La mozione del Pd per una riforma fiscale basata su tre capisaldi: l’aumento dell’aliquota per le rendite finanziarie al 20%; la diminuzione del primo scaglione di aliquota al 20%; il tetto al 20% al reddito da impresa, per poi passare alla normale aliquota Irpef per la parte eccedente.
“Il fisco è un’urgenza. Non è tema su cui girare attorno per anni. Questo governo non è in grado di fare riforme e allora la proponiamo noi al Parlamento”. Così il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha introdotto la presentazione della riforma fiscale messa a punto dal Pd in una conferenza stampa alla Camera con Dario Franceschini, Francesco Boccia, Michele Ventura e Stefano Fassina.
Per il leader del Pd si tratta di “un’operazione tesa anche a rilanciare l’attività del Parlamento che è stato totalmente privato della materia economico-finanziaria”. Una piccola rivoluzione perché “in questo testo ci sono novità radicali anche rispetto alla nostra esperienza. Il senso è quello di arricchire l’impresa più che l’imprenditore e inserire criteri di equità”.
La riforma fiscale che il Pd propone si basa sui cosiddetti tre 20. “Possiamo sintetizzarla – ha spiegato il capogruppo Franceschini – come i ‘tre 20’: primo, la riduzione al 20% dell’aliquota sul primo scaglione; secondo, portare dal 12,5 al 20% la tassazione dei redditi da capitale ad esclusione dei titoli di Stato; terzo, applicazione dell’aliquota del 20 % al reddito d’impresa e da lavoro autonomo”. La riforma arriverà al voto il 23 novembre e ha continuato Franceschini. “potremo anche votarla per parti separate in modo che la maggioranza possa esprimersi sui singoli punti”.
Nel testo della mozione presentata dal Pd si legge: “I principali settori d’intervento sono le famiglie, le attività autonome e professionali, le imprese e i redditi da capitale, l’innovazione ‘verde’, l’evasione fiscale, il coordinamento sovranazionale delle politiche fiscale”. Sul bonus si spiega: “unificazione delle detrazioni fiscali e degli assegni familiari al nucleo familiare nel ‘bonus per i figli, un istituto unico, generalizzato”.
Durante la conferenza stampa Bersani non ha risparmiato dure critiche nei confronti del ministro dell’Economia. “Tremonti non dica che vogliamo tassare le vecchiette, perché anche noi preserviamo i bot. Ma non è possibile che un lavoratore dipendente paghi di più di chi ha le rendite. Di cose così invereconde, non ne possiamo più”. E sulla copertura finanziaria che si dovrebbe ottenere soprattutto dalla lotta all’evasione fiscale, Bersani ha ribadito che “Tremonti dice che è come mettere il carro davanti ai buoi. Ma se lui ha messo una decina di miliardi a sostegno dell’equilibrio di bilancio indicandoli come previsione di lotta all’evasione: ha messo una carovana davanti ai buoi. E poi non si capisce da dove arrivano questi soldi visto che questo governo la lotta all’evasione è chiaro che non la vuole fare. Tremonti è quello che ha fatto il più vergognoso condono della storia e negli ultimi due anni il rapporto tra il recupero dell’evasione ex-post e la perdita di gettito dovuto alla riduzione della fedeltà fiscale è stato di 1 a 10: per ogni miliardo di euro di maggior recupero dai controlli, si è avuto un aumento di evasione di 10 miliardi di euro”.
Il leader democratico ha voluto anche rispondere alla proposta di tagliare 300mila posti di lavoro nella Pubblica Amministrazione. “Tutto si può fare – ha detto il segretario del Pd – persino una riduzione del turn over nella Pubblica amministrazione. Anzi, io sono per una razionalizzazione. Ma va fatto prima un progetto industriale, bisogna indicare nuove missioni, cosa un ministero non deve più fare e cosa invece deve fare. Se mandiamo a casa così, alla carlona…”
Per Bersani, “questo è il limite del brunettismo, che gioca sui comportamenti, sui fannulloni. Ma non raccontiamo miracoli, basta chiedere alle imprese per capire che c’è stato un aumento delle pratiche”.
In allegato la mozione del Pd per la riforma fiscale
A.Dra
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