Tutto è cominciato con una messa solenne. E adesso si parla già di miracolo, “il ritorno di Prodi”. Il luogo dove “l’ex premier tornerà ufficialmente in campo con il Pd” è un un monastero medioevale tra la val di Chiana e la val d’Orcia, l’abbazia di Spineto, a Sarteano, provincia di Siena. Giorno fissato, giovedì 25 novembre. Il Professore sarà relatore del seminario organizzato da Dario Franceschini per i deputati del Partito democratico. Raduno ufficialmente a porte chiuse, in realtà i confini sia dei partecipanti – attesi anche vari senatori – che dei temi, saranno fluidi. ”Le proposte del Pd e l’iniziativa parlamentare” è il titolo onnicomprensivo scelto per un appuntamento che si dipana fino a venerdì 26. Romano Prodi il 25 novembre alle cinque del pomeriggio parlerà su ”La globalizzazione dopo la crisi”. Di nuovo tema professoralmente asettico.
In realtà la freddezza dei toni cerca di coprire i fuochi di speranza che stanno dietro la chiamata di Prodi. Non a caso la notizia, parlando di “ritorno”, è stata diffusa da Roma. Tutto parte da un viaggio di Prodi a Ferrara: 31 ottobre, domenica, si celebrano in Duomo i 50 anni di sacerdozio del vescovo Rabitti. Prima della lunga messa, Prodi fa un salto nello studio lì accanto di Franceschini. Chiacchiere molto amichevoli, ma molto decise sulla politica italiana. “Verresti…” lancia l’ex segretario Pd. L’altro ci pensa, poi qualche giorno dopo accetta.
Lontani i tempi dell’ira anti Veltroni dopo la caduta, le divisioni delle primarie quando Prodi appoggiò Bersani contro Franceschini, stimato ma – ahilui – vice di Veltroni. Nuova fase. Anche se a Bologna ancora ieri a pranzo l’ex presidente del Consiglio di ritorno da un convegno milanese delle Acli rideva: “L’applauso più grande l’ho avuto quando ho detto che non avrei parlato di Italia”. Prodi insiste: “Con la politica attiva ho chiuso. Ora giro per il mondo a insegnare, un lavoro bellissimo”.
La presenza del fondatore dell’Ulivo nel convento sarà comunque un messaggio forte. Di rilevanza politica. Anche se calibrato, dallo stesso Prodi e da chi l’ha invitato. “E’ un’occasione fuori dai temi della cronaca. – dice Dario Franceschini – Si parlerà di politica, ma non della politica quotidiana. Si cercheranno di approfondire temi di alto respiro e Prodi porta un contributo unico ad un ragionamento sulla situazione europea e mondiale”. “E di contributi così ne abbiamo molto bisogno, – chiosa David Sassoli, capogruppo Pd all’Europarlamento – oltre tutto in un passaggio storico che potrebbe segnare la fine del populismo berlusconiano”.
Nella due giorni del Pd ci saranno Giuliano Amato, professori, giornalisti. Chiuderà Pier Luigi Bersani. Non incontrerà Prodi, ma il fatto è di importanza relativa. L’ex presidente del Consiglio e della Commissione Ue, pur godendosela a fare il pensionato globe trotter, si muove ormai da grande battitore libero nel sistema politico italiano. Parla di “processo di transizione finito in un pantano”. Di “crisi culturale, morale e politica”.
I suoi sognano una strada verso il Quirinale, se nel 2013 il quadro politico sarà meno sfavorevole. “L’obiettivo è unire e non dividere” dice lui, dipingendo in toni drammatici la crisi “politica ed istituzionale”. Rilancia un concetto di Maritain e De Gasperi che da premier gli costò molti attacchi: “cristiano adulto”. “Un cristiano sostenuto dalla fede religiosa e dalla passione per gli uomini”. Invita a trovare “i punti di evoluzione, di cambiamento, di dialogo, a comprendere le ragioni del comportamento degli altri”. Citando Benigno Zaccagnini ammonisce: “Se siamo dentro la società e siamo capaci di rinnovarci, allora sì, possiamo influire sul comportamento della gente”.
“C’è oggi bisogno di richiami forti, per un nuovo impegno, – dice – per rinnovate fedeltà alla nostra ispirazione cristiana, per nuove responsabilità storiche. Magari per sperimentare nuovamente la contraddizione tra il nostro essere testimoni e il nostro essere responsabili. C’è bisogno di un richiamo, che non sempre arriva da chi lo dovrebbe inviare, di una nuova attenzione sul piano dei valori, sul piano della coerenza personale”. Chiama a ripartire: “Costruire una buona società è ancora possibile. Risvegliare la dignità in questo nostro paese è ancora possibile. Riportare l’Italia di fronte alle sue responsabilità morali e politiche è ancora possibile”.
La Repubblica 21.11.10