraggio e la responsabilità di fare un passo indietro per far compiere un passo avanti al Paese. senatore pd e presidente Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale

Il Corriere della Sera 12.01.11

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