È un invito esplicito allo stalking, che è un reato ma anche una patologia. È un incitamento a molestare, che è un delitto punito dal codice ma anche un´ossessione.
Ieri il quotidiano Libero ha pubblicato le foto segnaletiche e gli indirizzi mail dei parlamentari di centrodestra che hanno deciso di non votare la fiducia a Berlusconi: «Scrivete ai traditori» è il titolone di prima pagina che suona come uno spasmo bilioso e come un ordine al plotone di esecuzione: “puntate!”. Di sicuro nella sollecitazione all´offesa persecutoria contro i traditori c´è il tradimento (ops), anzi il naufragio del giornalismo, ben oltre la faziosità che è legittima e può essere persino una risorsa, il capitale vivo dell´informazione.
Ed è un naufragio professionale confessato e certificato dallo stesso direttore Maurizio Belpietro che mette le mani avanti perché sa bene che sta usando, come scrive nelle prime righe, «la carta stampata come un manganello». E infatti arriva al “chi se ne frega” che del manganello è appunto lo storico, sodale camerata: «Dite quel che vi pare: a noi importa un fico secco». Ecco: chi se ne frega. Ieri lo ha detto anche Denis Verdini a proposito – nientemeno – del capo dello Stato. Evidentemente c´è un confine che è stato definitivamente superato, una soglia di non ritorno: il chi se ne frega è diventato una linea politica e una trincea. E non è inutile ricordare che “me ne frego” è stata la parola del violento. Seguirono i fatti.
Che cos´è questa prima pagina di Libero? Di sicuro non è più il mestiere di informare, non c´entrano nulla le notizie, i commenti e le opinioni che, per quanto fegatose ed espresse con linguaggio maleducato o smodato, sono comunque lecite e qualche volta necessarie. La polemica, l´azzardo e la provocazione intellettuale sono ricchezze che i maestri del giornalismo ci hanno insegnato a maneggiare, da Piovene a Montanelli, da Pannunzio ad Alfio Russo, da Fortebraccio ad Achille Campanile. Perché la critica, anche quando aspramente accende, turba e frastorna, è il sale dell´intelligenza, la molla della democrazia. Persino le bricconate, l´eccesso goliardico, la prosa vitale e sanguigna sono ancora tollerabili, benché fuori ordinanza, perché a volte è necessario ricorrere all´irriverenza. Se ne dissero di tutti i colori Montanelli e Malaparte. Furono spietate le dispute tra Sciascia e i comunisti. Vale anche nel giornalismo il detto popolare quanno ce vo´ ce vo´… Ma a Libero vogliono fare del male a quelli che non la pensano come loro, propongono la punizione collettiva, suggeriscono l´agguato, stanno cercando lo scontro fisico.
La prima pagina di ieri è infatti il tentativo di mettere in piedi una gogna. Le foto segnaletiche, la richiesta ai propri lettori di insultare via mail, la caccia al traditore, il wanted, il “prendeteli” non sono polemiche corrosive e provocatorie, ma sono materie da confidenti di polizia, da sbirraglia, da squadraccia nera o da volante rossa, sono i metodi del triangolo della morte, quegli stessi che ha denunziato nei suoi fortunati libri proprio Gianpaolo Pansa che, ahilui, su Libero ora scrive. È un traditore Gianpaolo Pansa? Ma va…
E però qui non si tratta nemmeno di contestare l´uso improprio del concetto di traditore. Secondo Fini e i finiani è Berlusconi che ha tradito le promesse fatte agli elettori e secondo Berlusconi sono invece quegli altri che hanno tradito. Ciascuno è libero di pensarla come gli pare anche se la parola traditori, che nella polemica accesa può comunque essere usata, non è in realtà né precisa né adatta. Sono traditori i socialisti che militano con Berlusconi, da Brunetta a Cicchitto a Sacconi? Cosa direbbe Nenni di loro? O sono traditori di Craxi i socialisti che militano nel centrosinistra? E l´ex comunista Sandro Bondi? Abbiamo scritto tante volte che spesso nel traditore si annida il futuro, Marx tradì Hegel, Cristo gli ebrei, Sacharov tradì Breznev… Fini sottrae a Berlusconi i classici valori della destra – toga, cattedra e caserma – e li riporta a casa: la toga dell´eroe Borsellino contro l´eroe Mangano, la cattedra di Gentile contro la Gelmini, la caserma dei carabinieri contro le ronde. E Fini difende l´Italia-nazione minacciata dall´eversione padana. Pensa di riprendersi il marchio orginario che l´altro ha tradito. E tradire viene da tradere che significa portare altrove. Come si vede in politica tutti possono essere accusati di tradimento. Da secoli il dibattito è aperto. Ma il punto non è questo.
In quelle foto segnaletiche, nell´incitamento alla lapidazione, nella voglia di colpire le singole persone c´è purtroppo di peggio. C´è il bruttissimo scivolone di un giornale verso i metodi della guerra civile. Più che alla Chiesa che vorrebbe ancora bruciare gli eretici, più che ai comunisti di un volta che li annientavano diffamandoli, più che alla mafia che li ammazza, Libero somiglia ai naufraghi di Salò e mentre picchia sui traditori scoperti avverte quelli coperti, minaccia gli incerti, ne colpisce 41 per educare tutti gli altri.
Ci pare infine di riconoscere in questa svolta selvaggia un trucco che conosciamo: temono di avere perso la partita e buttano in aria il tavolo, cercano la rissa dentro cui legittimare lo scacco. Ma attenzione: la malattia è contagiosa. È un metodo che ha assoluto bisogno dell´antagonista e evoca l´arditismo perché, come vuole il terzo principio della fisica, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
La Repubblica 05.12.10
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