Esaminiamo la questione al netto degli aspetti da Decameron in versione Bagaglino. Lasciamo fuori le barzellette sui negri, le preferenze sessuali e gli altri antidoti – artificiali e non – scelti da un anziano signore per combattere la sua ossessione della vecchiaia e della morte: è questa, semmai, materia per
un bravo terapeuta. Parliamo di istituzioni e di politica. Isoliamo un frammento dei fatti. Il 27 maggio scorso una minorenne di origine marocchina viene fermata dalla Questura di Milano perché sospettata di aver commesso un reato. Non è semplice la sua identificazione.
Nel giro di pochi minuti qualcuno (chi, esattamente?) avvisa Silvio B. che l’adolescente è in difficoltà. Il presidente del Consiglio chiama il capo di gabinetto della Questura. Gli garantisce, il premier in persona, che la minorenne è «la nipote di Mubarak» (Marocco ed Egitto in fondo sono in Africa, chi può distinguerli?) e che non è opportuno trattenerla.
Diventerebbe un caso diplomatico. Il funzionario della Questura obietta che esiste una procedura. Il premier esclude che la si
debba seguire: propone invece di affidare la ragazza non identificata (ma lui garantisce: è la nipote di Mubarak, come dubitarne dunque?) alla sua igienista dentale eletta consigliera
regionale della Lombardia, Nicole Minetti. La Pm di turno per il Tribunale dei minori ha nel frattempo disposto – il tempo passa, si è fatta notte – che la giovanissima venga accompagnata in una casa famiglia.
Silvio B. chiama Nicole Minetti: chiedi che sia affidata a te e portala via, le dice. Così accade. Ora. E’ evidente a chiunque che Berlusconi ha mentito ad un funzionario di polizia e che nel farlo ha commesso un abuso di potere utilizzando la carica che ricopre a fini personali.
Certo, non è la prima volta né la più grave. Oggi parliamo di questa. Persino Bossi conviene che “il governo non può telefonare alla polizia”. L’opposizione, Bersani in testa, chiede le dimissioni. La presidente di Confindustria domanda che “la politica ritrovi il senso di dignità delle istituzioni”. A destra i finiani restano in attesa del momento giusto per tirarsi indietro, non vorrebbero che fosse Ruby il casus belli e non avranno molto da attendere: il dibattito sullo scudo è alle porte.
Il pallino però, lo dicevamo ieri, è ora in mano alla Lega. All’insofferenza di Bossi per la graticola su cui B. tiene l’alleanza (e alla prospettiva di un governo di “salvezza nazionale”, che lo atterrisce) si aggiunge un elemento concreto: mercoledì il ministro Maroni dovrà riferire in Parlamento del caso. E’ un passaggio chiave. Sapremo, mercoledì, se la Lega si associa e si fa complice dell’abuso di
potere oppure no. L’elettorato leghista è ansioso di sapere, noi anche. Il Papa dice ai giovani – proprio oggi, che combinazione – che “l’amore non è merce di scambio”. L’aria che tira nel mondo cattolico è pessima. A destra soffia come un vento. Gianni Letta è il più preoccupato di tutti: il suono delle campane vaticane lo conosce benissimo. L’invisibile ministro Rotondi ha dato fiato al pensiero dei suoi colleghi: «Finisse anche domani il governo, tratterrei il grande onore di aver collaborato con un uomo onesto, pulito e carico di profondi valori morali: questo è Silvio Berlusconi». E’ la prima
parte quella eloquente: finisse anche domani.
L’Unità 31.10.10