Dunque, come preannunciato, il nuovo capo della Protezione civile è Franco Gabrielli, carriera in polizia, già direttore del Servizio segreto civile. Si chiude così l’era Bertolaso: dieci anni costellati dalla continua espansione degli interventi di Protezione civile. Il nuovo capo ha le capacità e, si spera, l’appoggio politico per normalizzare l’attività dell’istituzione.
Però il nuovo capo dovrà anche avere la sensibilità di allontanare la Protezione civile dal delicato campo del controllo dell’ordine pubblico. Pochi sanno che dal 2003 esiste l’emergenza del terrorismo internazionale, dichiarata dal Governo in maniera illegittima, perché senza i limiti temporali e territoriali imposti dalla legge. Il capo della Protezione civile qui gode di inusitati poteri: può ottenere dalle società di trasporto (aereo, navale, ferroviario, stradale) l’elenco dei passeggeri; e può creare un proprio archivio di informazioni, che ogni altra autorità statale (forze di polizia, esercito, servizi) è tenuta a fornirgli. E’, questo, un esempio di competenze in materia di pubblica sicurezza affidate alla Protezione civile, saltando i ministeri interessati (Interno, Difesa). Per altre emergenze la Protezione civile può monitorare il territorio con «sistemi elettro-ottici di visione e ripresa».
Con l’andare del tempo le regole per gli interventi di emergenza hanno delineato un sistema di difesa civile, fortemente gerarchizzato, guidato dal capo della Protezione civile, e soggetto soltanto alle direttive del presidente del Consiglio. Durante le emergenze il capo della Protezione civile, installato in una centrale operativa creata due anni or sono, coordina e dirige anche le varie forze di polizia e l’esercito. I commissari di protezione civile hanno già guidato la polizia nello sgombero di un campo rom, a Roma, e nella crisi dei rifiuti in Campania. E le emergenze comprendono le difficoltà del traffico urbano, il contrasto all’immigrazione clandestina, la gestione dei campi nomadi, il controllo di eventi con grande afflusso di persone (sino ad oggi di tipo religioso o istituzionale, ma domani, chissà, potrebbero rientrarvi manifestazioni politiche o sindacali, sempre per il superiore interesse della salvaguardia dell’incolumità personale e dei beni!). Tutto sfugge a controlli del Governo e degli altri ministri, del Capo dello Stato, del Parlamento: le ordinanze del premier (in spregio all’art. 77 della Costituzione) hanno sostituito il ricorso ai decreti legge. Si aggiunga che talvolta gli interventi di Protezione civile sono pure coperti dal regime di segretezza, per la tutela della sicurezza dello Stato (ad esempio è avvenuto per i lavori del G8 a La Maddalena ed a L’Aquila).
L’ex capo del Sisde, ora al timone della Protezione civile, potrà agire in modo da fugare i timori che quella istituzione sia in grado di operare come «polizia personale» del presidente del Consiglio. Oppure potrà dimostrare che questi timori non sono infondati, ed allora spetterà alla politica intervenire senza esitazioni.
*professore di diritto privato e commerciale alla facoltà di Economia e Commercio di Torino e autore del libro «Emergenza Protezione Civile e democrazia»
La Stampa 16.11.10