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"Bersani: «Primarie da rivedere, ma prima programma e alleanze»", di Simone Collini

Il segretario del Pd: «Se vogliamo salvarle vanno riformate». Veltroni: «Rilanciamo il partito». La «moratoria» lanciata da Finocchiaro resiste: alla Direzione il tema non sarà in primo piano. Tracciata la linea, la discussione formale non è ancora in agenda. Al centro della prossima direzione Pd, il «patto costituente» proposto alle forze sociali e politiche interessate alle riforme istituzionali.

L’argomento verrà al massimo toccato alla Direzione del partito convocata per il 13, anche se pochi giorni dopo si terrà una delicata competizione di questo tipo a Bologna (insieme a Cagliari e Napoli e poi Torino), per non parlare del fatto che le sorti del governo si decideranno tra il 17 e il 23, quando il federalismo dovrà passare l’esame in due commissioni (Bilancio e Affari costituzionali) in cui l’asse Pdl-Lega sulla carta è in minoranza, e presto si potrebbe andare a una sfida elettorale dovendo sciogliere il nodo in tempi rapidi. Nel Pd non c’è però molta voglia di riaprire una discussione sulle primarie. Non ora, anche se ieri il Corriere della Sera e la Repubblica hanno pubblicato rispettivamente un editoriale di Giovanni Sartori dal titolo «Le primarie fanno male al Pd» e un sondaggio con commento di Ilvo Diamanti dal titolo «Dopo le primarie c’è ancora il Pd?». Un uno-due che ovviamente non è passato inosservato al vertice del Pd.
Ma al momento sembra resistere la «moratoria» proposta prima di Natale da Anna Finocchiaro in un’intervista a l’Unità («basta parlare di primarie e alleanze»). Le conclusioni che vengono tratte rispetto gli interventi sui due quotidiani divergono, tra le diverse anime del partito. Ma quando i dirigenti del Pd si rivedranno per discutere come incalzare il governo e come costruire un’alternativa credibile, la discussione verrà centrata su altre questioni.
PRIMA PROGRAMMA E COALIZIONE
Se Sartori ha scritto che le primarie «in linea di principio» sono «una buona idea» ma «estremizzano la scelta dei candidati» e producono all’interno del partito che le adotta «un forte frazionismo», Bersani leggendolo ha trovato una conferma alla sua tesi: «Se vogliamo salvare le primarie dobbiamo riformarle» (serve «un tagliando», per dirla con il responsabile Enti locali Davide Zoggia). Insomma, è necessario studiare delle correzioni per preservare questo «strumento», e presto si aprirà un confronto formale negli organismi del Pd per decidere quali correzioni apportare. Non alla direzione del 13 però, assicurano, al Nazareno. In quella sede Bersani tornerà a spiegare la strategia per andare «oltre il berlusconismo», ovvero il «patto costituente» proposto alle forze sociali e politiche interessate a una riforma istituzionale e a un patto per il lavoro e la crescita (il week-end successivo sarà nelle Marche per spiegare a militanti e simpatizzanti la proposta e altrettanto faranno in altre regioni tutti i membri della segreteria). Per Bersani insomma rimane valida la «sequenza logica» «prima il programma, poi coalizione e infine primarie», con buona pace di Nichi Vendola.
LA REGOLA PER IL PD
Un’impostazione che alla Direzione non dovrebbe essere contestata da Walter Veltroni, per il quale le primarie sono sì un «architrave» del Pd, sono sì «la regola del Pd», ma riguardano il partito, non le coalizioni. Così, se effettivamente la situazione dovesse precipitare e si dovesse andare alle urne in primavera, difficilmente verrà dall’ex segretario una sponda nei confronti di Vendola. Le primarie di coalizione per la premiership, ha detto non a caso Veltroni a l’Unità nell’ultima intervista rilasciata, vanno governate «attraverso il mutuo convincimento nella ricerca del candidato che meglio può garantire unità e consenso». Posizione in linea con quella espressa da Franceschini («se bisogna allargare la coalizione anche a forze diverse dal centrosinistra è inevitabile discutere con loro i criteri per scegliere il leader») e Finocchiaro (se l’alleanza col Terzo polo dovesse andare in porto il Pd «potrebbe fare una scelta di responsabilità e verificare se c’è un consenso generale verso un’altra candidatura come facemmo con Prodi»). Anche se Veltroni non mancherà di sottolineare, al Lingotto il 22, che il partito deve ritrovare l’«ambizione maggioritaria» e mostrare una maggiore «spinta innovatrice». Un discorso che ha a che fare con le primarie, sottolinea Walter Verini («sono nel dna del Pd, che deve essere un partito aperto, che torni a parlare a tutto il Paese e nel quale a contare non siano solo gli iscritti ma tutti i cittadini elettori»), ma che alla Direzione del 13 non sarà messo in primo piano per evitare il riaprirsi di una querelle che non farebbe bene a nessuno.

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Pd, lo scontro sulle primarie sale l´ipotesi-congelamento. Ma i veltroniani: fanno parte del nostro Dna, di u.r. da la Repubblica

ROMA – I dubbi sulle primarie portano il Pd a prendere in esame l´ipotesi-congelamento: potrebbe essere la riunione della direzione, il prossimo 13 gennaio, a decidere uno stop all´aspro confronto aperto sul “come” scegliere il candidato premier del partito. Stabilendo che, in questa fase, conta soprattutto il “quando”: fino a che non sarà chiaro se ci aspettano davvero elezioni in primavera, meglio fermare lo scontro primarie sì-primarie no. Se, infatti, dovesse saltare il banco della maggioranza, e aprirsi la corsa al voto, come ha già spiegato Bersani la strada maestra per il partito sarebbe l´alleanza con il Terzo Polo di Casini e Fini, con conseguente passo indietro sui gazebo, “indigesti” al leader dell´Udc che aspira alla premiership. Segretario del Pd dunque pronto a sacrificare le primarie, e le proprie stesse ambizioni alla guida della coalizione. Scontrarsi ora sulla “chiamata” o meno del popolo pd rischia solo, come ha messo in evidenza il sociologo Ilvo Diamanti nel sondaggio pubblicato ieri da Repubblica, di alimentare dubbi e incertezze nella stessa base del centrosinistra. Che, rivela la ricerca Demos, considera le primarie una caratteristica fondativa del partito, ma allo stesso tempo solo un terzo degli elettori le ritiene indispensabili. Fuori dal Pd, Nichi Vendola continua a puntare tutto sui gazebo subito, mentre Antonio Di Pietro frena e chiede prima di trovare l´intesa su programma e coalizione: «Le primarie le vediamo come un possibile e positivo punto di arrivo dopo aver individuato una coalizione e un programma da proporre agli elettori». Farle invece solo sui nomi, sostiene il leader dell´Idv, sarebbe «un puro specchietto per le allodole, rischia di essere un passo azzardato».
Senza arrivare a tanto, anche ai vertici del Pd si fa strada l´idea di rivedere il meccanismo. «Serve un tagliando per le primarie – chiede un esponente della segreteria, Davide Zoggia – come mette in evidenza il risultato stesso del sondaggio di Repubblica: c´è la necessità di aggiustamenti, proprio per non disperdere il patrimonio della partecipazione». Aggiustamenti che dovranno passare attraverso un «ampio» confronto negli organismi del partito, ma «è ovvio che la discussione non può riguardare le primarie già previste». Niente marcia indietro allora a Torino o Bologna, dove il Pd dovrà correre comunque il rischio di ritrovarsi come a Milano, dove ha vinto Giuliano Pisapia, candidato appoggiato da Vendola.
Ma i veltroniani, che si preparano al “Lingotto 2” di metà gennaio, provano a tenere duro. «Le primarie fanno parte del dna di un partito – avverte Walter Verini – che dovrebbe tornare a parlare a tutto il Paese, in cui a contare non sono solo gli iscritti ma tutti gli elettori. E non quel regolamento di conti che purtroppo in qualche caso c´è stato». Sulla stessa lunghezza d´onda Stefano Ceccanti, che chiede consultazioni solo di partito e non di coalizione, e rivendica ancora il Pd a vocazione maggioritaria: «Soprattutto a livello nazionale, ma anche regionale, hanno senso solo primarie di partito in cui il leader è anche il candidato alla guida del governo». E anche per Pippo Civati, dell´area Marino, le primarie non si toccano, «sono molto popolari tra i sostenitori del centrosinistra, nonostante il fuoco di fila cui sono sottoposte dai big del pd». Giusto l´opposto di quel che pensa Giorgio Merlo, ex ppi: «Siamo di fronte ad un sostanziale fallimento delle primarie».

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“E Vendola resta il solo a chiedere i gazebo subito. Anche il leader dell’Idv Antonio Di Pietro interviene: «Le consultazioni sono un punto di arrivo. Farle solo sui nomi rischia di essere un passo azzardato»”, di S.C.

Nichi Vendola rischia di rimanere il solo a chiedere le primarie subito per scegliere il candidato premier che dovrà sfidare la destra. Il Pd alla Direzione del 13 dovrebbe stringersi attorno alla proposta del segretario di lavorare sul «patto costituente» con le altre forze politiche e sociali interessate ad andare «oltre Berlusconi» e sulla «sequenza logica» più volte sottolineata da Pier Luigi Bersani, che prevede prima il programma, poi le coalizioni e infine le primarie per la premiership. Il governatore della Puglia ha fiutato l’aria e contina a rilanciare la necessità di convocare al più presto il popolo dei gazebo: «Le primarie possono rispondere alla crisi dei partiti, possono illuminare una platea più larga dove non ci sono solo i partiti, facciamole, confrontiamoci».
Ma l’appello di Vendola finora è caduto nel vuoto, soprattutto al di fuori dei confini del Pd. L’altro alleato per così dire naturale dei Democratici e di Sinistra e libertà, l’Italia dei valori, sposa infatti il timing proposto da Bersani. «Le primarie le vediamo come un possibile e positivo punto di arrivo dopo aver individuato una coalizione e un programma da proporre agli elettori», dice Antonio Di Pietro. «Farle invece solo sui nomi, come puro specchietto per le allodole, rischia di essere un passo azzardato». Il leader dell’Idv sottolinea di essere «favorevole» alla consultazione popolare, ma dice anche che prima di chiamare militanti e simpatizzanti a un pronunciamento «bisogna individuare una coalizione e un programma».
Anche i Radicali dimostrano, non da oggi, uno scarso entusiasmo per il modo in cui si svolgono da noi le primarie. Emma Bonino rimane convinta che un conto è come avvengono nei sistemi bipartitici, un conto sono quelle in salsa italiana: «O ci si mette un po’ d’ordine o una pietra tombale, visto che al momento sembrano soprattutto uno strumento per fare la conta interna».
Per non parlare della proverbiale contrarietà a ricorrere a questo strumento da parte dell’Udc. La situazione politica è ancora molto confusa e solo alla ripresa dei lavori parlamentari si capirà se l’ottimismo ostentato da Berlusconi sulla tenuta del governo sia fondato o meno. Non bisognerà però attendere molto per capire se si andrà alle urne in primavera, visto l’aut-aut lanciato dalla Lega (federalismo entro gennaio o si va al voto) e visto che tra il 17 e il 23 il federalismo sarà discusso in commissione Bilancio e Affari costituzionali, dove al momento Pdl e Lega sono in minoranza (a causa del passaggio dei finiani all’opposizione). Gli appelli ai centristi ad entrare nel governo finora sono caduti nel vuoto e l’Udc, che finora è stato l’unico partito a votare in Parlamento sempre contro la legge cara alla Lega, non dovrebbe cominciare ora a fornire stampelle su questo terreno. Bersani continua a lavorare per accorciare le distanze con il partito di Casini. E in caso di un voto anticipato, per dar vita a una coalizione «emergenziale» potrebbe anche rinunciare alle primarie per scegliere chi sarà a sfidare Berlusconi.

da l’Unità

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A proposito di primarie (video)
Il senso delle consultazioni e le semplificazioni che non fanno chiarezza

Due editoriali di Repubblica e Corriere della Sera (vedi sopra, l’intervista di Bersani) sono tornati a porre il tema delle primarie e della loro utilità ed efficacia nella vita del Pd e del centrosinistra. Già qualche settimana fa Bersani in un’intervista aveva detto che le primarie sono un patrimonio del Pd, unico partito italiano ad averlo inserito nel proprio statuto, e restano uno strumento prezioso che, proprio per preservarlo, va riformato.

Un concetto che è stato ribadito dal Segretario nella conferenza di fine anno:
“C’è una cosa semplice nel nostro statuto. La sequenza logica è programma-coalizione-decisione sulle primarie. Non si venga a dire a Bersani che non vuol fare le primarie, c’è qualcuno che vuole imbrogliare? Le nostre regole parlano di discussione comune per decidere se farle. Poi ho detto che dobbiamo fare manutenzione sulle primarie che facciamo ad esempio per le amministrative perché non voglio buttare il bambino con l’acqua sporca. Non si pensi che si dica che la coalizione è quella di chi accetta le primarie. La democrazia personalizzata dei nomi sul simbolo e di chi dice io, io, io, io, io non fa riforme. Ma l’alternativa non è scimmiottarlo, è un altro film più simile a una democrazia che funzioni”.

A questo ieri si è aggiunta la dichiarazione di Davide Zoggia, responsabile Enti locali della segreteria nazionale: “Gli autorevoli commenti apparsi oggi sulla stampa confermano che probabilmente, alla luce dell’esperienza fatta fin qui, le primarie hanno bisogno di un tagliando. Il risultato stesso del sondaggio pubblicato su Repubblica mette in luce la necessità di aggiustamenti, proprio per non disperdere il patrimonio della partecipazione che va assolutamente preservato. Aggiustamenti sui quali, naturalmente, ci deve essere un ampio confronto negli organismi del partito. E’ ovvio che la discussione non può riguardare le primarie previste per le prossime scadenze amministrative, il cui percorso è già stato avviato”.

Vi invitiamo anche a guardare il servizio mandato in onda ieri da Youdem, Il senso delle primarie

da www.partitodemocratico.it