Fondi e burocrazia. Così muore l’università. I ricercatori italiani sono scesi di nuovo in piazza ieri aRoma per protestare contro il nuovo attacco del governo Berlusconi all’autonomia della scienza. Il ministro Gelmini ha infatti ha sottratto la gestione degli Enti pubblici di ricerca ai presidenti o ai direttori – in genere scienziati di chiara fama – per affidarla a direttori amministrativi, nominati senza vincolo dal ministro, che avranno l’ultima parola persino nella formulazione degli indirizzi scientifici degli Enti. Il rischio è che la ricerca italiana, già priva di risorse, sia gestita con un approccio burocratico e, insieme, politico. Sarebbe la sua fine. A proposito di risorse. Da qualche giorno il ministro Giulio Tremonti va sostenendo che, con i provvedimenti contenuti nella legge di stabilità in votazione al Parlamento, aumenterà gli investimenti per l’università nel 2011 di un miliardo di euro. Si tratta, né più e né meno, di una grossa bufala. Propinata con destrezza. Come infatti ha prontamente rilevato Walter Tocci, deputato del Pd ed esperto di politica della ricerca e dell’alta formazione, la verità è che il prossimo anno le università subiranno un taglio sostanzioso rispetto al 2010: di 276 milioni di euro. Non un miliardo in più, dunque,ma un altro quarto di miliardo in meno. Le cose stanno così. L’emendamento voluto da Tremonti alla legge di stabilità da lui stesso elaborata Contiene un contributo aggiuntivo per il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) dell’università di 800 milioni di euro (non di un miliardo, dunque). Nello stesso decreto emendato proposto alle Camere è previsto, tuttavia, un taglio, per così dire, ordinario di 126 milioni. Cosicché i soldi aggiuntivi a disposizione scendono a 674 milioni. Ma intanto il governo non rifinanzierà la legge con cui il governo Prodi aveva sostenuto l’Ffo (550 milioni di euro) e non reitererà l’una tantum di 400 milioni ottenuti lo scorso anno col rientro dei capitali dall’estero. In pratica, con un “sforbiciata alla chetichella” le università perderanno 950 milioni che aveva lo scorso anno. Mentre otterranno 674 milioni con l’emendamento Tremonti. Risultato: un taglio secco rispetto al già magrissimo 2010 di 276 milioni. Per questo Tremonti chiede e, probabilmente, otterrà di essere ringraziato. Avremo così, in questa sempre più incredibile Italia di fine regime, quello che Walter Tocci ha chiamato un “taglio con l’applauso”. Il guaio è che ad applaudire non ci sono stati solo i media più distratti. Ma anche molti docenti e qualche rettore. Forse nella speranza (nell’illusione) che applaudendo con forza il manovratore qualcuno riesca a salvarsi individualmente dalla “sforbiciata con destrezza”.
L’Unità 18.11.10