Checché ne dicano Berlusconi e Bertolaso, la piaga della munnezza durerà ancora per anni. Almeno tre. Mente il presidente del consiglio quando sbandiera ai quattro venti l’ennesimo slogan: «Ripulirò Napoli in tre giorni». E mente il capo della Protezione civile quando assicura che i nuovi inceneritori, soluzione di tutti i mali per la vergogna campana, cominceranno a funzionare fra diciotto mesi. Napoli e provincia invece sono condannate a convivere con l’emergenza per i prossimi tre anni, a essere ottimisti. Sono i fatti a smontare la propaganda politica di B&B. O meglio: quello che non è stato fatto nei due anni e mezzo di governo. I due non sono riusciti a mettere in piedi un ciclo di gestione dei rifiuti che funzioni, nonostante le mirabolanti promesse fatte proprio a Napoli nella primavera del 2008. A partire dall’anello più importante: la costruzione dei termovalorizzatori. Oggi in Campania funziona, e male, solo l’inceneritore di Acerra. Degli altri tre previsti se ne sono perse le tracce: a Salerno, solo adesso il sindaco De Luca è stato autorizzato ad aprire la seconda gara per affidare l’appalto (la prima è andata deserta); a Napoli Est, la regione ha da poco messo a disposizione i terreni e entro fine anno verrà pubblicato il bando di gara; a Santa Maria la Fossa, in provincia di Caserta, nessuno sa che fine abbia fatto il progetto.
Insomma, è tutto in alto mare, i lavori ancora devono partire. E se si considera che per costruire e collaudare un impianto ci vogliono almeno tre anni, allora fino al 2014 Acerra brucerà munnezza in perfetta solitudine. Ma senza termovalorizzatori e con una raccolta differenziata ancora al palo (e qui c’è la responsabilità dei comuni), l’unica opzione per i rifiuti campani è la discarica. E siccome le cinque esistenti non sono grandi abbastanza per ospitare l’immondizia dei prossimi 36 mesi, il governo sarà costretto ad aprirne delle altre. Una situazione drammatica, che una persona onesta come Stefano Caldoro non nasconde. In consiglio regionale, il governatore ha ammesso che si può pensare di uscire dall’emergenza non prima di tre anni, sottolineando come il sistema sia estremamente fragile, sempre a rischio di «possibili continue criticità nello smaltimento». Caldoro però non è il solo a rendersi conto della situazione. I cittadini campani ormai non credono più alle favole berlusconiane e hanno capito che l’unica soluzione possibile per togliere l’immondizia dalla strada è metterla in discarica, magari a due passi da casa. C’è voluto poco perché la protesta di Terzigno, per ora dormiente, si diffondesse rapidamente a tutti quei paesi dove sono stati dirottati i rifiuti destinati al parco del Vesuvio. A Chiaiano, dove nella notte i camion sono stati bloccati dai comitati anti-discarica.
A Giugliano, dove una donna minaccia di darsi fuoco se verrà confermata l’ordinanza del presidente della provincia Cesaro: circa 10mila tonnellate di spazzatura dovrebbero essere stoccate lì, in attesa di giorni migliori. Per finire con le altre province campane, dove la munnezza napoletana è vista come la peste. Niente paura, però. Lunedì tutto sarà risolto.
Parola di Berlusconi & Bertolaso.
da Europa Quotidiano 30.10.10