La grande crisi dell’economia europea, con i governi che annaspano per uscirne. E ora a chi tocca? Come i dieci piccoli indiani, già due dei paesi dell’Eurozona sono state vittime degli attacchi speculativi e, volenti o nolenti, hanno dovuto chiedere l’aiuto di Fmi e Ue. Dopo la Grecia è stata la volta dell’Irlanda e, ora, c’è già chi guarda al Portogallo e, più in là, fino alla Spagna.
Se anche la cifra esatta la si conoscerà solo a fine mese, quel che è certo è che l’aiuto internazionale accordato all’Irlanda nel fine settimana si aggirerà intorno ai 90 miliardi di euro. Nonostante siano ancora da mettere a punto i dettagli del pacchetto di aiuti che Ue e Fmi hanno annunciato, non c’è dubbio che la pillola sarà amara per Dublino così e come lo è stata per Atene. Tanto che i verdi sono tornati ieri a chiedere le elezioni. E il rischio che non sia finita qui, è ormai dietro l’angolo soprattutto alla luce della tiepida reazione dei mercati. Se infatti gli europei hanno appreso la lezione greca e hanno ridotto i tempi di reazione con un pronto aiuto all’Irlanda, i rischi per l’area euro non sono finiti. Infatti le inquietudini non solo riguardano il Portogallo ma stanno arrivando vicinissime ormai a lambire la Spagna. Con tutto quello che questo comporta, visto che il Pil di Madrid è ben più pesante di quello di tutti gli altri tre paesi messi assieme.
Eppure rispetto alla tergiversazioni primaverili, stavolta le cancellerie europee hanno risposto prontamente alla richiesta d’aiuto di Dublino grazie al meccanismo varato in primavera che vanta una dotazione totale, almeno sulla carta, di ben 750 miliardi di euro. Tuttavia, sono in molti tra gli analisti a credere che sarà proprio il Portogallo il prossimo paese a sollecitare un aiuto esterno pur non avendo conosciuto in questi anni alcuna bolla immobiliare, come invece la Spagna, o alcuna crisi del sistema bancario, come invece l’Irlanda.
A preoccupare è la fragilità del debito portoghese nonostante anche ieri il primo ministro Socrates abbia voluto rassicurare i mercati che Lisbona non ha bisogno di alcun aiuto: «Non c’è alcun rapporto tra il Portogallo e l’Irlanda». Da Lisbona si insiste sulle differenze tra i due paesi, ma i tassi di rendimento dei titoli di stato portoghesi a lungo termine restano molto alti: a quota 6,56% rispetto a 6,508% di venerdì sera. In sostanza, i mercati non sembrano convinti dell’intervento di salvataggio tanto che se l’euro chiude poco sopra quota 1,36 sul dollaro, le borse hanno virato già dalla mattinata su terreno negativo.
L’impressione è che se la pressione continuerà ad essere la stessa il Portogallo sarà costretto a breve a domandare un aiuto d’urgenza, tanto più che in Irlanda la situazione è tutt’altro che sotto controllo. Ieri la Commissione europea è dovuta intervenire per cercare di minimizzare i possibili contraccolpi nell’eurozona: «La situazione irlandese è ben diversa da quella di Spagna e Portogallo», ha spiegato il portavoce del commissario europeo agli affari economici e monetari Olli Rehn. Più variegata è la posizione della Commissione nei confronti delle misure che il governo di Dublino si appresta ad assumere a cominciare dal fatto che potrebbe essere inevitabile, nel prossimo futuro, un aumento delle tasse societarie alla luce del fatto che sono le più basse d’Europa. Tuttavia, questo come hanno spiegato fonti tedesche sarà uno dei temi di trattativa tra l’Ue e il governo di Dublino ma non il principale tema di discussione dei negoziati comunitari.
Non c’è dubbio, tuttavia che il governo irlandese sarà costretto a ricorrere alla leva fiscale.
A questo punto sarà decisivo per rassicurare i mercati l’esito dell’eurovertice del prossimo dicembre da cui si capirà quanto in fretta gli europei intendono procedere sulla strada delle riforme a cominciare da quelle del patto di stabilità. In una simile situazione, l’Italia si presenterà quantomeno con le armi spuntate visto che Berlusconi sarà reduce dal voto di fiducia in parlamento. Quale che sia l’esito.
da Europa Quotidiano 23.11.10