Se non vi saranno novità, dal prossimo gennaio gli italiani non potranno più contare sul credito d’imposta del 55% per le ristrutturazioni di appartamenti e condomìni a fini di miglioramento energetico. Il centrodestra aveva promesso il rinnovo dell’incentivo, introdotto 4 anni fa dal governo Prodi.
E nei giorni scorsi circolava l’ipotesi che la proroga venisse inserita nel maxiemendamento alla Finanziaria: così non è stato, e ormai siamo decisamente in “zona-Cesarini”. Questa scelta, o non-scelta, è al tempo stesso stupefacente e comprensibilissima.
Da una parte, questo governo e questa maggioranza hanno sempre guardato all’ambiente come ad un optional, tanto più irrilevante in tempi di crisi economica. Per loro, come disse qualche mese fa Berlusconi, «occuparsi d’ambiente quando c’è la recessione è come andare dal parrucchiere con la polmonite». Così, di Finanziaria in Finanziaria, sono stati più che dimezzati i fondi per i parchi, per la lotta al dissesto idrogeologico, per la difesa della biodiversità. E però, la decisione di far morire gli eco-incentivi alle ristrutturazioni delle case è ancora un passo oltre questa idea generale così arretrata delle politiche ambientali: è una decisione incredibile, quasi surreale. Il 55% è la dimostrazione palmare di come un incentivo fiscale intelligente possa far bene al tempo stesso all’ambiente, all’economia, persino alle casse dello stato. In quattro anni è stato utilizzato per 843mila interventi – coibentazioni, doppi vetri, caldaie ad alto rendimento, infissi a tenuta, sistemi di gestione elettronica degli impianti di riscaldamento e climatizzazione –, per un fatturato superiore agli 11 miliardi, un effetto occupazionale pari ad almeno 150mila posti di lavoro, un risparmio energetico di 4.500 Gw. Inoltre, queste decine di migliaia di piccoli cantieri hanno rappresentato un grande volano per migliaia di aziende artigianali e di piccole imprese, in particolare in settori ad alta innovazione (domotica, fonti rinnovabili, nuovi materiali).
Tutti gli osservatori e gli addetti ai lavori hanno più volte sottolineato l’utilità degli eco-incentivi anche dal punto di vista delle casse dello stato, visto che senza credito d’imposta la gran parte degli interventi non si sarebbe realizzata o sarebbe avvenuta in nero, e dunque il fisco avrebbe perso il relativo gettito Iva e Irpef. Oltretutto, è da osservare che mentre la deduzione fiscale per i contribuenti è spalmata su 5 anni, le entrate Iva e Irpef per lo stato sono immediate.
Per sostenere queste ottime ragioni, l’associazione degli Ecologisti democratici insieme al Pd promuoverà fino a domenica più di cento iniziative in altrettante città, per chiedere che il governo torni sui suoi passi e decida, sia pure in extremis, il rifinanziamento degli eco-incentivi. Sarebbe un’autentica follia se l’Italia, mentre fatica più di tutti a riavviare dinamiche di sviluppo, rinunciasse per la cecità della destra a questa misura virtuosa che è utilissima all’ambiente, all’economia ed indispensabile anche per raggiungere gli obiettivi assegnatici dall’Europa nel campo della lotta ai cambiamenti climatici.
Abbiamo scelto per queste giornate un titolo – “Non si interrompe una rivoluzione” – che ci pare renda bene l’idea: proprio la crisi economica sta convincendo il mondo a camminare con più vigore verso l’economia sostenibile, l’Italia non può e non deve muoversi contromano
da Europa Quotidiano12.1.10