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"Atenei, fondi non spesi per duecento ricercatori", di Alessandra Migliozzi

Ci sono circa duecento posti da ricercatore a tempo indeterminato che gli atenei dovrebbero bandire perché hanno già ricevuto i fondi per farlo e che, invece, non vengono messi sul piatto. Ci sono circa duecento posti da ricercatore a tempo indeterminato che gli atenei dovrebbero bandire perché hanno già ricevuto i fondi per farlo e che, invece, non vengono messi sul piatto. Senza alcuna chiarezza su dove vadano a finire le risorse finora non spese. Con buona pace di quei giovani che sanno che questi bandi costituiscono l’ultimo treno per poter conquistare una posizione a tempo indeterminato nel mondo della ricerca universitaria. Con la riforma Gelmini, infatti, arriveranno i nuovi contratti a termine. I posti che stanno rimanendo nel cassetto fanno parte di quel pacchetto di assunzioni lanciate nel 2007 dell’ex ministri Fabio Mussi (governo Prodi) che volevano essere un piano di reclutamento straordinario per ringiovanire il corpo accademico. Nel 2007 sono stati messi a disposizione 1.024 posti. Nel 2008 ce ne sono stati 1.026. Per il 2009 altri 696, completamente finanziati dal Miur e per questo in numero minore. Gli atenei hanno avuto i soldi per tutte e tre le tranche. I bandi relativi all’ultima sono in uscita. Ma sulla seconda i conti non tornano. La denuncia arriva dall’Apri, l’Associazione precari della ricerca italiani che da mesi, ormai, tiene sott’occhio i posti messi a concorso. Anche il Pd ha sollevato il caso portandolo in Parlamento. In una interrogazione dello scorso 19 ottobre la deputata Manuela Ghizzoni ha spiegato in commissione che “in base ad una analisi dei bandi pubblicati sul sito del ministero emerge che oltre 200 posti della suddetta tranche (quella relativa ai fondi del 2008, ndr) risultano tuttora non banditi”. Dalla spartizione dei soldi sono passati ormai diciotto mesi. Il sottosegretario all’Università Guido Viceconte ha risposto all’interrogazione assicurando che da parte del Miur il monitoraggio è “attento e costante”, ma numeri ufficiali non ce ne sono. E non è ancora chiaro se il ministero tenterà di sollecitare gli atenei inadempienti o se si farà ridare i soldi da chi non vuole bandire. Intanto sale l’ansia dei ricercatori. Secondo i conteggi fatti dall’Apri tra le università che non hanno bandito affatto i posti della seconda tranche Mussi ci sarebbero “Palermo, Tor Vergata, Siena, Chieti-Pescara, Trento, Sum, e Iuss Pavia, per un totale di oltre 130 posti più altri sparsi qua e là nelle università dove è stata bandita solo una parte dei posti”. Il rettore di Trento conferma: “Noi facciamo solo concorsi per posti a tempo determinato da due anni, nella logica della tenure track però: chi merita fa carriera. I fondi Mussi? Non li ho utilizzati se li devo rimandare indietro non ci sono problemi anche perché erano pochi e per tempi limitati. Quelle assunzioni servivano solo ad aprire altri buchi nei bilanci degli atenei”. Da Tor Vergata invece il rettore Renato Lauro assicura che i fondi Mussi “sono stati utilizzati tutti”. Ora sarà il ministero a dover chiarire se chi non ha speso quelle somme e non intende farlo dovrà rimandarle alla ‘casa madre’. Nel frattempo il Miur ha già deciso, con una circolare, che i posti Mussi rientrano nei calcoli relativi al blocco parziale del turn over. “Peccato- spiegano dall’Apri- che la legge Gelmini, la numero uno del 2009, dica il contrario e cioè che quei posti non rientrano nelle quote del turn over perché sono cofinanziati da ministero e atenei. Così si spezzano le gambe alle nuove assunzioni”. Nel frattempo è nato un blog in cui i ricercatori giocano a fare le previsioni sui futuri vincitori dei concorsi in atto. Nel post dell’11 ottobre si legge: “Sono finalmente disponibili i primi risultati della II sessione 2008. Purtroppo sembra che nulla sia cambiato. Tutti i 14 pronostici ricevuti, relativi a 8 concorsi, sono corretti. Tutti i vincitori sono candidati interni”. Vale a dire che hanno vinto i concorrenti espressione dell’ateneo o della facoltà che ha indetto il bando. “Purtroppo- chiude l’Apri- le commissioni non sono ancora obbligate a dare giudizi trasparenti, dando punteggi a titoli e pubblicazioni, ma possono dare motivazioni fumose e generiche per indicare i vincitori. I verbali dei concorsi ne sono pieni”.

Il Messaggero 05.11.10

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