Non ci sono margini per trattare: sul futuro di Mirafiori, dice Sergio Marchionne, «noi la proposta l’abbiamo fatta il tre dicembre. È sul tavolo. Cerchiamo di non perdere questa occasione». Soprattutto: «Non si può ritardare la decisione, ci sono scadenze industriali che premono e investimenti che devono partire, al più presto». Ha fretta l’ad del Lingotto, tornato ieri dagli States, volato a Roma per i funerali di Tommaso Padoa-Schioppa e poi rientrato a Torino per gli auguri al management della casa automobilistica. È qui che, insieme alle buone feste, ribadisce la sua indisponibilità a trattare sulle condizioni poste per far arrivare nel capoluogo piemontese il miliardo di euro necessario a rilanciare le sorti della fabbrica Fiat.
REFERENDUM Marchionne offre un aumento della produttività e dei salari ma, com’è noto, vuole gestire lo stabilimento con le mani libere. Con un contratto ad hoc, svincolato da quello nazionale delle tute blu del 2009: una sorta di Pomigliano bis. La cosa però non va giù ai sindacati, alla Fiom-Cgil ma anche a Fim-Cisl e Uilm-Uil, che quel contratto nazionale l’hanno rinnovato un anno fa insieme a Federmeccanica. Egli stessi industriali, in difficoltà di fronte alla minaccia di una fuoriuscita di Fiat dalla loro organizzazione, hanno costituito un tavolo con Fim-Cisl e Uilm-Uil per trovare regole specifiche per il settore dell’auto. Il confronto è solo all’inizio, e le trattative riprenderanno il 24 gennaio. Su Mirafiori però il manager vuole chiudere in fretta: dice di sì anche all’ipotesi di un referendum dei lavoratori, «ma se il risultato è 51% no e 49% si ce ne andiamo»; considera il suo piano «qualcosa di unico: la possibilità di produrre a Torino 280mila Suv di classe superiore da destinare ai mercati di tutto il mondo. Mi auguro di cuore – aggiunge – che sia possibile dare certezze ai nostri lavoratori e garantire loro un futuro». La risposta dei sindacati è immediata: «Consideriamo le dichiarazioni di Marchionne una sollecitazione alla ripresa della trattativa», risponde Giuseppe Farina, della Fim-Cisl, che annuncia per oggi la richiesta alla Fiat di un incontro. Sulla stessa linea Rocco Palombella, segretario Uilm, che dice di accettare la «provocazione » del manager. Mentre Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom, dice: «Se Fiat riapre il negoziato ci saremo. Ma per noi gli investimenti e la flessibilità di cui parla Marchionne non hanno bisogno di deroghe o intese come quelle di Pomigliano ». La speranza dei sindacalisti è che la trattativa possa chiudersi entro Natale, così come ha auspicato anche il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. Ottimistiche sono sembrate anche le previsioni per Termini Imerese e la fabbrica palermitana che dalla fine del 2011 smetterà di assemblare auto del Lingotto: all’incontro tra romano tra le parti sociali e il ministro Paolo Romani si è parlato delle possibilità di sviluppo dei sette progetti presentati da chi è interessato a rilevare l’area Fiat in Sicilia. Due delle sette proposte riguardano il settore dell’auto. Ma c’è spazio per tutti. Romani ha assicurato che a gennaio «sarà siglato l’accordo di programma e che gli occupati previsti saranno superiori agli attuali ». Oggi a Termini sono 2mila i lavoratori. I nuovi progetti ne potrebbero assicurare più di 3mila. Per ora è solo un augurio.
L’Unità 22.12.10