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Bersani chiede coerenza al leader Fli: «Crisi conclamata, risposta illusoria», di Simone Collini

Sulla manifestazione dell’11 dicembre convoca i big del Pd: «Se ne discuta subito». «Irresponsabile gioco del cerino, mentre il Paese va allo sbando». Bersani convoca il Coordinamento del Pd. Per l’11 dicembre i Democratici pensano a un corteo che arrivi poi a riempire San Giovanni. I veltroniani: «Attenzione, il discorso di Fini è stato il Lingotto del centrodestra».
«Crisi conclamata, risposta illusoria». A Bersani bastano quattro parole per commentare il lungo intervento di Fini. Il leader del Pd giudica «non sufficienti» le mosse del presidente della Camera, se è vero che c’è (Fini dixit) «un governo che non governa». Per Bersani ora Fini deve mostrare «coerenza», e sia lui che Berlusconi devono smetterla con lo «stucchevole e irresponsabile gioco del cerino». Anche perché «a furia di passarselo il cerino si sta spegnendo, mentre il Paese va allo sbando».
Il segretario del Pd sta già lavorando alla preparazione della manifestazione dell’11 dicembre, che stando alle ambizioni dovrebbe prevedere un corteo che arrivi poi a riempire Piazza San Giovanni. Lo sforzo organizzativo sarà tutto sulle spalle del Pd, visto che la Cgil ha già fatto sapere che darà fondo a ogni risorsa per dar vita a una manifestazione imponente, il 27 novembre, e che altre forze del centrosinistra, a partire da Sel di Vendola, hanno già annunciato che non aderiranno. Bersani è però convinto che la risposta alla chiamata in piazza «la manifestazione è aperta a tutti quelli che hanno a cuore le sorti del Paese», è il messaggio sarà all’altezza della situazione. L’importante è però che anche dai vertici del partito venga una risposta univoca.
CONVOCATI TUTTI I BIG
Per questo il leader del Pd ha convocato per mercoledì il Coordinamento del partito, cioè l’organismo ristretto di cui fanno parte tutti i big. Bersani vuole che eventuali perplessità, così come ogni tipo di proposta, vengano messe sul piatto subito, per essere discusse, accolte, risolte, nella sede opportuna. Se ha già sciolto il primo nodo sollevato da Veltroni la manifestazione avanzi proposte e non solo proteste, ha detto l’ex segretario e Bersani ha già chiarito che si parlerà di «democrazia, lavoro e solidarietà» ora diversi esponenti di Movimento democratico vicini a Veltroni (da Tonini a Verini a Ceccanti) evidenziano un’altra questione: il rischio che se il Pd ora non insiste maggiormente sul profilo riformista e sui temi legati all’innovazione, Fini incassi consensi in quegli stessi bacini elettorali che si erano mostrati interessati alla nascita del Pd. «Il discorso di Fini è stato il Lingotto del centrodestra italiano», dice Tonini giudicando «un paradosso amaro» se la vocazione maggioritaria, il riformismo programmatico e l’innovazione della forma partito «davanti agli occhi degli elettori» fossero «abbandonati» dal Pd e «raccolti» da Fli.
Un discorso che non convince Bersani, che la prossima settimana presenterà le proposte del Pd su lavoro, fisco e patto di stabilità a sindacati, Confindustria, Rete imprese Italia. Per non parlare del fatto che Fini, secondo il segretario del Pd, si sta muovendo con «tatticismi» a questo punto non più sostenibili. Dice parlando alla trasmissione televisiva “In mezzora”, subito dopo l’intervento di Fini: «Oggi ha fatto un passo in avanti, piuttosto lungo, ha riconosciuto che il berlusconismo si sta spegnendo. È stato un passo ulteriore verso l’evidenza di una crisi politica. Ma siamo ai tatticismi, anche se si sta accelerando la dinamica della crisi».
Ma perché la crisi si apra formalmente serve un voto in Parlamento. Bersani sa bene che le forze dell’opposizione non sono sufficienti per raggiungere il risultato. E sa anche che una mozione di sfiducia targata centrosinistra, su cui spinge il leader dell’Idv Di Pietro, rischia di compattare il centrodestra e trasformarsi in un boomerang. L’operazione potrebbe però anche scattare, se lo scaricabarile tra i due fondatori del Pdl dovesse continuare, per «stanare» Fini. Non subito però. Tra due settimane ci saranno alla Camera alcuni passaggi che potrebbero portare il governo in minoranza e far scattare la crisi. Sono infatti calendarizzate per il 22 sia la proposta di legge del Pd di riforma fiscale (sull’aumento della tassazione delle rendite da capitale si sono detti favorevoli sia Casini che Fini) che la proposta di legge di Fli sulla Rai, il pluralismo e la libertà d’informazione.

L’Unità 18.11.10

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“Pd, una «Carta» da Firenze. Renzi: risorsa, non pericolo”, di Maria Zegarelli

No, per cortesia non dite che ieri a Firenze sono nati due leader. «Non lo dite, perché la parola leader porta una sfiga bestiale…». Matteo Renzi la chiude così questa terza giornata alla Leopolda, «Prossima fermata Italia», un evento che – piaccia o no- è andato ben oltre ogni più rosea aspettativa di partecipazione. Il bilancio, dice insieme a Pippo Civati, «è straordinario»: 6800 persone registrate, oltre 800 interventi, altrettante parole -idee -proposte per il partito democratico, la «ditta» di Pier Luigi Bersani per la quale, dice Renzi, ci vuole attenzione, per «non farla fallire». Ovazione per il primo cittadino, bagno di folla e migliaia di mani che
stringono le sue: «Grazie Matteo». Applausometro alle stelle per Civati, per Michele Emiliano (che dice, «ho supplicato Bersani di essere qui»): per Ivan Scalfarotto, che ha fatto la stessa cosa, «con un sms accorato anche ieri sera, ma non ho ricevuto risposta». Che incassa anche lui un’ovazione quando esordisce con «sono qui a casa come lo ero aRomaall’Assemblea dei circoli, orgoglioso di essere vicepresidente di questo partito, l’unico capace di organizzare due eventi come questi». Applausi per Bill Emmot che alla sinistra suggerisce di scrivere «un’agenda, di cose da fare, di concretezza». Bersani non è venuto, si sapeva,
«eppure fino all’ultimo ci abbiamo sperato», ammette Civati. Renzi gli parla a distanza: «Ci hai detto di rispettare il solco, lo faremo, ma non deve diventare una fossa». Aggiunge anche che no, «non siamo un pericolo per il Pd», ma una risorsa, questo
sì. Il «non leader», o leader suo malgrado, quello che avrebbe rischiato di diventare, per sua stessa ammissione, «un pollo da batteria» se avesse accettato di fare il presidente della Provincia, dove arrivò, sempre per sua stessa ammissione, «per cooptazione », promette – o minaccia – che qui nessuno chiede spazio: se lo prenderanno. Punto.

LA CARTA DI FIRENZE
E così, «senza pretendere posti, senza rivendicare spazi, senza invocare protezione», come si legge nella Carta di Firenze, si inizia a lavorare per un’Italia «più bella», da sostituire a quella «di questi ultimi giorni meschini, alla politica dei cuori tristi, al degrado di una solitudine autoreferenziale ». Questo è il tempo, «un tempo prezioso, bellissimo, inquietante», per invertire la rotta. Come? Metà Parlamento a metà prezzo, inun Paese che sta dalla parte dei promettenti e non dei conoscenti; che permette
le unioni civili, come nei Paesi civili; che preferisce la banda larga al Ponte sullo Stretto; che dice no al consumodi suolo e sì al diritto di suolo e di cittadinanza.Che passa dall’immobile al mobile, contro le rendite; che dà la possibilità di scaricare tutto e di
scaricare tutti; che garantisce lavoro meno incerto e sussidio più sicuro. Che abbassa il debito pubblico, «la nostra pesante eredità» e sostituisce la «divisione con la visione», il «cinismo con il civismo». Non con i musi lunghi e un linguaggio che nessuno ascolta più, ma «con la leggerezza di chi sa che il mondo non gira intorno al proprio ombelico e con la serietà di chi è capace anche di sorridere ». Per lasciarsi alle spalle, aggiunge Civati, questa Italia, «un’adolescente senile come il suo premier, un premier che ha una vera e propria guida Michelin dei dittatori a andare a trovare, forse immaginando che il nostro Paese possa diventare il Berlusconistan». Alla Leopolda Berlusconi si è citatopoco durante gl interventi.Aquesta gente interessa soprattutto una cosa: tornare a vincere, portare il Pd dritto a Palazzo Chigi e farcelo restare cinque anni. Con facce nuove, però. Per questo, avvertono, vigileranno «sul rispetto della norma statutaria che prevede l’uscita di scena dopo il terzo mandato per i parlamentari e sulle primarie di circolo per la scelta dei candidati alle elezioni».

L’Unità 08.11.10