" I profughi e gli ignavi", di Luigi Manconi
Quello che segue è un “racconto di Natale” pur se per nulla edificante. Ma è un errore, e grave, pensare che la letteratura natalizia si debba rifare necessariamente a un canone zuccheroso e consolatorio. Si pensi che capostipite e paradigma narrativo può essere considerato quel Canto di Natale (1843) di Charles Dickens, che rappresenta una delle più disincantate analisi delle ingiustizie sociali nell’Inghilterra della prima metà dell’800, tra miseria nera e sfruttamento dei minori, analfabetismo e lavoro semischiavistico. Anche il nostro racconto di Natale ha tratti cupi: quelli di uno stabile fatiscente nel cuore di Roma, in una via che graziosamente si chiama “dei Villini”, dove vivono da anni circa 140 rifugiati somali. Le condizioni di quella coabitazione sono le stesse che si ritrovano in molte aree delle nostre metropoli, dove lo sviluppo urbanistico lascia ai margini costruzioni o semicostruzioni o ex costruzioni, che diventano rapidamente rifugio di chi dispone solo della “nuda vita”. Altrettante ferite aperte nel tessuto della città, escluse dalla rete dei servizi e dalla protezione sociale garantita dai diritti di cittadinanza, …