Anche quest’anno Tremonti ci sta riprovando. Ormai per il ministro dell’economia quella manciata di milioni che lo stato ogni anno passa ai piccoli giornali per tener vivo uno dei corollari della democrazia, e cioè il pluralismo dell’informazione, è diventata una specie di ossessione. Quei soldi devono sparire, e pure in fretta. Chi se ne importa se il parlamento, organo sovrano nella nostra Costituzione, abbia più volte votato contro i tentativi di taglio. E chi se ne importa che il braccio destro di Berlusconi, il sottosegretario Paolo Bonaiuti, stia lavorando a una riforma per rendere più trasparente ed efficace l’erogazione dei fondi pubblici alle testate di partito e alle cooperative. Per Tremonti le piccole testate non devono più gravare sulle casse pubbliche: o dimostrano di poter stare sul mercato oppure è meglio che rinuncino alle rotative. L’ultimo episodio della lunga battaglia è di questi giorni: nel decreto Milleproroghe sono stati tagliati i fondi per l’editoria (da 100 a 50 milioni) nonché azzerati i 45 milioni stanziati per le radio e tv locali. Contravvenendo così a quanto previsto dalla ultima Finanziaria, dove il ministro s’è dovuto inchinare alla volontà del parlamento, compatto nel votare a favore del reintegro delle risorse per l’editoria, grazie soprattutto all’iniziativa dei finiani e di tutte le opposizioni. Un copione, questo, già visto l’anno scorso: a fine 2009, Tremonti abolisce il diritto soggettivo dei piccoli giornali al finanziamento pubblico, salvo poi dover fare marcia indietro a inizio 2010, quando si vede costretto dalla sua stessa maggioranza e dal centrosinistra a ripristinarlo, impressionato dalla grande mobilitazione dei deputati e dalle 360 firme bipartisan di deputati pro-giornali. Ora, la speranza è che questo vasto fronte ancora una volta sventi il reiterato attacco di Tremonti, quando agli inizi del prossimo anno il dl Milleproroghe arriverà alla camera e al senato per la conversione. Una speranza supportata da un dato di fatto eloquente: attualmente il governo può contare su una maggioranza molto risicata, solo tre voti di margine a Montecitorio, e non è un azzardo immaginare che possa andare sotto su di un argomento che già in passato ha compattato maggioranza e opposizione. Peraltro, nella sua crociata Tremonti non può contare neanche sul sostegno del premier. Ieri Berlusconi, durante la conferenza stampa di fine anno, s’è impegnato a risolvere il problema, invitando i rappresentanti dell’Ordine dei giornalisti a incontrare Bonaiuti, che su questo tema è acerrimo nemico del ministro. Insomma, Tremonti sembra abbastanza isolato, anche se dalla sua ha l’arma finale di un eventuale fiducia al decreto. Una fiducia che spegnerebbe tante piccole voci che contribuiscono a rendere più democratico questo paese.
da Europa Quotidiano 24.12.10