Mentre monta la protesta degli studenti il governo va ancora sotto sulla riforma dell’università e non riesce a chiudere
Nell’autunno caldo di studenti e ricercatori prende piede la visita ai tetti della protesta.
E così, se la primogenitura spetta a Bersani e Di Pietro, ieri si sono affacciati prima il leader di Sinistra e libertà Nichi Vendola e poi un drappello futurista fra cui Granata e Della Vedova. Se il tetto della facoltà di architettura della Sapienza fosse la metafora dell’esistenza di una maggioranza alternativa, la maggioranza (al netto di Casini, che si astiene dal brivido dell’altitudine) ci sarebbe già. Saldata, pur se da angolature differenti, dai sit in degli universitari in lotta con vista su Montecitorio. Ma visto da Montecitorio, lo scenario è di là da venire e passa per la madre di tutte le date, il 14 dicembre.
Nel frattempo la maggioranza continua a non stare tanto bene.
E mentre l’Italia è attraversata da una mobilitazione studentesca destinata a crescere fino al giorno del voto finale (slittato a martedì), il ministro dell’istruzione continua a ballare la danza futurista che ancora ieri ha mandato sotto il governo. Al voto, un emendamento all’articolo 16 del disegno di legge sull’università (abilitazione scientifica nazionale) primo firmatario Fabio Granata.
Il testo dribbla la proibizione degli oneri aggiuntivi. Passa fra i boati dell’opposizione. È la quarta volta in tre giorni, la terza sulla riforma di Mariastella. Il ministro – che, in coppia con Angelino Alfano, sbaglia a votare e poi fa correggere – sbotta: finché Fli marca un differenza su cose di scarso rilievo è tecnica parlamentare, ma se venissero votati emendamenti che stravolgono il senso della riforma «mi troverei costretta a ritirarla».
Gelmini si riferisce, in particolare, alla parte del ddl che stabilisce le nuove norme di reclutamento di docenti e ricercatori. E avvisa i naviganti, a cui l’incasso della riforma universitaria – che nella vulgata della destra passa per essere antibaronale – interessa: non è il caso di tirare troppo la corda. Il ministro della giustizia minimizza: «Il meccanismo è questo: una o due volte al giorno bisogna far andare sotto il governo per dimostrare che Fli è indispensabile». Insomma, quella futurista sarebbe tutta ammuina per preparare il voto del 14 dicembre.
Va detto che Futuro e libertà ha incassato l’altro ieri le rassicurazioni del governo sui due emendamenti che ha sempre ritenuto centrali, quelli sul piano di assunzioni per gli associati (4.500 in tre anni, la metà di quelli previsti all’inizio) e sugli scatti di merito per il personale.
Rassicurazioni sulla carta, perché gli emendamenti verranno votati solo martedì, con l’articolo 25. Con una copertura finanziaria incerta, perché rimanda al fondo di finanziamento ordinario che serve per pagare gli stipendi per i docenti di ruolo e che dipende dalla legge di stabilità ancora in discussione al senato.
Ma certo i finiani non rinunceranno a far pesare il proprio voto. Granata ha già messo le mani avanti. Martedì verrà votata una norma contro la parentopoli dei concorsi. Il Miur fa sapere che sul testo tanto il governo quanto «la commissione hanno dato parere positivo». In proposito è tornato in campo un emendamento, in un primo tempo accantonato, dell’ Idv.
Prevede che ai concorsi non possano partecipare coloro che abbiano un grado di parentela, fino al terzo grado compreso, con professore della stessa università.
Granata fa sapere che questa formulazione gli piace più di quella del Pdl, «troppo fumosa».
La relatrice del provvedimento Paola Frassinelli prova a cercare una sintesi.
Il Pd, intanto, denuncia la melina futurista: «Più che una mazurka, il ballo della mattonella », dice a Europa Manuela Ghizzoni, capogruppo dem in commissione cultura. In aula Bersani rilancia: «Il ministro Gelmini ritiri questo provvedimento. Dopodiché sono pronto a discutere con lei e con Tremonti su come correggere alcune distorsioni di questa legge come trovare le risorse finanziarie».
da Europa Quotidiano 26.11.10