Un “piano B”. Una valvola di sicurezza se tutto dovesse precipitare. Un´exit strategy se i pezzi del puzzle disegnato da Palazzo Chigi non dovessero incastrarsi. Silvio Berlusconi anche stavolta ha iniziato a mettere a punto una via d´uscita. Da imboccare solo se il prossimo 14 dicembre il suo governo verrà sfiduciato. «Fino a quel giorno nessuno deve parlare di opzioni diverse – ha ordinato ai suoi fedelissimi – . Il nostro obiettivo è la fiducia piena e in caso contrario le elezioni anticipate. Ma dal 15 in poi valuteremo il da farsi». E nel «da farsi» ora compare anche la possibilità di un altro esecutivo, guidato da un altro esponente del Pdl, e che elenchi tra suoi i ministri proprio il Cavaliere.
Magari in un dicastero che ha già ricoperto ad interim, quello degli Esteri. Si tratta solo di una extrema ratio da adottare solo se la situazione non presenterà alternative. Una “mossa del cavallo” per sorprendere tutti e uscire dall´angolo avendo ancora lo “scudo” del legittimo impedimento. Sta di fatto che il progetto ha iniziato a fare capolino dalle parti di Arcore. Un´eventualità che nel week end lo stesso presidente del consiglio ha soppesato. Mal volentieri, certo, ma ammettendo che dopo il 14 «tutto va preso in considerazione».
Le “colombe” del suo partito, del resto, sono da tempo all´opera per attenuare la violenza dello scontro con Fini e Casini. Hanno messo in guardia l´inquilino di Palazzo Chigi sulle conseguenze dello scontro all´ultimo sangue. Ci ha provato Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Persino Umberto Bossi lo ha invitato a trovare un´intesa con il presidente della Camera. Soprattutto hanno cercato di fargli capire che la bocciatura dell´esecutivo a Montecitorio potrebbe comportare lo “slittamento” di molti peones verso il sostegno ad un nuovo governo. Una spinta che nel centrodestra potrebbe rivelarsi fatale. Pure nel “blindatissimo” Palazzo Madama, i numeri potrebbero improvvisamente ribaltarsi dopo il 14. Basti pensare a Beppe Pisanu che ripete ad ogni piè sospinto: «Io sono contro le elezioni anticipate». Oppure alla pattuglia dei cosiddetti “scajoliani”. Timori che stanno scuotendo il partito di maggioranza relativa impegnato a escogitare un “patto di fedeltà” tra i senatori. Che, però, non riesce a prendere corpo.
«Io – ha ripetuto ieri Berlusconi – sono sicuro che avremo i numeri anche alla Camera. Verdini e La Russa me lo hanno giurato. E comunque non voglio farmi ricattare da nessuno». Eppure, anche il Cavaliere sa che in caso contrario la strada delle urne potrebbe, appunto, non essere scontata. Anche per le attenzioni che il Quirinale sta rivolgendo alla grave crisi economica, alla burrasca che sta attraversando l´euro e alle difficoltà del nostro debito pubblico. Non a caso, dicono sul Colle, è sbagliato prefigurare alcunchè fino a quando non si conoscerà la portata della verifica parlamentare.
Proprio per questo, l´inquilino di Palazzo Chigi non vuole trovarsi impreparato davanti al peggio. E insieme alle “colombe” non esclude ora che, se la richiesta di scioglimento delle Camere non verrà accolta, l´alternativa potrebbe essere sì un altro governo guidato da un esponente del Pdl, ma con lui stesso membro del nuovo esecutivo. In particolare come responsabile della Farnesina. Una mossa fatta apposta per mettere in difficoltà Fli e Udc. E soprattutto un modo per blindarsi rispetto a quella che da sempre chiama la «persecuzione giudiziaria». Perché se la Corte costituzionale, proprio il prossimo 14 dicembre, dovesse confermare la costituzionalità del legittimo impedimento, lui continuerebbe a usufruirne. Quella norma, infatti, vale fino ad ottobre 2011 per il presidente del consiglio e per i ministri. Non solo. Poiché il Cavaliere considera Gianni Letta e Angelino Alfano gli unici affidabili per la realizzazione di questo quadro, conquisterebbe una serie di benefici: contare su un premier «leale», su una presenza costante e «dominante» in consiglio dei ministri, sulla possibilità di continuare a mantenere tutti i contatti con le cancellerie straniere. Soprattutto verrebbero lasciate inalterate le sue chance di una ricandidatura alle elezioni del 2013 e alla corsa per la successione al Quirinale.
A quel punto, raccontano le “colombe” che hanno indotto il presidente del consiglio a valutare questa possibilità, «per Fini e Casini sarà davvero difficile sottrarsi. E per Napolitano impossibile non accogliere la nuova maggioranza e il nuovo equilibrio». Al momento, però, si tratta solo una “extrema ratio”. Che il premier prenderà in considerazione solo a partire dal 15 dicembre. Anche perché non tutti, nel centrodestra, potrebbero gradire il “rilancio” berlusconiano”. Ad Arcore, in questo fine settimana, hanno infatti fatto notare che in uno scenario del genere, la Lega potrebbe puntare le sue fiches su un altro “vice-Cavaliere”: ossia su Giulio Tremonti. Il ministro dell´Economia, da sempre vicino al Carroccio, e considerato con le competenze migliori per affrontare la crisi economica.
Per questo l´inquilino di Palazzo Chigi vuole tenere nascoste le sue carte. Tentare la prova di forza. Per poi scartare tutti se la situazione fosse senza via d´uscita. Ma senza rompere l´asse con Umberto Bossi.
La Repubblica 07.12.10