“Destra nel caos, chi alza la testa come Fini e Tremonti viene bombardato”. Messaggio alla Lega: pronti a discutere sul federalismo ma basta diversivi. Bersani batte di nuovo sul tasto dell´unità di tutte le opposizioni. «Il centrodestra non ha prospettive, è nella confusione – denuncia il segretario del Pd – Da dieci anni siamo indietro in tutte le classifiche. Le opposizioni si devono organizzare perché è ora di guardare oltre Berlusconi e i progressisti e i moderati devono incontrarsi per aprire una fase nuova». È l´appello a Casini e Fini per un «patto repubblicano», fatto nei giorni scorsi e rilanciato ieri al Tg2.
E poi, lo stile del personalismo populista berlusconiano è quello delle campagne contro Fini o Tremonti. Sono vicende che «insegnano un paio di cosucce» sul Pdl – osserva Bersani – prima fra tutte che «chi alza la testa lì muore, viene bombardato». Ancora più indispensabile è quindi che le forze d´opposizione «facciano una riflessione sulle responsabilità che hanno». Parole dure. Provocano un fuoco di fila di reazioni nel centrodestra. Il ministro Bondi – sulla cui testa pende la mozione di sfiducia – liquida l´appello del leader democratico come «slogan senza fondamento nella realtà». Per Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl a Montecitorio, Bersani è «truculento» e teme «di essere sconfitto da Vendola». Ma il pressing del segretario Pd non tralascia nessuna delle contraddizioni in cui si dibatte la maggioranza. Proprio su quelle i Democratici puntano per accelerare l´implosione del governo. A cominciare dal federalismo su cui la Lega gioca il tutto per tutto. «Noi abbiamo una nostra idea di federalismo quindi siamo pronti a discutere, ma Bossi la deve smetterla con i diversivi e spiegare perché la Lega ha votato tutte le leggi della cricca che sono il record del centralismo e del malaffare». Ai lumbàrd chiede poi come mai, nonostante tanto parlare di federalismo, i Comuni non sono mai stati peggio. La strategia di Bersani, di alleanza con il Terzo Polo, scommette sulla distanza irrecuperabile di Casini e di Fini da Berlusconi. In particolare sul leader Udc – sospettato di tornare prima o poi a flirtare con il governo – il segretario Pd ha fiducia: «Casini ha fatto le sue scelte da tempo e mi parrebbe davvero improbabile che tornasse indietro in modo radicale». Tuttavia avverte: «Da quel lato c´è l´illusione che Berlusconi sia condizionabile. Ma Berlusconi non tratta, compra».
È nella direzione di giovedì prossimo che il Pd dovrà sancire questa strategia. Riunione non facile. Sulla linea e l´identità del partito le posizioni di Bersani e quelle di Veltroni sono distanti con un ultimo scontro su un eventuale congresso straordinario – a tempo debito – se non ci sono elezioni anticipate. Tuttavia il segretario conferma che andrà al “Lingotto 2” la convention di Veltroni il 22 gennaio a Torino: «Se sono gradito…». A fare da cartina al tornasole delle tensioni è la questione primarie, di cui Bersani parlerà in direzione. Sulle primarie sono state raccolte le firme in una petizione online lanciata tra gli altri dai “rottamatori” di Renzi e Civati. Ma già domani il leader Pd deve cercare di sbrogliare il “caso Sicilia”. Il Pd di Caltagirone è stato commissariato, per decisione del segretario regionale Giuseppe Lupo. Lupo finora aveva sempre mediato, ma ha ritenuto provocatorio il referendum contro l´appoggio Pd al governatore Lombardo. Enzo Bianco si indigna; giudica grave il commissariamento e chiede a Bersani di intervenire. Il Pd in Sicilia su Lombardo è spaccato. Da Caltagirone fanno sapere che il referendum oggi lo faranno comunque. Di Pietro critica le alleanze siciliane del Pd. Però rompere con il “terzopolista” Lombardo, sarebbe per il Bersani come smentire nei fatti la linea cercata a livello nazionale. Altro fronte caldo nel Pd è sul testamento biologico.
La Repubblica 09.01.11
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«Ma quale federalismo? Con
loro i comuni mai stati peggio» di A.C.
Bersani alla Lega Noi federalisti ma i Comuni non sono mai stati peggio. «Progressisti e moderati si uniscano per uscire dal populismo». Tensione
nel Pd sul biotestamento. Fioroni:
voterò in modo diverso. Dopo le polemiche sui 150 anni dell’Unità d’Italia, Pierluigi Bersani manda un messaggio secco a Umberto Bossi: «Noi abbiamo la nostra idea di federalismo e quindi siamo sempre pronti a discutere, ma Bossi la deve smettere con i diversivi. E poi spieghi: perché se è per il federalismo i Comuni non sono mai stati peggio? E perchè ha votato tutte le leggi per la cricca che sono la vittoria del centralismo e del malaffare?». Il leader Pd è ancora più duro nel giudizio sul Pdl e sul governo, a partire dal dualismo Berlusconi- Tremonti e dagli attacchi del Giornale di famiglia al ministro dell’Economia: «Come con Fini, chi alza la testa lì muore, viene bombardato. Il centrodestra non ha prospettive, è in confusione, dopo 10 anni siamo indietro in tutte le classifiche, devono fare una riflessione sulle loro responsabilità», spiega al Tg2. E rilancia l’appello alle opposizioni: «Si devono organizzare perché è ora di guardare oltre Berlusconi ed i progressisti e i moderati devono incontrarsi per aprire una fase nuova. Serve
una riforma repubblicana che ci faccia uscire dalla personalizzazione populista». E Casini? «Ha fatto le sue scelte da tempo ed è difficile che torni indietro in modo radicale», assicura Bersani, che non rinuncia a un “messaggino” al leader Udc: «Capisco che possa coltivare l’illusione che il premier sia condizionabile, ma Berlusconi lo si è visto: non tratta, compra».
Furiose le reazioni del Pdl. Fabrizio Cicchitto, che forse non ha ascoltato l’intervista, parla di «linguaggio truculento» contro Berlusconi e accusa il leader Pd di essere in preda «alla disperazione politica, per le divisioni nel Pd e per l’angoscia di essere battuto alle primarie da Vendola ». «Usa solo slogan senza fondamento» rincara Sandro Bondi. E Davide Zoggia, della segreteria Pd, controreplica: «Le reazioni della maggioranza alle critiche oggettive
espresse da Bersani sull’inconcludenza del governo non sono altro che la conferma della loro debolezza». «Sul tema del federalismo – dice Zoggia- voglio ricordare che senza il Pd non è possibile approvare alcune riforme. Mancano i numeri in Commissione bicamerale e mancano le
proposte». A largo del Nazareno è stata accolta con grande favore l’intervista con cui il leader Cisl Raffaele Bonanni ha accolto l’appello del leader Pd alle opposizioni e alle forze sociali per una «riscossa democratica». «Siamo molto interessati, ci vuole uno schieramento davvero ampio per risolvere i problemi che nessuno da solo riuscirebbe a risolvere», dice Bonanni. E Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, incassa: «C’è nel Paese un ampio arco di forze pronte a convergere intorno a un patto per una stagione di riforme strutturali».
BIOTESTAMENTO: STRAPPO DI FIORONI
Nel Pd, però, in vista della direzione
di giovedì, restano parecchie spine.
La più insidiosa è rappresentata dal biotestamento, tema che sarà calendarizzato alla Camera nella capigruppo di martedì 11. Ieri Beppe Fioroni ha lanciato il sasso: «Il mio voto non sarà uguale a quello del Pd», ha annunciato. «Rappresento l’orientamento “non prevalente” nel Pd e rivendico libertà di coscienza. Se venisse leso il bene della libertà di coscienza, allora potrebbe prefigurarsi una rottura». Silenzio dei veltroniani, con Fioroni si schiera una pattuglia di deputati ex Ppi, guidati da Enrico Gasbarra, che rivendica «la libertà di coscienza come un valore aggiunto
del Pd». Dura replica del fronte laico guidato da Ignazio Marino, che invita Bersani a «indicare con chiarezza come votare o, in alternativa, indire un referendum tra gli iscritti secondo statuto». «Se non lo farà Bersani, il referendum lo promuoveremo noi
alla prossima assemblea nazionale di fine gennaio a Napoli », avverte Marino, che ricorda come «al termine del congresso io, Bersani e Franceschini eravamo tutti
d’accordo sul testamento biologico, e il segretario ha ripetuto quella posizione alla festa di Torino e in tv da Fazio». Il referendum terrorizza
l’ala integralista:«Noncredo che Marino voglia imporre sui temi della vita prove di forza imbarazzanti per il dna del Pd», dice Gasbarra. In Lombardia sono state raccolte 250 firme in calce a un appello che chiede a Bersani di non toccare le primarie. E lui dice: «In direzione ne parlerò, ma mi occuperò soprattutto dell’Italia. Al Lingotto di Veltroni? Se gradito, certamente ci andrò».
L’Unità 09.01.11