La classifica dell’Ocse. In Italia il divario è maggiore che altrove, va peggio solo in Argentina. Bisogna essere fortunati fin da piccoli. Perché scegliere la scuola sbagliata è un errore che ti può segnare per tutta la vita. Ed in Italia più che una scelta sembra una lotteria. Il nostro Paese è il secondo peggiore al mondo nella classifica della cosiddetta varianza, cioè la differenza fra scuole dove gli studenti hanno risultati buoni e scuole dove gli studenti hanno risultati mediocri. Bianco o nero, ci dicono le tabelle del rapporto Ocse-Pisa (il Programma internazionale per la valutazione degli studenti curato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) pubblicato due giorni fa che dà i voti ai 15enni di mezzo mondo. Peggio di noi c’è solo l’Argentina, meglio di noi tutti gli altri dalla Bulgaria al Perù, dalla Romania al Messico. Non è un bel segnale. Anche perché rispetto al passato la forbice si sta allargando. Addirittura «del 50 per cento se guardiamo la prima rilevazione fatta nel 2000» spiega l’analista dell’Ocse Francesca Borgogni.
Come viene misurata la differenza fra buoni e cattivi? Tutto finisce in una percentuale che (noiosa ma breve parentesi statistica) ci dice quanto le scuole si allontanano dalla media nazionale. Più alto è il numero peggio vanno le cose e infatti noi siamo a quota 62%, mentre i soliti finlandesi sono al 10%. Anche stavolta ci sono due Italie. In Sicilia bisogna essere fortunati davvero al momento dell’iscrizione, perché si arriva al 64%, peggior dato nazionale. Le differenze si riducono al minimo in Molise, con il 43%. Lombardia e Lazio sono nel mezzo, con 52 e 53. Una parte di questa diversità si spiega con i diversi indirizzi delle nostre superiori: licei, tecnici e professionali. «In certe scuole, ed in particolare nei tecnici e nei professionali, — dice Elena Ugolini del comitato d’indirizzo dell’Invalsi, l’Istituto per la valutazione del sistema educativo — è molto alta la quota dei ragazzi sotto il livello considerato accettabile dall’Ocse. Su questi bisogna lavorare livellando non verso il basso ma verso l’alto».
È vero che non tutti i Paesi del mondo hanno tre tipi di scuole superiori. Ma purtroppo non è l’unica spiegazione e non solo perché le differenze ci sono anche tra liceo e liceo o tra professionale e professionale. Andiamo indietro nella carriera scolastica e guardiamo le medie e le elementari. Qui dovremmo essere tutti allo stesso livello perché il percorso è unico, non ci sono «elementari tecniche» o «medie professionali». E invece le disparità sono su livelli simili alle superiori: sfioriamo quota 60 per l’italiano e addirittura 70 per la matematica. Sette volte peggio della Finlandia e con un’aggravante: le diversità aumentano in maniera clamorosa tra la quinta elementare e la terza media. Anche di tre volte. «Questo vuol dire — spiega la professoressa Ugolini — che in alcuni casi la scuola può aumentare le differenze invece che diminuirle». E che quando si sceglie dove fare l’iscrizione bisogna davvero incrociare le dita
Il Corriere della Sera 09.12.10