"Crisi in nome della gente padrona", di Michele Ainis
I parlamenti sono luoghi in cui si parla, come attesta perfino il nome di quest’antica istituzione. Ma nel fiume di parole che ieri ha inondato gli emicicli di Montecitorio e di palazzo Madama un’espressione si staglia su ogni altra. L’ha pronunziata il presidente del Consiglio, aprendo il suo discorso. Questa: «I liberi parlamenti sono chiamati a rappresentare e interpretare la volontà popolare, non a sostituirla». Poi ha aggiunto varie altre osservazioni, ha difeso l’operato del governo, ha strizzato l’occhio alle pecorelle smarrite per convincerle a tornare nel suo gregge. Ma infine ha ribadito come un mantra il suo aforisma, suonandolo all’orecchio di quanti nel 2008 vennero eletti nelle liste Pdl: chi vota la sfiducia è un traditore, non tanto verso il premier, quanto verso il popolo sovrano. Non è la prima volta che Berlusconi sfodera questa convinzione, non sarà neppure l’ultima. D’altronde sono numerosi gli italiani che si riflettono nelle parole del presidente del Consiglio, che giudicherebbero la sua uscita di scena alla stregua d’una congiura di palazzo. Però quelle parole, scandite davanti a un’assemblea …