Il decalogo stilato dal Partito democratico arriva nel giorno in cui viene approvato il ddl che porta l’età per la scuola obbligatoria a 15 anni. Bersani: “Questo governo uccide il futuro, toglie opportunità ai giovani e li rende meno liberi”. Proprio nel giorno in cui il governo “con un colpo di mano” abbassa a 15 anni l’obbligo scolastico, il Pd attacca la Gelmini e lancia la proposta per “la scuola del futuro”. “La nostra è una proposta concreta – spiega Pierluigi Bersani – da fare già domani, possibile e lungimirante perché sappiamo che solo una scuola di qualità può garantire crescita al nostro Paese”. Questo, continua il segretario del Pd, “è un governo che non solo smantella il presente, ma uccide il futuro, toglie opportunità ai giovani e li rende meno liberi”.
L’approvazione definitiva da parte del Senato del collegato sul Lavoro viene bollato dal Pd come “pagina nera”, in contrasto con uno dei principali obiettivi del decalogo stilato dal Partito democratico nei giorni scorsi a Varese, che è quello di combattere la dispersione scolastica, una lotta da portare avanti con investimenti sull’autonomia scolastica, sulla ricerca e l’innovazione didattica. Insieme ad altri obiettivi che mirano a garantire a tutti i bambini da zero a sei anni un posto all’asilo nido, prima, e alla materna, dopo. Generalizzare il tempo pieno e il modulo a 30 ore nella scuola elementare, assicurare la continuità didattica alla media e al superiore. Predisporre organici stabili nelle scuole e un piano per assumere i precari. Stilare un piano straordinario per rendere sicure tutti gli edifici scolastici del paese e scuole aperte tutto il giorno.
“Guardiamo al futuro: dieci proposte per la scuola di domani” è il titolo abbastanza eloquente del documento scaturito dall’assemblea nazionale a Varese, che getta le basi per una scuola diversa da quella declinata in due anni e mezzo dal governo Berlusconi. Il decalogo rappresenta la posizione ufficiale del Partito democratico su uno degli temi più complessi e controversi di questa legislatura. “La scuola, per garantire uguaglianza e libertà, come ci chiede la nostra Costituzione. La scuola, unico vero ascensore sociale, per ridare slancio a una società bloccata”, spiegano dal Pd.
Il primo passo è quello di garantire a tutti i bambini italiani un posto all’asilo nido. Oggi, secondo le ultime stime dell’Istat, i piccoli di età inferiore ai due anni che trovano posto nei nidi comunali sono ancora pochissimi: appena 10 su cento. Per tutti gli altri, le famiglie devono arrangiarsi: o mobilitano i nonni oppure sono costrette a pagare un costoso asilo privato. Anche la scuola materna (ora dell’infanzia) per il 40 per cento metà è appaltata ai privati. E i genitori che non possono permettersi di pagare una retta devono mettersi in lista d’attesa. Il Pd avanza la proposta di “trasformare l’asilo nido da servizio a domanda individuale a diritto educativo di ogni bambino e bambina” e di “assicurare a tutti i bambini del Paese un posto nella scuola dell’Infanzia”.
Per la scuola primaria l’idea è quella di estendere il tempo pieno a livello nazionale, oggi è aperto a poco più di un quarto dei bambini, e di assicurare almeno 30 ore di lezione a tutti. Niente, quindi, maestro unico con orari di 24, 27 e 30 ore, come previsto dalla riforma Gelmini. Ma anche “dare certezza di funzionamento alle scuole autonome” con l’organico funzionale. “Ogni scuola deve poter contare su risorse economiche e umane certe per un triennio di programmazione”. Si tratterebbe, in buona sostanza, di assegnare a ogni scuola un organico (funzionale) “che includa personale stabile per le supplenze brevi e professionalità specializzate a supporto dei ragazzi con bisogni speciali (autismo, dislessia, discalculia, etc.) dando continuità all’insegnamento.
Tra i tanti vantaggi, a parità di spesa, si supererebbe il precariato scolastico. Ma non solo: le scuole potrebbero contare su risorse certe e, in piena autonomia, potrebbero organizzare “la didattica per raggiungere l’obiettivo del successo scolastico dei ragazzi e delle ragazze”. Il Pd propone anche di dare attuazione alla modifica del titolo V della Costituzione anche per quanto riguarda la scuola, attraverso un federalismo che preveda il livelli essenziali delle competenze, anziché i livelli essenziali delle prestazioni.
Per i 220 mila precari in crisi per effetto dei tagli agli organici “serve una terapia d’urgenza, immettendo in ruolo su tutti i posti vacanti”. E chi è già di ruolo deve “restare in servizio per non meno di 3 anni nella stessa scuola per garantire la continuità didattica”. Niente chiamata diretta da parte dei presidi e introduzione della “formazione in servizio obbligatoria e certificata” per aumentare la qualità dell’insegnamento. La lotta alla dispersione scolastica passa attraverso il raccordo “tra medie e biennio delle superiori”. Un biennio che deve essere “unitario per aiutare i ragazzi a fare scelte più consapevoli” e con obbligo di istruzione fino a 16 anni (contrariamente a quanto approvato oggi dal Senato). Occorre, inoltre, “realizzare in tutta Italia le anagrafi regionali degli studenti, presenti oggi in 11 regioni su 20”.
Per rilanciare ed equilibrare l’intero sistema di istruzione occorre anche “investire sull’istruzione tecnica e professionale di qualità” eliminando il “divario territoriale esistente oggi”. E per assicurare ad alunni e insegnanti una permanenza sicura a scuola occorre lanciare un piano straordinario per l’edilizia scolastica, attraverso “una razionalizzazione e un rinnovamento radicale delle strutture scolastiche destinando a questo scopo, nelle aree sotto utilizzate, i fondi Fas”. E siccome la scuola deve rappresentare un “luogo fondante di comunità, dove oltre ai necessari insegnamenti curricolari ci si può fermare il pomeriggio per studiare, fare sport, suonare, recitare, imparare le lingue”, occorre “ristrutturare i luoghi e i tempi della scuola, oggi fissati rigidamente”.
La Repubblica 20.10.10