La questione è semplice: cosa pensereste di un ente di ricerca trasformato in ministero? In una sorta di modello Rai? Cosa direste del fatto che le risorse di un progetto scientifico acquisite in una gara europea debbano essere approvate, non dal direttore scientifico, ma dall’amministrativo fiduciario del ministro?
La chiamano (e lo teorizzano nel marketing politico che accompagna questa vergognosa manovra) scelta di “governance duale”; e ne glorificano le qualità parlando di cultura manageriale, d’efficienza nella gestione dei flussi di risorse, insomma un fondamentale problema di management. Da risolvere con la burocrazia ministeriale: una zavorra che potrebbe far affondare definitivamente il sistema˘nazionale
della˘conoscenza.
Obiettivo di questa operazione è la volontà di controllo e d’influenza che la politica vuole prepotentemente avere sulla gestione e sull’autonomia degli Enti Pubblici di Ricerca. E su questo è bene essere chiari: non si sta contestando il sacrosanto diritto della politica di assumersi le scelte d’indirizzo strategico riguardanti lo sviluppo del Paese (esistono consolidati strumenti per questo, quali il Piano Nazionale della Ricerca).
Si contesta invece che per metodo si debba sottomettere a dei burocrati l’organizzazione e lo sviluppo delle attività di ricerca. Per questa via sarà più semplice probabilmente approntare ulteriori gravissimi tagli al settore, come quelli che già si paventano nei piani finanziari del prossimo anno (deflussi di risorse, altro che flussi).
La questione, tragicamente ironica, è che questa manovra avvenga attraverso lo strumento legislativo che avrebbe dovuto concedere la piena autonomia agli Epr, applicando uno dei principi della Costituzione Repubblicana: quello dell’autonomia statutaria (art. 33).
Nessun ministro, nessun governo aveva mai pensato di poter ridurre gli enti di ricerca pubblici a dei dipartimenti ministeriali; nessuno aveva mai ritenuto di approntare così sfrontatamente una matrice burocratico-amministrativa per la ricerca pubblica. La ricerca al servizio dell’amministrazione piuttosto che viceversa.
Inquietante è il silenzio e l’indifferenza che i media e i commentatori di questioni collegate alla ricerca e all’economia dedicano a questo sopruso. Un sopruso che si consuma essenzialmente a danno delle possibilità di rilancio del Paese. Spaventoso è però anche l’assordante silenzio degli operatori del settore: gli scienziati, i ricercatori, il personale tutto degli enti di ricerca. È per mettere fine a questo silenzio che il prossimo 17 novembre si incontreranno davanti alla sede centrale del Cnr molti scienziati e ricercatori degli Epr e delle Università, e chiameranno a raccolta la società tutta, a cui
deve interessare il futuro della ricerca che è parte essenziale del futuro del Paese.
*CNR Osservatorio sulla ricerca
L’Unità 14.11.10
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