La protesta sul red carpet. Sembrava di essere a piazza San Giovanni per la manifestazione nazionale della Fiom. E invece era viale De Coubertin, Festival del cinema di Roma. Chissà a cosa pensavano le forze dell’ordine, schierate addirittura in assetto antisommossa ieri davanti ai cancelli dell’Auditorium della musica in attesa dell’inaugurazione del festival, attese Keira Knightley ed Eva Mendes per Last night. Ma la passerella non c’è stata, perché il red carpet è diventato rosso della protesta molto pacifica dei lavoratori dello spettacolo, registi, sceneggiatori, attori, montatori, operatori, tutti uniti dietro lo slogan comenciniano Tutti a casa. Nella storia della repubblica forse non c’è mai stato un ministro così poco amato dal mondo del cinema come Sandro Bondi, che anche ieri aveva provato fino all’ultimo a scongiurare una protesta che ora rischia di fare il giro del mondo. Solo promesse e parole, secondo copione.
In serata Sergio Castellito, presidente della giuria internazionale del festival, si è sdoppiato nel leader della protesta leggendo un comunicato molto duro con il governo. Un governo che, va detto, se l’è cercata. «Parassiti » e «assistiti» sono stati in questi anni i migliori complimenti rivolti dal duo Bondi & Brunetta a “quelli del cinema” prima durante e dopo i festival.
I cartelli che si leggevano ieri davanti all’Auditorium possono più o meno piacere ma avevano le idee chiare: “Bondi, rispondi o scrivi solo poesie?”, “Nei titoli di coda c’è gente che lavora”, “Delocalizziamo Bondi”.
Ora ci sarà chi cercherà di minimizzare quel che è successo dicendo che chi lavora nel cinema resta un’élite. E chi azzarderà paralleli con il Sessantotto, la Biennale occupata, il Lido occupato dai cappelloni. Sarà. Ma da ieri sappiamo che non c’è solo la Fiom, gli operai sui tetti, i pastori sardi: anche il mondo del cinema, nel suo piccolo, s’incazza.
da Europa Quotidiano 29.10.10