I due fatti politici di ieri s’intrecciano in una miscela inedita. Da un lato c’è Silvio Berlusconi che si affida alla tattica e rivolge un discorso a suo modo conciliante al nemico Fini, rimettendo sul tavolo persino quel «patto di legislatura» che appare e scompare dal dibattito come un fiume carsico.
Dall’altro c’è la maggioranza battuta in commissione a Montecitorio su un emendamento alla «legge di stabilità» (l’ex finanziaria). È una vittoria delle opposizioni, soprattutto perché al centrosinistra e all’Udc si sono aggiunti i rappresentanti di «Futuro e Libertà» e Movimento per le Autonomie. In altre parole, il cartello che nei voti di qualcuno dovrebbe costituire la griglia del governo di transizione. Pdl e Lega sono rimasti compatti, ma non è bastato. Ha prevalso l’alleanza sostanziale fra la sinistra e l’ipotetico «terzo polo». Un segnale da non trascurare.
Vediamo come legare i due fatti. Non c’è dubbio che ieri il premier avesse tutto l’interesse a tendere la mano all’avversario. Così come il presidente della Camera aveva e ha l’interesse opposto: svincolarsi da un tentativo di abbraccio tardivo che arriva non a caso alla viglia dell’assemblea di Perugia.
«Futuro e Libertà» ha già i suoi problemi nel mettere a punto una posizione verso il governo che non deluda i sostenitori, sempre più anti-berlusconiani, ma non risulti destabilizzante al punto da spingere il paese alle elezioni. Ora la mossa del premier mira ad accentuare le difficoltà finiane e soprattutto a divaricare il gruppo parlamentare dei dissidenti, ormai quasi un partito. Il «patto di legislatura», così come viene riproposto dal tattico Berlusconi, ha scarse possibilità di essere accolto dal presidente della Camera che infatti non vi legge alcuna novità interessante per lui.
E quale potrebbe essere la novità, al punto in cui siamo? L’argomento che potrebbe indurre Fini a discutere non è una stretta di mano condita da un paio di battute ai piedi dell’Altare della Patria. Ci vuole altro: per esempio una proposta di riforma elettorale utile a garantire un futuro al partito finiano. Una riforma che spezzi l’attuale gabbia bipolare e segni di fatto il ritorno a una forma proporzionale, sia pure corretta (il sistema tedesco o un modello simile).
Questo sarebbe senza dubbio un tema politico per riempire un’intesa di legislatura, visto che i patti definiscono sempre uno scambio fra i contraenti.
Viceversa Berlusconi non precisa mai quale sarebbe il contenuto dell’accordo e lo scambio implicito. Rimanda al valore della coesione e ai cinque punti programmatici sui quali c’è stato, sì, un formale voto di fiducia in Parlamento, ma su cui si registrano quotidiane polemiche, a cominciare dalla giustizia.
Sembra dunque un dialogo tra sordi. E in assenza di fatti nuovi la strategia finiana non potrà cambiare: continuerà a prevedere il logoramento del premier e del governo. Con il rischio però di scontentare tutti, i falchi e le colombe di «Futuro e Libertà».
Ecco perché la bocciatura del governo in Commissione è significativa. Se il duello tra i due rivali continua senza uno sbocco, se il quadro generale resta paralizzato, sarà in Parlamento che si deciderà il destino della legislatura. Si vedrà in aula e nelle commissioni se esiste ancora una parvenza di maggioranza. Molti ne dubitano e l’episodio di ieri sembra dar loro ragione. Comunque sia è in Parlamento che dovrà prender forma, mostrando di essere credibile, un’ipotesi di governo alternativo.
Il Sole 24 Ore 05.11.10