Un paese in cui aumentano le tempie grigie e si diventa madri da “primipare attempate”, dove il tasso di occupazione, già basso, appare in ulteriore riduzione, e dove i laureati impiegano non meno di tre anni per trovare un lavoro. Anche se, poi, la vita di tutti i giorni procede bene, se non altro perchè si può contare sulla crescita del gruzzolo in banca (90 miliardi di depositi in più) e sulla casa di proprietà (ne dispone il 74,3% degli abitanti). l’Italia statisticamente scolpita dall’Istat nel suo annuario 2010 è così: un paese ancora agiato (tanto che un italiano su due si dichiara soddisfatto della sua condizione economica) ma non molto friendly verso i giovani.
La fecondità ha subito un stop. I dati demografici, sulla base dei quali i residenti in Italia italiani sono 60 milioni 340mila 328 e uno su cinque ha più di 65 anni, dicono anche che per la prima volta dal 1995, anno in cui aveva ricominciato a crescere, il tasso di fecondità interrompe il ciclo crescente, attestandosi nel 2009 a 1,41 figli (1,42 nel 2008). All’interno dell’Unione europea a 27 Paesi(dati 2008), Irlanda e Francia sono in cima alla graduatoria con rispettivamente 2,1 e 2,0 figli per donna mentre l’Italia, pur posizionandosi nella parte bassa, è comunque sopra Germania (1,38) e Portogallo (1,37) e alcuni paesi dell’Est europeo (Polonia, Ungheria e Romania). Ma in Italia le donne diventano madri più tardi: 31,1 è l’età media al parto nel nostro Paese, il valore più alto dell’Ue27. Ci si sposa di meno, anche se si continua a preferire il rito religioso (62,5%); in compenso ci si lascia spesso: ogni 1000 matrimoni ci sono 286 separazioni e 178 divorzi. In un anno, tra il 2007 e il 2008, i divorzi (54.351) sono aumentati del 7%, mentre le separazioni (84.165) sono cresciute del 3,4%.
In generale le famiglie italiane risentono della crisi: tirando la cinghia, la spesa media mensile è ammontata a 2.442 euro, 43 euro in meno del 2008. Poichè tale dato, si legge
dati sui comportamenti degli italiani riservano anche qualche inattesa novità: per esempio, sono più di 12 milioni gli “internauti”, per la maggior parte concentrati nel Nord Ovest e, a sorpresa, nel Mezzogiorno, che batte Centro e Nord Est. A livello territoriale, si legge nel rapporto, si contano 3,6 milioni di utenti della rete nell’Italia nord-occidentale, pari al 29,7% del totale, 3,3 milioni nel Mezzogiorno (27,6%) e 2,7 milioni nell’Italia centrale (22,3%). Ultima ripartizione geografica per numero di amanti della rete è l’Italia del Nord Est, con 2,4 milioni di utenti internet, pari al 20,4%. Buone notizie anche dal mondo giovanile: in un quadro generale di scarsa propensione alla lettura da parte di papà e mamme, i teen ager divorano libri e il 71,3% dei ragazzini tra gli 11 e i 14 anni è da considerare un “lettore forte” (12 libri e più letti in un anno).
Intanto, però, flette l’occupazione: nel 2009 sono 23.025.000 gli occupati rilevati dall’Istat, in calo, per la prima volta dal 1995, di 380.000 unità rispetto all’anno precedente (-1,6%). Questo risultato é la sintesi di una riduzione marcata della componente italiana, controbilanciata dall’aumento di quella straniera (+147.000 unità), il cui ritmo di crescita é comunque inferiore rispetto agli anni precedenti. La quota di lavoratori stranieri sul totale degli occupati raggiunge l’8,2% (7,5% nel 2008). La flessione più marcata (-2%) riguarda gli uomini, ma anche le occupate risultano in calo (-1,1%), interrompendo un andamento sempre positivo negli ultimi dieci anni. Aumentano, poi, le persone in cerca di occupazione, sono infatti 1.945.000, 253.000 in più rispetto al 2008. Il tasso di disoccupazione sale al 7,8% dal 6,7%, quello di inattività al 37,6% dal 37% di un anno prima.
Lo scorso anno, inoltre, è aumentata per effetto della crisi anche la spesa per la protezione sociale: quasi 424 miliardi (il 93,5% della spesa totale per questa funzione) sono stati spesi dalle amministrazioni pubbliche, annota l’Istat e destinati per 402 miliardi alle prestazioni per i cittadini, il 4,3% in più dell’anno precedente, con un’incidenza sul pil del 26,5%, quasi due punti percentuali in più rispetto al 2008. Quasi due terzi di questa spesa peraltro, sono stati destinati alla previdenza: come ha sottolineato ieri il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, il grande tema di policy sarà ora come riqualificare la spesa per la protezione sociale «in modo da sostenere le famiglie numerose e l’occupabilità delle persone».
Il Sole 24 Ore 20.11.10