Non è soltanto un sasso nello stagno la lettera inviata da Giorgio Napolitano al presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato. Il Capo dello Stato si è limitato ad attirare l´attenzione del Parlamento e della pubblica opinione su un solo aspetto della legge sull´immunità delle massime cariche istituzionali presentata dal ministro Alfano, ma la logica che ha motivato i suoi rilievi fa parte d´una cultura istituzionale che inquadra una visione complessiva del bene comune e delle regole che ne rendono possibile la realizzazione. La legge Alfano è invece uno dei tasselli della costituzione materiale che Berlusconi e i suoi accoliti hanno in mente da tempo di mettere al posto della Carta vigente. Napolitano, definendo un articolo della legge Alfano «irragionevole e manifestamente contrario all´attuale articolo 90 della Costituzione», ha di fatto interrotto quel percorso obbligando la maggioranza a rimetterci le mani. Solo questo, ma ora quel sasso nello stagno si è trasformato in un maremoto politico che non riguarda il Quirinale ma Palazzo Chigi e il Parlamento.
L´articolo 90 stabilisce l´immunità del Presidente della Repubblica per quanto riguarda eventuali illeciti che possa commettere nell´ambito delle sue funzioni, con l´eccezione di due sole ipotesi: tradimento della Repubblica e atti contro la Costituzione per i quali il “plenum” del Parlamento può con un voto a maggioranza qualificata tradurlo dinanzi alla Corte che si autocostituisce in Alta Corte di giustizia.
Per illeciti che non riguardano la sua funzione il Capo dello Stato può invece essere inquisito e giudicato dai tribunali ordinari. Napolitano ha rivendicato questa immunità e soltanto questa, niente di più e niente di meno.
Stupisce che l´editorialista del Corriere della Sera Massimo Franco abbia avanzato il dubbio di irritualità sulla lettera di Napolitano. Le leggi di riforma costituzionale secondo la prassi debbono esser promulgate dopo la doppia lettura prevista dall´articolo 138 e la firma di promulgazione è considerata un atto dovuto. Ma nel caso specifico era stata creata una situazione di dipendenza del Capo dello Stato dal Parlamento che imponeva al Quirinale di rilevarne la stridente contraddizione ordinamentale. Irrituale è dunque quella norma contestata della legge Alfano, non certo la lettera del Presidente.
Si vedrà ora in che modo la questione sarà risolta dal Parlamento, a cominciare dal Senato. Ma l´intervento del Quirinale, al di là del tema specifico, ne ha aperti altri.
Alcuni di carattere costituzionale che Napolitano non ha sollevato ma che tuttavia emergono chiaramente; altri di carattere politico che esulano dalla competenza del Quirinale ma che tuttavia sono ora sotto gli occhi dei partiti e della pubblica opinione.
I temi costituzionali sono due. Il primo, messo in rilievo dall´ex presidente della Corte, Valerio Onida, sta nel fatto che la legge Alfano colloca il Presidente del Consiglio sullo stesso piano del Presidente della Repubblica dal punto di vista del delicatissimo tema delle immunità, con la differenza che il primo è indicato nella scheda delle elezioni politiche sulla quale il “popolo sovrano” appone il proprio voto, mentre il secondo viene eletto dal Parlamento. Si crea in questo modo un sistema duale al vertice dello Stato nettamente sbilanciato a favore dell´inquilino di Palazzo Chigi che può vantare la sua investitura popolare declassando il Capo dello Stato ad un ruolo puramente notarile senz´altra prerogativa che quella di certificare l´autenticità degli atti sottoposti alla sua firma.
L´altro tema consiste nella differenza tra il concetto di immunità e quello di impunità (l´ha sottolineato anche Luca Ricolfi sulla Stampa). L´immunità sospende la procedibilità del titolare di una carica istituzionale nel periodo in cui esercita le sue funzioni e limitatamente ai reati che può aver commesso relativi a quelle funzioni.
L´impunità invece copre anche illeciti che non riguardano le funzioni ed è ripetitiva se la stessa persona passa dalla carica che ricopre ad altra egualmente “immune” raffigurando in tal modo un salvacondotto valido per molti e molti anni. Come non vedere dietro una siffatta normativa far capolino la maschera di Silvio Berlusconi? È accettabile un salvacondotto di questo genere, per di più in presenza di una legge elettorale come quella attuale che affida alla sua discrezione la scelta dei candidati con un meccanismo elettorale che assegna alla coalizione vincente anche per un solo voto un premio nazionale per la Camera e premi regionali al Senato? Queste considerazioni debbono esser state ben presenti al Presidente della Camera. Fini ha infatti dichiarato ieri sera che l´immunità prevista dalla legge Alfano non può essere reiterabile.
* * *
È evidente che lo scontro tra queste opposte visioni istituzionali avrà conseguenze politiche che sono già visibili. Bene ha fatto il Quirinale a sottolineare ieri che i rilievi del Presidente riguardano specifici aspetti della legge Alfano mentre lo scontro politico e le sue conseguenze sono del tutto estranee alla competenza del Capo dello Stato. All´attenzione delle forze politiche c´è ora con rinnovato vigore un dilemma fondamentale: lo stato di diritto o il comando di una persona, il popolo sovrano e i suoi rappresentanti liberamente scelti o la cricca e la casta che pensa per tutti e provvede per sé? Questa è la posta ed è inutile e deviante anteporre i problemi del paese a questi che sembrano invece temi da intellettualoidi e da politicanti autoreferenti. I problemi del paese ci sono ben presenti e ne parliamo di continuo; sono quelli del fisco, dei rapporti tra le forze sociali, del lavoro, dei rifiuti di Napoli, della corruzione, delle infrastrutture, della crescita economica, dell´Università e della ricerca. Li ha risolti da solo Berlusconi? Li ha risolti da solo Tremonti? Li ha risolti da solo Bertolaso?
O dobbiamo sperare in una Madonna pellegrina e lacrimante? Come mai dopo tanti anni di governo quei problemi sono diventati voragine? Parlare di essi derubricando quello che tutti li ha determinati e ne subordina la soluzione a quel Salvacondotto che è la sola cosa che importa, è un depistaggio in piena regola e come tale va definito.
* * *
Le conseguenze politiche riguardano soprattutto l´opposizione, quella di sinistra, quella di centro e quella finiana.
È evidente e non da ora che la posta in gioco è la Costituzione. Ma ora, con l´arrivo al pettine di tutti i nodi irrisolti, la partita è giunta alla sua svolta che implica un´emergenza oggettiva. L´emergenza soggettiva era quella predicata anzitempo, una sorta di “al lupo al lupo” quando il lupo era ancora sulla montagna. Adesso il lupo è sceso in pianura, pronto a divorare le pecore se pecore resteranno. Per questo dico che adesso l´emergenza è oggettiva e questo impone alcune riflessioni.
1. Per cambiare la legge elettorale ci vuole uno schieramento che unisca tutto il centro e tutta la sinistra.
2. Se si va alle elezioni con questa legge ci vuole egualmente uno schieramento elettorale che unisca tutto il centro (finiani compresi) e tutta la sinistra, altrimenti mancherebbero i numeri per essere competitivi con l´avversario.
3. Una cordata di quest´ampiezza avrà bisogno d´un leader che copra con la sua autorevolezza tutto l´arco delle forze alleate e possa rappresentare il minimo comun denominatore che non è poi tanto minimo: combattere mafie e corporazioni, rilanciare la crescita senza abbassare la guardia sulla finanza pubblica, garantire i diritti e far rispettare i doveri, tutelare i ceti deboli, i poveri, la pari dignità delle persone e le pari opportunità nel lavoro e nell´istruzione, dare alle forze sociali il ruolo che loro spetta a fronte dei sacrifici che la modernizzazione e la globalizzazione impongono. Vi sembra molto “minimo” questo denominatore?
4. Se questo progetto è accettato (ed è l´unico che può evitare una vittoria del berlusconismo per i prossimi nove anni) esso comporta che non vi siano veti da parte di nessuno e contro nessuno. È una sorta di lodo cui tutta l´opposizione è chiamata. Poi, passata la stretta tra Scilla e Cariddi, ognuno riprenderà la propria navigazione e il denominatore minimo cederà il passo ai denominatori massimi che ciascuna forza politica ha il diritto di proporsi e di proporre in libera competizione.
Ma oggi non siamo di fronte a una libera competizione, siamo di fronte appunto ad una concezione radicalmente diversa della democrazia e dello Stato. Questo è il salto. Chi non lo fa si perde e perde il paese.
La Repubblica 24.10.10