La prima pagina del New York Times del 1° dicembre portava la stessa fotografia della prima pagina di Repubblica: quella che riprende lo scontro tra gli studenti di Bologna e la polizia. la foto a colori lascia intravedere del sangue sullo scudo di un poliziotto. Segno di una tensione non epidermica. In diversi Paesi europei questi mesi autunnali sono stati segnati da proteste e manifestazioni che hanno visto come protagonisti gli studenti. In Francia come in Grecia o in Spagna e in Inghilterra. L´Italia segue a ruota. In tutti i casi l´elemento centrale dei movimenti è stata la denuncia di riforme che minano alla radice il futuro vicino e remoto dei giovani. Lo minano in due sensi: perché mettono in discussione l´eguale opportunità di avere una formazione qualificata, riducendo con ciò le possibilità dei giovani di competere per un´occupazione che non sia un lavoro quale che sia per un misero salario; e perché mettono a repentaglio la solidarietà intergenerazionale (cosa che è già iniziata nel nostro Paese) con proposte di riforma della previdenza che penalizzeranno coloro che ne dovranno usufruire in futuro.
Queste politiche sono evidentemente indirizzate a colpire i giovani; ma, ed è importante osservarlo, non tutti allo stesso modo. Penalizzano la generalità dei giovani perché intaccano il sistema delle eguali opportunità e quello della solidarietà; una penalizzazione selettiva, dunque, e che crea le condizioni per una trasformazione in senso meno democratico della società di domani. Coloro che oggi riusciranno ad acquisire una migliore formazione saranno più avvantaggiati domani e quindi anche in minor bisogno di una previdenza pubblica. Sono allora due i piani dei tagli: da un lato smantellano lo stato sociale, dall´altro intaccano radicalmente le eguali opportunità. Circa il primo dei due piani, pare evidente che esso comincia in quei settori della società nei quali è più necessario l´impegno pubblico: per coloro che devono prepararsi alla vita e per coloro che non sono più nel ciclo produttivo. La difesa del legame giovani/anziani (che un´astuta regia cerca di recidere con l´argomento del “largo ai giovani”) è quindi cruciale. In Francia più che altrove gli studenti hanno dimostrato di comprendere la portata di questo legame aderendo in massa alle proteste contro la riforma delle pensioni.
L´altro piano dei tagli ha preso di mira un esito più direttamente antidemocratico: la riduzione delle eguali opportunità. E veniamo così alle disastrose politiche scolastiche che i governi, soprattutto quelli conservatori, stanno intraprendendo con più o meno accanimento e radicalità un po´ dovunque – ma l´Italia e la Gran Bretagna sono all´avanguardia. Nella migliore tradizione inglese, gli studenti della più prestigiosa università europea, Cambridge, stanno facendo circolare una petizione fra docenti e studenti di tutto il mondo per chiedere sostegno alla loro denuncia del provvedimento con il quale il governo inglese ha deciso aumenti ragguardevoli delle tasse di iscrizione e un taglio altrettanto ragguardevole dei finanziamenti alla formazione. Il gioco è ironico nella sua feroce ingiustizia: più soldi per iscriversi all´università con la prospettiva di ricevere meno servizi per la ricerca. Un´incongruenza che merita una petizione e che ha provocato anche molte manifestazioni in quasi tutte le università britanniche. Sono due le accuse mosse dagli studenti cantabrigensi. La prima (simile a quella che rivolgono gli studenti italiani al loro governo) è di voler privatizzare il sistema universitario e di servirsi proprio dei soldi degli studenti e delle loro famiglie per farlo! La seconda accusa è di avviare una trasformazione aziendalista dell´alta educazione (lo stesso sta succedendo da noi, come ha ben spiegato su questo giornale Carlo Galli), con la conseguenza di creare amministrazioni d´ateneo meno attente alle ragioni educative che a quelle di badget.
Un segno dei tempi in un´Europa sempre meno sicura di voler essere sociale. Un fatto che indica un mutamento molto esplicito di indirizzo generale poiché, come scrivono gli studenti di Cambridge, il governo persegue con sistematica determinazione una politica di diseguaglianza: rendendo l´accesso a questa grande università di élite regolato meno dal merito e più dalle possibilità economiche. La strada verso il privilegio è segnata. Sarebbe dunque miope pensare che le manifestazioni degli studenti siano un segno irrazionale di resistenza a riforme giuste perché fatte all´insegna della qualità e del rigore: a Cambridge non si può certo imputare di avere un sistema di reclutamento che incentiva baronie e genera sprechi senza produrre merito. Eppure a Cambridge come nelle università italiane la politica dei governi è la stessa: parla la lingua dei tagli alle eguali opportunità. Dietro alle argomentazioni altisonanti della ministra Gelmini, come dietro a quelle del suo collega britannico, si annida un´unica logica che il contesto locale non fa vedere bene (da noi le riforme cercano credibilità presentandosi come restauratrici del merito): legare i giovani al destino della classe sociale alla quale appartengono le loro famiglie, togliendo loro la possibilità di provare se stessi. Queste riforme non sono solo ingiuste; esse sono anche improvvide perché penalizzando all´origine chi ha meno possibilità economiche, questi paesi si privano della possibilità di avere una futura generazione di migliori. Non c´è scampo: ogni logica antiegualitaria nel campo dell´educazione è alla fine dei conti una logica che favorisce il privilegio. Essere per sorte venuti al mondo in una famiglia invece che in un´altra non dice nulla sulle proprie potenzialità. Il taglio sulle eguali opportunità educative è un taglio sul merito.
La Repubblica 03.12.10