attualità, scuola | formazione, università | ricerca

"La generazione 2.0 vive anche in piazza", di Fabrizia Bagozzi

Non era il davvero troppo facile Bunga Bunga (presente ma tutto sommato in modica quantità), ma futuro il termine più citato ieri dai 200mila studenti medi e universitari che hanno manifestato ieri in tutta Italia. E che il ministro dell’istruzione Gelmini ha liquidato come mantenitori dello status quo che «ripropongono vecchi slogan». Il variegato plotone in età scolare che ha popolato per un giorno le piazze italiane (e, al netto degli estremismi dei soliti quattro gatti che cercano di monopolizzare l’attenzione, in modo pacifico) chiedeva non già investimento nella scuola pubblica – parolaccia – ma almeno non disinvestimento, un minimo di garanzie di formazione, opportunità e merito. Tromboni immobilisti. E per di più (il copyright è del ministro della gioventù Meloni) manipolati da «sindacati, baroni e partiti».
Se tutto questo è un déjà vu – mai comunque più del grembiulino e del cinque in condotta – forse è solo perché roba che risale al paleozoico è ancora lì, irrisolta. A dispetto delle famose “tre i” berlusconiane (ricordate? Quella sì sembra un’altra era geologica), inglese internet, impresa.
Loro, i duecentomila tromboni immobilisti manipolati l’hanno buttata sul concreto, come da tratto generazionale. Concedendosi qualche parolaccia, un po’ di situazionismo, una dose omeopatica di antipolitica e quella retorica del futuro che, data l’età e lo stato dell’arte, quasi non sembra tale.
E hanno dato vita a una mobilitazione che è partita da un’occasione istituzionale – la giornata mondiale del diritto allo studio – e si è giocata tutta fra piazza reale e piazza virtuale, in un rimbalzo continuo e in diretta fra strada, radio studentesche, web e social network. Con visibilità massima nei luoghi di socializzazione della generazione 2.0. E con forme di protesta che hanno tenuto insieme il vecchio e il nuovo. Di rigore il corteo, il sit in, il concerto, qualcuno si è poi inventato una rappresentazione teatrale (Pane e Divina Commedia, in polemica con lo slogan tremontiano la cultura non si mangia a Messina), qualcun altro una Camminata dei diritti (da Pesaro a Urbino). Ad Avellino c’era chi consegnava mele davanti alle scuole (con cartelli Siamo alla frutta). A Napoli chi ripuliva le piazze all’insegna dello slogan Riprendiamoci la città.
Duecentomila giovani di cui certo molti di sinistra ma anche tanti di destra. Oltre ai tanti, tantissimi che non saprebbero o comunque non vorrebbero definire un’appartenza, ma invece scelgono di marcare pubblicamente bisogni esigenze, obiettivi. Vincendo – a modo loro e non c’è dubbio che non sia l’unico – la rassegnazione a cui ti spinge quasi inerzialmente la constatazione che le cose non cambiano e se cambiano richiano di peggiorare. E che ti porta a cercare, quando ne hai la possibilità, scorciatoie facili. A seguire la logica del privilegio che per definizione riguarda pochi.
Dalle piazze di ieri è arrivato un segnale – magari parziale – di vitalità della generazione 2.0 che definire vecchio, questo sì, è ideologico.
E anche un tantino trombone.

da Europa Quotidiano 18.11.10

******

200mila giovani in piazza. Per Gelmini sono «vecchi»
Gli studenti in tutto il Paese hanno gridato i loro no alla riforma che uccide la scuola pubblica”, di Gioia Salvatori

«Governo precario, generazione precaria: vediamo chi cade», «Gelmini e Tremonti appesi a un filo, lasciamoli cadere» recita uno striscione dei collettivi link all’ateneo di Bari. La sfida degli studenti all’esecutivo ieri è stata uguale a cento piazze: quelle in cui, in occasione della giornata mondiale per il diritto allo studio, medi e universitari hanno manifestato contro il ddl Gelmini e non solo. Cavalcando la crisi di governo. Non a caso a Roma, dove i cortei sono stati tre, un gruppo di studenti ha superato i confini del percorso autorizzato per finire sotto le finestre di Camera e Senato e urlare alla maggioranza parlamentare e al governo che è ora di «Dimissioni». «È solo l’inizio, non ci fermeremo qui», dicono i manifestanti scesi in piazza con Rds (Rete degli studenti), Link, UdS e UdU, per nulla fiaccati da un mese di mobilitazioni, occupazioni e cortei. Ieri hanno rilanciato manifestando in 200mila in tutta Italia con cortei a Milano, Palermo, Bologna, Napoli, Venezia, Firenze, Ancona. Non solo sfilate ma anche nuove occupazioni: a Torino è stata la volta della facoltà di matematica con l’occupazione di palazzo Campana,uno dei luoghi simbolo del ’68; nel capoluogo torinese i cortei sono stati due e gli studenti medi hanno anche occupato per un paio d’ore i binari a Torino Porta Nuova. Aroma continuano le occupazioni di quattro storici licei del centro (tra cui Virgilio e Manara), a Catania universitari, studenti e precari della scuola hanno occupato l’ex monastero dei benedettini che ospita Lettere e Lingue. A Trieste corteo e festa: le occupazioni hanno convinto la Provincia a stanziare fondi per l’edilizia scolastica. A Pisa occupato il polo Carmignani, in pieno centro città. A galvanizzare la protesta il rischio chiusura di una mensa universitaria visto il buco di bilancio di 11 milioni nelle previsioni 2011 dell’azienda regionale per il diritto allo studio della Toscana. Sempre a Pisa ieri una ragazza è rimasta contusa durante una carica di alleggerimento contro un gruppo di studenti medi che tentava di oltrepassare i confini del corteo autorizzato per manifestare sotto confindustria. Alla fine sono state uova contro le banche, così come a Milano dove è stata danneggiata una sede della Fideuram. A Milano gli studenti si sono recati anche in via Imbonati in solidarietà ai tre immigrati in protesta alla ex Carlo Erba contro la sanatoria truffa. Nessuno scontro a Roma dove parte degli universitari ha lasciato il corteo principale per finire sotto Montecitorio e un gruppo di liceali delle scuole occupate del centro storico ha bloccato il lungotevere con flash mob e corteo non autorizzato. «Solo vecchi slogan», ha detto Gelmini agli studenti, che hanno replicato definendo «accanimento terapeutico » che il ministro dell’Istruzione dopo tutte le proteste ancora non si dimetta. Le parti degli studenti sono state prese da Pd, IdV, Sel. Altre manifestazioni ci saranno nei prossimi giorni.

L’Unità 18.11.10

******

La rabbia degli studenti: sfilano in 200mila. La Gelmini: “Ho ascoltato vecchi slogan di chi non accetta il cambiamento”, di Corrado Zunino

Settanta cortei. Binari occupati a Torino, rotte le vetrine di una banca a Milano. In duecentomila si sono presi settanta tra città e paesi, perché la protesta degli studenti è già tracimata in provincia. “Riprendiamoci il futuro”, era per tutti il coro-manifesto. Solo a Roma tre cortei separati poi confluiti in piazza Venezia. Almeno ventimila ragazzi a Torino, dove in serata una folla ha occupato la facoltà di matematica dell´università, il luogo dove nacque il ´68 cittadino. Undici sfilate di protesta in Puglia, tre lungo le strade di Gravina, Altamura, Monopoli, agglomerati di Bari. Dieci cortei in Sicilia, anche a Patti e Vittoria. Manifestazioni a Oristano e Siniscola in Sardegna, a Imperia, Udine e Cesena, ad Asti, Biella, Verbania. A Palermo gli “studenti indisponibili” ispirandosi alla Pantera dei tardi Ottanta hanno formato un coordinamento «senza bandiere di partito». A Bari hanno distribuito banconote con la faccia del ministro Gelmini (gli otto miliardi di tagli in tre anni) e recitato poesie: «Conoscenza contro la violenza». Per esserci, ad Ancona, cinque studenti di Urbino sono partiti cinque giorni prima: cento chilometri a piedi. Allo storico VII Circolo Montessori di Roma i docenti hanno realizzato un asino alto quattro metri riciclando 4.000 bottiglie di plastica: «A forza di tagli trasformeremo i nostri bambini in somari». E a L´Aquila in mille sono arrivati sotto le finestre della Regione dopo aver attraversato – era la prima volta – le strade più importanti della città ferita: “Eppur ci siamo”, diceva lo striscione.
Duecentomila studenti italiani in piazza nella giornata mondiale del diritto allo studio. Hanno tentato di ricollegarsi alle proteste parigine e londinesi, addirittura al dibattito delle associazioni africane e latino-americane. Alle nostre latitudini – e l´Italia da due anni è il centro mondiale della protesta scolastica – tra i settanta cortei (quaranta al Sud) ci sono stati momenti di tensione: ad Ancona e Pisa, a Torino dove hanno occupato i binari della stazione di Porta Nuova, a Palermo con un lancio di uova su un´agenzia del Banco di Sicilia e soprattutto a Milano, dove un gruppo di incappucciati ha sfondato la vetrina di una banca. «Danni per 150mila euro», ha denunciato il vicesindaco Riccardo De Corato mettendo nel conto saracinesche imbrattate e straordinari del reparto celere. Molte aree sono rimaste a disposizione il pomeriggio: piazza Navona a Roma per la Cgil. Diversi i concerti – Roma, Napoli, Salerno, Caserta, Ragusa – i reading letterari, le lezioni all´aperto dei “prof” solidali.
Le manifestazioni anti-Gelmini degli ultimi tre mesi si stanno trasformando in una nuova ondata di occupazioni: ieri è toccato a due facoltà di Catania, Lettere e Lingue, quindi Pisa, un paio di licei romani, Palazzo Campana a Torino e la Statale di Milano. Genova, Trieste e tutta la Toscana hanno decine di istituti in assemblea permanente. Gli studenti medi e universitari, dopo gli incontri con la Fiom e i comitati per l´acqua pubblica, ieri hanno accettato di farsi affiancare da Amnesty international, Legambiente, dai comitati precari. Sono convinti di portare la loro ribellione nella società e, contemporaneamente, chiedono trasporti accessibili: un biglietto unico da 18 euro in tutta la Campania per i fuori sede delle università.
«Ho ascoltato vecchi slogan di chi non accetta il cambiamento», ha liquidato il tutto Mariastella Gelmini, ministro dell´Istruzione che dalla prossima settimana dovrà affrontare lo scivoloso decreto di riforma universitaria. Oggi si torna alla commissione Bilancio della Camera: Tremonti ha promesso un miliardo (per ricercatori e borse di studio), ma per ora la copertura non c´è. La prossima settimana riparte la discussione: l´Udc potrebbe votare con Pdl e Lega, i finiani restano all´opposizione. “Governo precario, generazione precaria: vediamo chi casca”, dice l´ultimo striscione

La Repubblica 18.11.10

******

In 200 mila contro la riforma La Gelmini: «Slogan vecchi»
Cortei di studenti in 100 città. Torino, occupati i binari

Il 17 novembre è da sempre una data simbolica per i movimenti studenteschi. Proprio quel giorno, nel 1973, i carri armati presero a cannonate il Politecnico di Atene per soffocare la rivolta contro la dittatura militare, mentre nel 1989, a Praga, la carica della polizia sugli studenti in piazza san Venceslao segnò l’inizio alla rivoluzione di velluto. Anche per questo il 17 novembre è diventata la giornata internazionale di mobilitazione per il diritto allo studio che ieri, in Italia, ha portato in piazza 200 mila fra studenti, ricercatori e precari. Più di 100 città sono state attraversate dai cortei nello stesso giorno dello sciopero proclamato dalla Flc Cgil per l’intero settore della conoscenza, dagli asili agli enti di ricerca. Manifestazioni e sciopero si aggiungono alle occupazioni che in questi giorni si moltiplicano da Nord a Sud, sempre con lo stesso obiettivo: dire ancora una volta no alle riforme fatte in questi due anni e mezzo nella scuola e soprattutto basta con la politica dei tagli seguita dal governo.

Milano

Come già in passato il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini sceglie di minimizzare: mentre vengono diffusi i dati ufficiali sull’adesione allo sciopero, 3,8%, lei dice che «vengono riproposti i vecchi slogan di chi vuole mantenere lo status quo, di chi è aprioristicamente contro qualsiasi cambiamento». Parole alle quali risponde Francesca Puglisi, responsabile scuola Pd: «Di vecchio c’è solo la sua idea di scuola dei grembiulini e 5 in condotta, gli edifici non a norma e le aule senza tecnologie». La protesta è stata promossa da diverse organizzazioni, dalla Rete degli studenti all’Unione degli universitari, dal Link alla Federazione degli studenti, passando per i Giovani democratici. Quasi sempre sigle vicine alla sinistra, è vero, ma sarebbe riduttivo considerare quella di ieri una protesta soltanto politica o generazionale. Il disagio nelle scuole e nelle università c’è e si è visto ancora una volta. I cortei sono stati tranquilli e pacifici. Momenti di tensione a Milano, dove la vetrina di una banca in corso di Porta Romana è stata presa a colpi di mazza, e a Pisa dove i manifestanti hanno provato a forzare il blocco per raggiungere la sede di Confindustria, con una carica degli agenti che ha fatto due feriti. A Torino gli studenti hanno occupato i binari della stazione di Porta Nuova e Palazzo Campana, storica sede universitaria dove cominciò il movimento del ’68. Qualcuno ha studiato iniziative ad effetto, come nelle Marche dove gli universitari della Carlo Bo sono andati a piedi da Urbino ad Ancona, una scarpinata di 100 chilometri durata cinque giorni. Gli studenti napoletani hanno lavorato di fantasia con lo slogan «Noi non pagheremo i bunga bunga del governo», mentre la Flc Cgil ha chiuso la giornata a Roma con un dibattito a più voci in piazza Navona, dove sono stati proiettati alcuni brani del film «La scuola è finita».

Non è la prima protesta di questo caldo autunno studentesco, e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima. La prossima settimana arriva in Aula alla Camera un’altra riforma Gelmini, quella dell’università, nonostante la crisi politica e i problemi di copertura finanziaria che l’avevano fermata un mese fa. Gli studenti e ricercatori che hanno manifestato ieri non hanno ancora trovato un nome comune, come fu con l’Onda e con la Pantera. Ma è probabile che scenderanno di nuovo in piazza.

Il Corriere della Sera 18.11.10