È in arrivo una stangata di oltre 1.000 euro a famiglia. Secondo i calcoli di Adusbef e Federconsumatori, tra rincari di alimentari, benzina, tariffe, assicurazioni e servizi bancari, il 2011 sarà “un anno infelice”, con un impatto di 1.016 euro annui a famiglia. La voce più consistente sarà quella alimentare, con aumenti annui di 267 euro, ovvero del 6%. A seguire i carburanti, per i quali, sulla scia dei previsti incrementi del petrolio (si dà ormai per scontato un rally fino a 100 dollari al barile) la spesa aumenterà di ben 131 euro l’anno. Oltre 120 euro in più saranno spesi per il trasporto ferroviario, comprese le tratte dei pendolari, mentre i prezzi dell’Rc auto cresceranno, secondo Adusbef e Federconsumatori, di 105 euro (+10-12%). Aumenti sono previsti anche per le tariffe autostradali (+2%), per quelle del gas (+7-8%) e della luce (+4-5%), per quelle dei rifuiti (+7-8%) e per l’acqua (+5-6%). L’aumento più consistente in termini percentuali è però quello del trasporto pubblico locale (+25/30%).
”Anche il 2011 – commentano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef – si prospetta un anno infelice: sia per la crisi economica, che, se non adeguatamente affrontata, non permetterà di raggiungere nemmeno l’1% di crescita del Pil, sia per i rincari che contribuiranno a ridurre ulteriormente il potere di acquisto delle famiglie”. Secondo le associazioni ”ai soliti comportamenti speculativi
in tema di prezzi e tariffe, si aggiungono infatti tensioni importanti sui costi dei prodotti energetici e delle materie prime. Tutti fattori, questi, che incideranno sulla determinazione dei prezzi sia relativamente ai beni durevoli che ai beni di largo consumo, a partire da quelli alimentari”. Per questo sono ”sempre più necessarie politiche economiche completamente diverse da quelle sin qui attuate, che dovrebbero puntare ad un rilancio dell’economia sia attraverso investimenti in settori innovativi, sia con processi di detassazione esclusivamente a favore delle famiglie a reddito fisso, lavoratori e pensionati”.
Adoc e Casper: “La speculazione dietro la stangata”. Di una cifra leggermente più bassa, ma ugualmente elevata, parlano Adoc, Codacons, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori, riunite nella sigla Casper (Comitato contro le speculazioni e per il risparmio), che prevedono rincari pari a 902 euro annui a famiglia. “Il motore che alimenta la maxi-stangata è la speculazione – affermano i consumatori del Casper – Di questi 902 euro che usciranno dalle tasche di ciascuna famiglia, ben 700 euro (77% del totale) sono attribuibili a manovre speculative e rincari arbitrari che non trovano alcuna giustificazione economica”.
Cgia di Mestre: “In due anni boom delle tariffe”. E, intanto, la Cgia di Mestre ha fatto un bilancio degli aumenti delle tariffe tra il 2008 e il 2010, rilevando che la crisi economica non ha frenato la corsa ai rialzi. In vetta agli aumenti i pedaggi autostradali (+10,8%), il gas (+8,9%), i trasporti ferroviari (+8,7%) e i servizi postali (+7,3%). I rincari maggiori si sono registrati sulle tariffe di competenza delle regioni e degli enti locali. Tutto questo, prosegue la Cgia, malgrado l’inflazione, nel periodo tra il 2008 e il novembre di quest’anno, sia stata solo del 2,2%. A registrare variazioni negative invece l’energia elettrica (-0,4%) e l’acqua potabile (-1,2%).
Le tariffe di competenza delle regioni e degli enti locali hanno registrato un aumento del 7,4%, mentre quelle controllate dal governo centrale hanno segnato un +6,3%. “A dimostrazione – attacca l’associazione degli artigiani – che sia gli uni, sia gli altri, a fronte della grave situazione economica, hanno fatto cassa a spese dei cittadini e delle piccolissime imprese”.
Particolarmente vessate, queste ultime, poiché “i lavoratori autonomi, vale a dire gli artigiani e i piccoli commercianti” pagano le tariffe “due volte. Una come cittadini, in riferimento alle utenze relative alla propria abitazione, la seconda come gestori di piccoli negozi o botteghe artigiane”.
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Istat, una famiglia su tre a rischio
di fronte alle spese impreviste
Sempre di più, nel 2009, i nuclei familiari che vanno in affanno in caso di uscite non preventivate. Rispetto al 2008 cresce anche il numero di famiglie che sono state in arretrato con i debiti. Istat, una famiglia su tre a rischio di fronte alle spese impreviste. Sono aumentate, nel 2009, le famiglie che non sono state in grado di fronteggiare spese impreviste, che si sono indebitate e che sono in arretrato con debiti diversi dal mutuo. È questo il quadro che emerge dall’indagine dell’Istat su Reddito e condizioni di vita in Italia negli anni 2008-2009. Nel 2009, il 15,2% delle famiglie ha presentato tre o più sintomi di disagio economico. Un valore, questo, che non presenta variazioni statisticamente significative rispetto all’anno precedente e si conferma molto più elevato tra le famiglie con cinque componenti o più (25,8%), residenti nel Mezzogiorno (25,1%) e tra le famiglie con tre o più minori (27,1%).
Il quadro offerto dagli indicatori di deprivazione e di difficoltà economica si presenta sostanzialmente immutato rispetto all’anno precedente, quando era significativamente peggiorato rispetto al 2007 (anno in cui a soffrire di tre o più sintomi di disagio era stato il 14,8% delle famiglie, contro il 15,8% del 2008). Ma l’Istat evidenzia che aumenta il numero delle famiglie che non potrebbero far fronte a spese impreviste di 750 euro (dal 32 al 33,3% in media), quelle che sono state in arretrato con debiti diversi dal mutuo (dal 10,5 al 14,0% di quelle che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate (dal 14,8 al 16,5%).
La maggiore frequenza di situazioni di difficoltà economica nelle regioni insulari e meridionali, precisa l’indagine, si rileva per i residenti in Sicilia, Campania e Calabria, mentre tra le regioni del Centro-Nord,
sono il Piemonte e il Lazio a mostrare i maggiori segni di disagio.
Una famiglia numerosa su tre non arriva a fine mese. Oltre una famiglia numerosa su tre stenta ad arrivare a fine mese (il 31,5%). Così come una famiglia monoreddito su cinque (il 18,9%). Dalla fotografia scattata dall’Istat emerge che il disagio economico aumenta soprattutto tra le famiglie con tre o più figli e a “incidere in modo rilevante” è il numero di quanti percepiscono un reddito nel nucleo familiare. Le famiglie che possono contare su un reddito autonomo come fonte principale si confermano invece quelle che riportano meno frequentemente situazioni di difficoltà. Al contrario, le famiglie con entrate che derivano prevalentemente da capitale e da trasferimenti pubblici hanno più spesso difficoltà ad affrontare gli imprevisti e denunciano problemi in misura più elevata anche per gli altri indicatori considerati. Chi sta meglio dal punto di vista economico sono le coppie senza figli (nel 2009 soltanto il 10,6% dichiara di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese). La situazione di maggiore vulnerabilità delle coppie con almeno tre figli è confermata anche dagli altri indicatori: il 7,3% dichiara di aver avuto insufficienti risorse per le spese alimentari, il 29,2 % per le spese di vestiario e il 22% di quelle che vivono in affitto o hanno contratto un mutuo sono state in arretrato con il pagamento delle rate.
D’altro canto, la crisi economica, che ha pesantemente caratterizzato il 2009, ha colpito in larga maggioranza le famiglie che si trovavano in condizioni di deprivazione materiale già nel 2008. Inoltre, la caduta dell’occupazione ha riguardato soprattutto i figli, celibi e nubili, che vivono nella famiglia di origine, mentre i genitori hanno potuto contare su un ricorso massiccio alla cassa integrazione, evitando che l’impatto fosse ancora più dirompente e determinasse un aumento dell’indicatore di deprivazione.
Redditi – Sul fronte del reddito, l’Istat segnala che nel 2008 le famiglie residenti in Italia hanno percepito un reddito netto, esclusi i fitti figurativi, pari in media a 29.606 euro, circa 2.467 euro al mese, ma la metà delle famiglie ha percepito meno di 24.309 euro (circa 2.026 euro al mese). Tra il 2007 e il 2008 il valore medio del reddito netto familiare (esclusi i fitti figurativi) è aumentato, a prezzi correnti, dell’1,2% su scala nazionale, ma tenuto conto della dinamica inflazionistica (+3,3% nel 2008), tale variazione corrisponde a una riduzione del reddito familiare medio in termini reali pari al 2,1%.
La Repubblica 29.12.10