attualità, memoria

"La malattia della paura", di Adriano Prosperi

Dopo la Peste Nera del 1348 il bacillo non scomparve: depotenziato ma ancora attivo continuò per secoli a riaffacciarsi e a mietere vittime. Accade oggi qualcosa del genere anche col bacillo dell´antisemitismo. Perfino dopo la Shoah ci sono menti che continuano a esserne infestate. È un bacillo più antico di quello della peste. Col tempo non si è indebolito, al contrario. Il caso del lettore di Hitler e di Marx autore della strage di Tucson potrà essere sembrato a qualcuno quello di un isolato paranoico. Ma quando si scoprono liste nazi-americane di nomi del «giudaismo internazionale», compresi moltissimi italiani, quello che vediamo apparire è qualcosa di antico, che conosciamo bene.
La lista dei nomi è un ingrediente familiare. In Italia una lista di 1.650 nomi corrispondenti a circa 9.800 famiglie ebraiche fu pubblicata in appendice all´edizione 1938 dei «Protocolli dei Savi anziani di Sion». Moltissimi di quei nomi li ritroviamo nell´elenco de «Il libro della memoria» di Liliana Picciotto Fargion. Qui ciascuno di loro riguarda una persona reale ed è seguito dalle date dell´arresto, della deportazione e della morte, qualche rara volta della liberazione dai lager. La lista del ‘38, destinata a eliminare il «pericolo ebraico», come desiderano anche gli autori della lista emersa dal sito americano, aveva dunque espletato la sua funzione.
L´idea del «pericolo ebraico» è una malattia sorda, un´antica ossessione cristiana europea che l´età contemporanea ha visto mutare geneticamente e trasformarsi nella più mostruosa delle aberrazioni. Ma già il bacillo antico conteneva il dato essenziale, quello della paura di un nemico nascosto fra di noi che trama contro di noi. Una paura alimentata da poteri religiosi e politici. Per «proteggere» la maggioranza il potere aveva a disposizione strumenti facili. Gli ebrei erano anche allora «abbastanza pochi da non potersi difendere», come disse Andrew H. Jackson aprendo il processo di Norimberga. E pochi e semplici erano stati all´inizio gli strumenti dell´identificazione: il primo fu il segno sull´abito, imposto da Papa Innocenzo III nel 1215; altri ne seguirono. La barriera del battesimo svolgeva la funzione fondamentale nel distinguere chi aveva diritti e chi no. Ma quando gli ebrei si battezzarono in massa nella Spagna del 1492, la differenza da religiosa divenne di sangue: si compilarono liste di nomi per individuare chi discendeva da ebrei.
Con la svolta della Rivoluzione francese e dell´uguaglianza dei cittadini davanti alla legge la paura degli ebrei non scomparve: al contrario, si ingigantì. Ormai indistinguibili dagli altri cittadini, divennero il prototipo del nemico invisibile dalle molte facce: il capitalista affamatore del popolo, il plutocrate alleato della massoneria, l´intellettuale disgregatore della società, il segreto promotore di ogni rivoluzione, da quella francese a quella russa. Ancora una volta la leva della paura si dimostrò uno strumento capace di sollevare il mondo e di metterlo nelle mani delle nuove forme del potere politico nell´età delle masse. E gli ingredienti antichi trovarono nuovi impieghi, diventando strumenti di individuazione non più del diverso religioso ma del nemico totale, di colui che si impadroniva delle leve della ricchezza e del sapere. I capi politici dei partiti socialdemocratici e di socialismo nazionale ne fecero ampio uso.
La minaccia dell´invasione di professionisti e intellettuali ebrei in fuga dalla Germania fu usata per agire sull´opinione pubblica di paesi come la Francia e la Svizzera. A guerra finita il ministro e banchiere H. Schlacht processato a Norimberga fu capace di sostenere ancora a sua difesa che era stato necessario impedire agli ebrei di «avere una percentuale così alta nelle cariche governative e nelle posizioni culturali della Germania».

La Repubblica 12.01.11

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Neonazisti, la lista della vergogna “Ecco i nomi degli ebrei italiani”, di Marco Pasqua

Gli elenchi pubblicati su un sito web: “Sono facce da cancellare”. La legge aggirata grazie ai server negli Usa. Ma gli autori possono essere rintracciati.
Ci sono manager, giornalisti, scrittori e personaggi del mondo dello spettacolo. Elenchi di ebrei italiani “influenti”, dall´economia ai media, ma anche nel mondo dello spettacolo. Decine di nomi e cognomi di imprenditori, artisti e giornalisti, citati in virtù delle loro (vere o presunte) origini ebraiche. Questa blacklist dell´odio antisemita compare a più riprese – con un´escalation di aggiornamenti in questi ultimi giorni – sulle pagine italiane del forum neonazista americano Stormfront, fondato nel 1995 da Don Black, ex leader del Ku Klux Klan. Da Gad Lerner a un magistrato milanese del processo Mills, gli attacchi dei neonazisti non risparmiano nessuno. Ci sono Roberto Saviano (nato, come ha spiegato lo stesso scrittore in un´intervista, da madre di origine ebraica) e Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo L´espresso. Il sito è ospitato su un server americano, ma gli utenti che firmano molti post e si nascondono dietro a nickname di ispirazione nazionalsocialista, sono spesso italiani individuabili dalla polizia postale. Come è avvenuto nel 2008, quando un blog pubblicò una blacklist di docenti universitari ebrei: la pagina venne oscurata, e il responsabile italiano denunciato per violazione della legge sulla privacy, della legge Mancino e per diffamazione.
Gli elenchi figurano in una discussione online dal titolo “Il giudaismo internazionale”. Scopo del forum animato dagli adepti virtuali del Klan del Ventunesimo secolo, è quello di mettere in evidenza il potere che gli ebrei «hanno acquisito in campo economico, descrivendo la situazione nelle varie nazioni del mondo». Dietro a questo lavoro, spesso basato su grossolane ricerche sul web (ci si ispira anche alla lista di cognomi ebraici pubblicata dal sito Holywar, altro punto di riferimento degli antisemiti), c´è l´ossessione di scovare la cosiddetta “lobby ebraica”.
L´analisi parte dall´estero, e si concentra sui vertici di istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Federal Reserve o le grandi case cinematografiche di Hollywood ma passa anche in rassegna le personalità ebraiche entrate a far parte dello staff di Barack Obama, e non risparmia i creatori di Google e il fondatore di Facebook. Molto articolata la sezione relativa agli ebrei che, in Italia, occupano posizioni sociali di rilievo. Si cita la famiglia di Alain Elkann, ma anche Antoine Bernheim, ex presidente di Assicurazioni Generali e Susanna Tamaro (cresciuta in una famiglia di origini ebraiche). Una delle liste più nutrite è quella dei giornalisti, di carta stampata e televisione. Oltre a Gad Lerner, uno dei bersagli preferiti (viene definito “faccia da cancellare”) insieme alla deputata del Pdl Fiamma Nirenstein, vi compaiono, tra gli altri, Paolo Mieli, Clemente J. Mimun, e molti giornalisti dei tg pubblici ma anche del Tg5 (fino ad una segretaria di redazione del Tg3). Una ventina sono i nomi del mondo dello spettacolo, come Joele Dix e Luca Barbareschi. I neonazisti puntano anche il dito contro gli istituti di statistica “in mano agli ebrei”: tra gli esempi riportati quello di Renato Mannheimer, a capo dell´Ispo. Un post è dedicato ai vertici di Borsa Italiana (i membri del Cda ebrei sono indicati in neretto), mentre in un altro figura la foto di un magistrato milanese. Un appello pro-Israele è il pretesto per raccogliere nomi: viene, infatti, trascritta una parte dei 500 firmatari, in prevalenza giornalisti e politici. Le firme vengono definite “interessanti e rivelatrici” delle loro origini.
La finalità di queste vere e proprie liste di proscrizione è spiegata da un utente che si firma “Stielhandgranate 24” (nome della granata da lancio del Reichswehr): «Il dovere di ogni nazionalsocialista è quello di scovare l´ebreo camuffato, partendo dal vicinato, verificarne la reale fattura giudaica incrociando dati con reali osservazioni e diffondere la notizia in maniera capillare in modo che il giudeo possa risultare in qualche modo evidenziato a vita, con l´intento di ledere la sua posizione monopolizzatrice».

La Repubblica 12.01.11