È un´imprudenza credere che l´emendamento alla “legge Alfano” designi soltanto l´impunità del presidente del Consiglio. C´è in questa mossa una conferma avvilente, certo, ma anche un´aggressione alla democrazia costituzionale e alla repubblica parlamentare così come, fin qui, le abbiamo conosciute. È azzardato minimizzare. Per orientarci, cominciamo dalla conferma. Anzi dalle conferme.
L´emendamento, approvato dalla commissione Affari Costituzionali del Senato, decide che potranno essere sospesi i processi nei confronti di presidente della Repubblica e presidente del Consiglio «anche relativi a fatti antecedenti l´assunzione della carica». Lo sappiamo. C´è un solo soggetto interessato alla questione. Silvio Berlusconi. È imputato per corruzione di un testimone, frode fiscale, appropriazione indebita in tre processi che, se celebrati, lo vedrebbero a mal partito: nel processo per la corruzione dell´avvocato David Mills si può dire che sia addirittura già fritto. Conferme, dunque. Il Cavaliere ha deciso di diventare leader politico per evitare i controlli alle sue condotte spregiudicate («La verità è che, se Berlusconi non fosse entrato in politica, noi oggi saremo sotto un ponte o in galera», Fedele Confalonieri, Repubblica, 25 giugno 2000). Ci ha messo qualche anno. È stato arrugginito rovinosamente il processo; sono stati cancellati o abbuonati reati; sono stati ristretti i tempi della prescrizione. Le manipolazioni della legge e i provvedimenti ad personam hanno ottenuto il loro scopo: Berlusconi si è salvato per il rotto della cuffia (“intervenuta prescrizione”) da processi che hanno accertato, al di là di ogni ragionevole dubbio, il suo coinvolgimento diretto in reati penali («Le leggi ad personam? Silvio le fa per proteggersi. Se non fai le leggi ad personam vai dentro», Confalonieri, La Stampa, 2 novembre 2009). Ancora una conferma la si trova nello slittamento di senso che Berlusconi applica alla parola “giustizia” e all´intenzione di volerla riformare. Dice “giustizia” e non pensa alla giustizia di tutti, la giustizia per tutti, ma alla giustizia che riguarda da vicino lui, che preoccupa personalmente lui, che minaccia la sua roba. Dice “riforma della giustizia” e prepara un´ipocrisia anestetica che gli consentirà di lasciar credere che è al lavoro per noi. Come accade in queste ore. Manda in giro il ministro di Giustizia a presentare una riforma della giustizia che non si farà mai, mentre con l´emendamento approvato al Senato cura i suoi personali guai. Nessuna sorpresa. È una conferma. Berlusconi è potere statale che, senza scrupoli e apertamente, protegge se stesso e i suoi interessi economici.
Ora possiamo lasciare le conferme e intravedere, nell´emendamento che assicura l´impunità al Cavaliere, la metamorfosi costituzionale che nasconde. Il presidente del Consiglio, come già hanno sostenuto i suoi avvocati dinanzi alla Corte costituzionale nella discussione per l´Alfano numero 1, vuole essere primus super pares. La Consulta ha bocciato quest´interpretazione. Pur con “significative differenze” tra capo del Governo e ministri, hanno sostenuto i giudici, “non è configurabile una preminenza del presidente del consiglio che ricopre una posizione tradizionalmente definita di primus inter pares”. Escludendo i ministri dall´immunità che protegge il premier, si mescolano adesso le carte. Approvata la nuova legge costituzionale (conta di farlo in dodici/diciotto mesi), Berlusconi sarà primus super pares per i poteri che gli derivano dalla designazione diretta del voto popolare.
C´è qui, un presunto adeguamento della Costituzione formale a una pretesa Costituzione materiale che avrebbe il suo fondamento decisivo, come va dicendo Berlusconi non adeguatamente contrastato, in una sovranità popolare finalmente libera di esprimersi senza il vincolo della legge, senza l´ossessione per l´ordine costituito, senza la mediazione delle istituzioni. Anche se ancora oggi ha bisogno del voto di fiducia del Parlamento per governare, Berlusconi preferisce far credere che sia il voto popolare che lo rende primus super pares e lo consegna a uno status privilegiato. Non è stato votato in Parlamento come un anonimo deputato, dice. È stato votato come capo del Governo. È il corto circuito tra governo e popolo che – come ha osservato Carlo Galli – taglia fuori il potere legislativo, il Parlamento, spodestandolo, nella gerarchia dei poteri dello Stato, dal primo posto che gli compete nelle costituzioni moderne.
È proprio la legittimazione della sovranità popolare, l´unzione che dovrebbe sollevare Berlusconi, l´Eletto, oltre l´ordinamento giuridico garantendogli – con l´emendamento approvato ora al Senato – il privilegio immunitario di essere esonerato con legge costituzionale dalla legge ordinaria. Nessun processo lo toccherà. L´impunità che conquista il Cavaliere è soltanto l´aspetto più appariscente e arrogante della questione. Ce n´è un altro che lavora nelle fondamenta costituzionali, minandole. L´impunità costituzionale assicurata a Berlusconi svela come “un potere costituente” voglia scardinare l´ordinamento costituito e crearne uno nuovo ridisegnando gli equilibri dello Stato per il vantaggio di una sola persona. In modo da rendere “permanente, quotidiano e al contempo perenne” il caso d´eccezione che Berlusconi rappresenta. In modo che egli possa costituzionalizzare se stesso e tutte intere le sue anomalie in un nuovo equilibrio che separa l´ordine della legalità dall´ordine della legittimità mentre il privato diventa pubblico e il diritto penale diritto costituzionale. Lo Stato che conosciamo diventa così un´altra cosa. Una cosa sconosciuta, da nessuno invocata, da nessuno discussa, che va accettata perché conviene e lo pretende una sola persona.
Se non fossimo dinanzi a una tragedia repubblicana ci sarebbe da ridere perché è ridicola la sproporzione tra le categorie del politico che si evocano in questi casi (sovranità popolare, potere costituente, stato d´eccezione) e il mediocre obiettivo di salvare da un paio di processi un uomo che ha fatto fortuna con troppa scaltrezza truffaldina. Purtroppo c´è poco da ridere perché, con la legge in via di approvazione in Parlamento, può cadere anche l´ultima condizione che fa di Berlusconi un cittadino uguale agli altri. Guardiamo i poteri che controlla oggi: economico, mediatico, legislativo, esecutivo. La soggezione alla legge è l´unico aspetto che lo rende ancora uguale agli altri. Se ci rassegna all´inerzia di questa deriva, anche quell´ultimo argine può franare mutando definitivamente, con la Costituzione, il destino del Paese.
La Repubblica 20.10.10