Lo hanno battezzato «l’ultimo appello»: è un manifesto- piattaforma per far fronte all’ennesimo taglio del governo ai finanziamenti alla cultura e che riunisce sindacati, datori di lavoro, imprese, associazioni, fondazioni ed enti delle attività culturali. Lo hanno presentato ieri in una manifestazione a Roma nella sala dell’ex cinema Capranichetta piuttosto gremita e nervosa, dove sono arrivati a portare la loro solidarietà molti rappresentanti politici, dal capogruppo del Pd Anna Finocchiaro, a Walter Veltroni, Dario Franceschini, Vincenzo Vita, nonché Luca Barbareschi e Gabriella Carlucci, pesantemente contestata dalla platea. I numeri li ha dati Roberto Grossi di Federculture, tra i firmatari dell’appello:
dal 2005 a oggi la spesa per tutto il settore della cultura in Italia è scesa da 7 a 4 miliardi di euro, mentre in Germania veleggia oltre i 12.
Per capire di cosa stiamo parlando
basterà ricordare che la finanziaria 2011 per tutto lo spettacolo – cinema, musica, teatri, danza, circhi e spettacoli viaggianti – prevede 258 milioni di euro, una miseria a confronto della Francia che spenderà oltre 700 milioni di euro solo per il cinema, mentre da noi saranno appena una cinquantina. «Chiediamo un’assunzione di responsabilità – sbotta il presidente dell’Agis Paolo Protti – perché l’industria dello spettacolo possa andare avanti. Le nostre richieste in 7 punti, a cui chiediamo una risposta entro la fine dell’anno, sono la base minima per non morire».
Cosa chiedono insomma Agis, Anica,
100 autori, Cgil, Cisl, Uil? Il ripristino
dei finanziamenti dello Stato
(Fus) al livello, già basso, del 2008; la proroga delle agevolazioni fiscali per il cinema (tax credit e shelter); il
ripristino del fondi del 5 per mille sottratti alla cultura da questa ultima finanziaria; gli ammortizzatori sociali per i lavoratori dello spettacolo; più agevolazioni di vario genere alle imprese dello spettacolo.
Proposte ragionevoli, considerando come molte realtà culturali italiane si stiano sgretolando per mancanza di ossigeno e soprattutto, come ha ricordato Silvano Conti della Cgil, «gli ammortizzatori sociali sono imprescindibili in un settore dove per il 90% il lavoro è intermittente, quindi precario».
Incendiario l’intervento di Luca Barbareschi:«O fate come negli Stati
Uniti, dove è stata bloccata l’industria cinematografica per 6 mesi oppure non otterrete nulla: anche perché due anni fa ho organizzato io stesso un incontro con i vostri rappresentanti e Bondi,ma il giorno dopo invece di sostenere una piattaforma unitaria ognuno era lì a trattare per il suo orticello». Onorevole precisi, tutti chi? «Agis, Anica, 100 autori, Lara – scandisce Barbareschi –, perché sono dei servi e come i servi rubano le mance sotto il tavolo, si accontentano di un etto di bresaola, due fette di salame, un pezzo di mortadella…». Ma che alata metafora! Protti precisa subito che nessuno sta trattando sotto banco.
L’atmosfera si fa rovente quando Carlucci interviene parlando della
sua proposta di legge sullo spettacolo dal vivo, che lei chiama già legge e dall’uditorio qualcuno definisce una «pagliacciata», ma sono i soliti ottimisti. La platea inveisce contro quella che ritiene una rappresentante del governo e con le sue iniziative contro i tagli del governo stesso ha tutta l’aria di voler giocare una parte in commedia. Più sentiti e applauditi invece gli interventi di Ilenia Caleo, dell’Associazione 0. 3 e Matteo Orfini, responsabile cultura del Pd, che si allargano a una dimensione di politica culturale complessiva, e di Vita che chiude invitando i promotori dell’appello a una forte iniziativa per sbloccare la situazione. Perché in realtà parte del nervosismo
in sala sarà forse dovuto al fatto che è poco chiaro cosa seguirà a questo «ultimo appello»: come è prevedibile nel Consiglio dei ministri che si terrà tra oggi e domani a mala pena passeranno le agevolazioni
(tax credit e shelter) per il cinema, e gli altri sei punti saranno ignorati. Cosa succederà allora?
L’Unità 10.12.10