«Chi parla di vittorie? Sopravvivere è tutto»: il desolato verso dal Requiem di Rilke descrive perfettamente la condizione in cui oggi si trova Silvio Berlusconi. Andare comunque avanti, restare in piedi a tutti i costi, anche se ciò significa mettere sotto sequestro la politica italiana.
La cosa più grave è che tutto questo accade in una congiuntura assai aspra e difficile della vita nazionale, quando la durezza mal fronteggiata (non solo in Italia) della lunga recessione economica si sta trasformando in una crisi sociale sempre più severa, che espone a rischi drammatici la tenuta d´insieme del nostro tessuto civile. Il pericolo di una nuova povertà – tanto più micidiale quanto più inattesa – sovrasta ormai centinaia di migliaia di famiglie di ceti medi e di classe operaia, che mai avrebbero pensato di ritrovarsi così esposte. E un´intera generazione di giovani sta facendo conti feroci con un mercato del lavoro che toglie ogni giorno speranze e respiro. Si stanno dissipando potenzialità enormi: e la perdita prima o poi sarà pagata.
Di fronte a una simile emergenza, il primo impegno di un´opposizione degna di questo nome è di riuscire a trasformare la percezione acutissima e diffusa di un disagio sociale crescente, in una precisa domanda politica di cambiamento. Non è tempo di rassegnarsi. Mi pare che Bersani e Casini abbiano ben presente questo nesso e la sua urgenza.
Che Berlusconi, nelle condizioni politiche in cui si trova possa governare seriamente il Paese, è da escludere con assoluta certezza. Non vi è riuscito quando – appena una manciata di mesi fa – aveva un´autostrada aperta davanti, ed è finita come abbiamo visto; figuriamoci adesso. Non c´è terzismo che possa tenere di fronte all´evidenza. L´Italia ha bisogno di un altro governo, se vuole salvarsi. Sorprende e sconforta che una parte delle gerarchie cattoliche siano esitanti, e sembrino ancora attardarsi a voler offrire una sponda per una continuità che potrà portare solo nuove disgrazie. Ci pensi bene la Chiesa: il futuro dell´Italia passa per altre strade. Il presidente del Consiglio non è il male minore. È solo l´uomo del disastro.
Un altro governo, ma quale? La nebulosità su questo punto non ha aiutato la mozione di sfiducia. E allora? Dal berlusconismo non si può uscire restando nel recinto del centrodestra, gestendo il passaggio solo nell´ambito dell´attuale maggioranza. D´altra parte, sperare di condizionare Berlusconi rimanendo nel raggio di un´alleanza con lui, sarebbe, da parte di Fini e Casini, un´illusione rovinosa, che il premier stesso non autorizza minimamente quando dice di volere dalla sua parte i singoli parlamentari di centro o di Fli, e non i partiti. E perciò, se vogliono trovare un indirizzo e un percorso, devono accettare, per ora, di trattare oltre i loro confini “naturali”. Ma anche a sinistra non vi sono forze sufficienti per condurre in autonomia un´azione decisiva. Le combinazioni proposte affannosamente da Di Pietro non andrebbero, oggi, molto lontano. E la presenza sulla scena di un “terzo polo”, con una sua capacità di attirare consensi, respinge sullo sfondo qualunque, pur lodevole, “vocazione maggioritaria”.
Dunque, fin quando Berlusconi rimarrà in campo dobbiamo lavorare per collegare – provvisoriamente ma credibilmente – questo abbozzo di nuovo centrodestra che sta nascendo, con l´abbozzo di centro sinistra che è tormentosamente vissuto in questi anni. La saldatura potrebbe avvenire intorno a pochissimi punti dettati dall´emergenza: legge elettorale, e misure d´urgenza intorno al nodo famiglie-fiscalità-lavoro, affidati a un Primo ministro di garanzia.
Pensare ad altre soluzioni sarebbe adesso solo velleitario e impraticabile, e non allontanerebbe il Paese dall´abisso. Una volta sgombrato il campo dalle macerie del semi-regime che ci sta avvelenando – sì perché di questo si tratta, di un semi-regime, quando un uomo, un solo uomo, fa della sua personale sopravvivenza politica la ragion d´essere strategica e ideale (se si può dir così) di un´intera maggioranza – una volta liberato il campo, ognun per sé, verso un nuovo e finalmente maturo bipolarismo.
Non vedo altra strada, e so bene che si tratta di un cammino arduo. Lo ostacolano pregiudizi, ambizioni, diversità strutturali non meno che di culture e di stili. Se vi sono idee migliori è il momento di avanzarle. Ma senza finzioni e doppie verità. La minaccia è enorme: che la fase senile del berlusconismo trascini con sé il Paese nel baratro.
«Dopo di me il diluvio»: lo abbiamo già sentito.
La Repubblica 22.12.10