Si continua ad ipotizzare nuovi esecutivi postberlusconiani: e ci si interroga su eventuali programmi. «Come si può pensare che con milioni di disoccupati un governo, anche di breve durata, non si occupi dell’emergenza economica?».
Massimo D’Alema ieri in tv ha rilanciato la proposta di un esecutivo di transizione, già condivisa da Fini sabato scorso ad Asolo. Un’idea questa che piace a più d’uno in parlamento, soprattutto all’area centrista casinian-rutelliana che del governo di responsabilità nazionale è da sempre grande sponsor.
La vera novità delle ultime ore è che questo futuribile esecutivo non avrebbe come unico obiettivo quello di cambiare la legge elettorale e portare gli italiani alle urne. Dovrebbe anche occuparsi di un’altra emergenza imperante: la crisi economica.
Il deputato d’area franceschiniana Sergio D’Antoni non ha dubbi: «S’è già aperta una nuova fase politica e un’eventuale governo di transizione non potrà limitarsi a discutere di legge elettorale ma dovrà giocoforza occuparsi anche dell’economia e di come portare l’Italia fuori dalle secche della crisi».
Ma quali sono i punti sui quali è possibile trovare una convergenza parlamentare fra forze non proprio simili? Partiamo da quello su cui è più semplice trovare un’intesa: il fisco. Dal Pd a Casini, da Fini a Rutelli sono tutti d’accordo a voler abbassare le tasse, finanziando la maggiore spesa con aliquote più alte sulle rendite finanziarie.
Per D’Antoni infatti «solo abbassando le imposte per i redditi bassi si possono rilanciare i consumi e quindi l’economia ». Sulla stessa lunghezza d’onda la parlamentare dell’Api, Linda Lanzillotta, secondo cui «va assolutamente riallineato lo squilibrio fra l’imposizione fiscale sul lavoro e quella sui capitali». Gli stessi D’Alema e Fini ad Asolo hanno convenuto che è ormai arrivato il momento di portare l’aliquota sulle rendite al 20 o addirittura al 25 per cento. E perfino Casini s’è detto disponibile a parlarne, pur facendo una distinzione: «Le speculazioni finanziarie vanno tassate ma bisogna mettere a riparo i risparmiatori, i Bot, i Cct e le tante migliaia di cittadini di ceto medio che investono per risparmiare. Chi ha investito i propri risparmi in Bot e Cct non può essere colpito. I grandi speculatori, quelli che fanno mordi e fuggi nella finanza, è giusto colpirli».
Per concludere la rassegna dei favorevoli a una riforma fiscale, bisogna aggiungere uno che non è in parlamento ma che è in tutti i ragionamenti quando si parla di terzo polo: Montezemolo.
La sua fondazione, Italia futura, qualche giorno fa ha lanciato la sua proposta, sorprendentemente uguale a quelle finora esposte: «Spostare il carico fiscale dal lavoro e dalla produzione alle rendite; sostenere giovani e famiglie; lottare contro l’evasione fiscale».
Il fisco però non è l’unico argomento su cui l’eventuale maggioranza antiberlusconiana potrebbe andare d’accordo.
Un tema altrettanto popolare è la riduzione dei costi della politica, in particolare la razionalizzazione delle province. «Assieme all’Udc e ai finiani – spiega la Lanzillotta – ho presentato una proposta di legge per accorpare le province, che passerebbero dalle 110 attuali a sole 39. Un grosso taglio che, secondo i miei calcoli, potrebbe far risparmiare sui due miliardi di euro all’anno».
Infine, un governo di transizione non potrebbe tralasciare le crisi industriali che si preannunciano per il 2011.
«Fra poco chiuderà lo stabilimento Fiat di Termini Imerese – ricorda D’Antoni – e spero che un nuovo esecutivo si possa occupare seriamente del problema, a differenza di ciò che ha fatto Berlusconi e cioè assolutamente nulla». Quindi fisco, tagli ai costi della politica e crisi industriali: già tre punti programmatici per un governo che per ora vive solo nel mondo delle idee.
Da Europa Quotidiano 27.10.10