Politica, sarà possibile superare il Porcellum?
Non ci saranno stati i vertici ad altissimo livello rivelati da giornali e agenzie di stampa, come quello tra Bersani, D’Alema e Gianni Letta prontamente smentito dal segretario del Pd o, ancora prima, quello tra Franceschini, Mantini e Bocchino, anch’esso rigettato come una bufala dai diretti interessati. Quel che è certo, però, è che i contatti informali in prospettiva di una riforma della legge elettorale esistono e sono trasversali agli schieramenti di maggioranza e opposizione. Se Fini si chiede se sia «eresia » dire che «democrazia è restituire all’elettore la possibilità di scegliere i suoi rappresentanti », Casini parla di «un’intesa possibile», che sarebbe «già nel cassetto», pronta per essere tirata fuori in caso di un’accelerazione verso la crisi di governo. Berlusconi lo sa e sa anche che per quella strada passerebbe la realizzazione di un governo di transizione, magari a guida Pisanu, che frenerebbe la sua corsa alle urne. Non è un caso, quindi, che il fedelissimo presidente del senato Schifani tiri il freno a mano, collocando la legge elettorale «all’interno di un pacchetto complessivo di riforma di funzionamento del nostro paese».
I timori del Cavaliere appaiono più vicini a concretizzarsi, non solo perché gli equilibri interni al centrodestra appaiono sempre più precari, ma anche perché si sta sgretolando uno dei principali limiti alla realizzazione di un’intesa bipartisan sulla sostituzione del porcellum, ossia la necessità di trovare un modello alternativo che metta d’accordo una nuova maggioranza parlamentare. Tentativi di dialogo si muovono infatti lungo due binari paralleli, uno più sotterraneo e uno più scoperto, il primo basato su un sistema misto che concilia le spinte maggioritarie a quelle proporzionalistiche, il secondo a piena trazione uninominale.
Partiamo da quest’ultimo. Ieri a Roma si è costituita un’associazione volta a promuovere il Manifesto per l’uninominale pubblicato in piena estate, ma sulla base del quale si sono svolti diversi incontri tra costituzionalisti e politici nelle scorse settimane. Tra gli aderenti vi sono esponenti del Pd (soprattutto del MoDem, come Ichino, Ceccanti, Gentiloni, Morando, Tonini e Verini, ma anche Chiti e Marino), dei radicali (Bonino e Pannella in testa), di Fli (Baldassarri, Urso, Viespoli) e perfino del Pdl (Martino, Fleres, Gramazio). A “benedire” dall’esterno il movimento c’è anche Veltroni, che spinge anche per «primarie fissate per legge». I promotori, dal canto loro, si limitano a tenere fermo il principio del collegio uninominale, ma avanzano anche come proposta su cui ricercare una possibile convergenza il modello che sarà sottoposto a referendum nel Regno Unito il prossimo anno, già presentato al senato in una proposta di legge a prima firma Ceccanti: la possibilità, cioè, per l’elettore di indicare una preferenza prioritaria e una secondaria, che si somma alla prima finché il candidato più votato non supera il 50 per cento delle preferenze. L’effetto sarebbe simile a quello del doppio turno, ma senza costringere gli elettori a recarsi due volte alle urne. Anche il presidente dell’Udc Buttiglione, pur ribadendo la preferenza del proprio partito per il modello tedesco, ha indicato questo come un esempio di possibile mediazione.
L’altra bozza, su cui stanno lavorando altri settori di Pd, Idv, Udc e Fli, punta invece a inserire un correttivo proporzionale all’interno di un sistema che mantenga l’impianto bipolare. Accantonato il Mattarellum, che non piace all’Udc, ci si orienta verso un sistema misto simile a quello neozelandese, che prevede una quota del 45 per cento di seggi da assegnare con il voto proporzionale di lista (magari introducendo la possibilità di indicare la preferenza) e il resto attraverso collegi uninominali.
da Europa Quotidiano 09.10.10