Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco». La profonda semplicità della frase di William B. Yeats è stata tradotta in didattica da alcune scuole italiane ed europee. Alcune esperienze di questa nuova scuola saranno raccontate dai protagonisti domani a Modena in un convegno internazionale promosso dal Gruppo dei Socialisti e Democratici che sarà concluso da Pier Luigi Bersani. Non mi dilungo (per informazioni: www.luigiberlinguer.it). Obiettivo dell’incontro è contribuire al dibattito europeo sull’avvenire del progressismo avviato dai laburisti e intrecciata con la dottrina sociale cristiana. La sinistra non vince in Europa perché la sua identità è invecchiata e difensiva. È il momento di innovare strategie e politiche. Non è questa, del resto, la sfida del Pd?
Nella società della conoscenza, lavoro e sapere sono due facce della stessa medaglia. Una società solidale di liberi, di uguali, di responsabili si fonda sull’intreccio indissolubile tra sapere e lavoro. Lo aveva intuito, con preveggenza, un italiano europeo: Bruno Trentin. Oggi chi sa è libero, chi non sa dipende da altri. Chi sa migliora la qualità del suo lavoro ed è in grado di affrontare meglio la vita. La sintesi tra sapere e lavoro è alla base della promozione umana. In questo nesso c’è il diritto – e la libertà – individuale di scegliere il proprio lavoro e la propria vita, di seguire la propria vocazione. La cultura è volano di promozione sociale e sviluppo complessivo. Come il socialismo voleva spezzare le catene dell’antico servaggio, così oggi una forza di progresso deve rompere quell’automatismo reazionario secondo il quale più quantità di studenti vorrebbe dire meno qualità con il corollario di cercare di restaurare un passato fondato sul privilegio e di indentificare il merito (benemerito, sempre) con la selezione. La cultura del lavoro deve permeare di sé l’insieme dei percorsi educativi, diventando parte della education che segue il metodo scientifico-sperimentale in un percorso di autonomia. Se si segue la propria vocazione, si studia meglio, si apprende di più. La scuola di tutti è la scuola della qualità, capace di formare a livelli più alti il cittadino-professionista, di qualificare l’homo oeconomicus. Stiglitz e Touraine hanno spiegato come, nelle società evolute, più si sviluppa l’equità sociale più cresce la ricchezza. È l’attenzione all’individuo che fonda le nuove dinamiche tra education e lavoro. Quindi una scuola non più trasmissiva né chiusa nelle mura delle aule, ma aperta, contaminata dall’esterno. Si apprende sempre: il 70% fuori dalla scuola. Occorre allora portare l’informale (internet, ad esempio) nel formale. Così la scuola diventa stimolo permanente, insegna a scegliere, forma cittadini pronti ad affrontare la vita. Così si accende il fuoco.
L’Unità 12.10.10