Trattasi di circa 170.000 persone. Molti di più se si calcola anche la scuola. Non sono gli operai di Marchionne – anche loro angosciati da un destino tutto da scrivere – sono le “mezze maniche” dell’impiego pubblico, magari da anni al servizio del padrone Stato e ora messi alle porte senza nemmeno una pacca sulle spalle. Alcuni sono ricorsi a forme di lotta disperate. Come quei sette dipendenti della Regione Lazio appesi per 11 giorni e undici notti, al freddo e al gelo, sul dodicesimo piano di un’impalcatura. Ora sono scesi e sperano in una trattativa fissata proprio per la vigilia di Natale. Sembra una favola di Dickens. Un altro caso particolare è quello dei lavoratori delle Prefetture e della Questure di tutta Italia, impiegati nei servizi all’immigrazione. Hanno scioperato nei giorni scorsi e hanno manifestato nel centro di Roma,ormai diventata la capitale di una contestazione massiccia. Anche per costoro alla mezzanotte del 31 dicembre suonerà la campana del licenziamento. Non sono dei giovanotti alle prime armi, risultano da oltre sette anni addetti ad un servizio fondamentale dedicato a garantire agli immigrati i permessi, le carte di soggiorno, i ricongiungimenti familiari, la cittadinanza. Ecco un’altra beffa atroce che coinvolge la massa di lavoratori stranieri chiamati a reggere una buona parte della nostra economia. L’alibi del governo consiste nella necessità di risparmiare. Ma in tal modo le spese aumenteranno. Sono già migliaia – come hanno fatto notare i sindacati – le pratiche in arretrato e il decreto paralizzerà di fatto gli uffici impedendone il regolare funzionamento. Le Prefetture e le Questure potrebbero essere costrette a supplire a tale vuoto, utilizzando le forze di polizia e così indebolendo l’azione di tutela della sicurezza e della legalità. Altri lavoratori a rischio prestano servizio nei Comuni, nel Servizio Sanitario Nazionale, nella Croce Rossa Italiana, nei Vigili del Fuoco, nei Centri per l’Impiego, negli Enti Previdenziali com Inps e Inpad. E non parliamo della scuola dove si aggira una quantità impressionante di precari da sacrificare. Una battaglia esplosiva che ora prova a comunicare sul web. E’ stata lanciata, tramite Gian Guido Santucci, dirigente della Funzione Pubblica Cgil, una pagina di Facebook intitolata “Mai più precarietà”. E’ stata aperta anche una rubrica, “Vita da precario”, per raccogliere storie, testimonianze significative. Scrive Santucci: “Un vissuto quotidiano che penso debba essere il filo conduttore di tutta la nostra lotta per rammentare a tutti, e soprattutto a noi stessi, che dietro ad ogni precario che si vuole mandare via c’è non solo un futuro spezzato ma anche un frammento in meno di Stato”. Definizione azzeccata: un “frammento di Stato, un bene comune. Da difendere.
L’Unità 20.12.10