Berlusconi se ne sta zitto. Non si cura della crepa che s´allarga tra il governo e gli industriali, dopo la violenza subita dalla Marcegaglia per mano del giornale di famiglia. Tace con arroganza e “firma” l´aggressione. Lo comprende anche il comitato di presidenza della Confindustria. Che va per le spicce e sceglie con parole essenziali di non arretrare dinanzi all´imboscata e alle minacce del foglio del Cavaliere.
Non teme nemmeno di denunciare il degrado di un´azione di governo che, incapace di assolvere alle sue responsabilità, immiserisce nel rancore e nella vendetta liberando una violenza che pretende di umiliare la libertà morale di chi rappresenta migliaia di imprese. Confindustria esprime solidarietà a Emma Marcegaglia, e ci mancherebbe.
È quasi un atto dovuto. Né dovuti né scontati sono gli argomenti che gli industriali propongono. Scrivono: «La libertà d´informazione è un bene prezioso che va difeso e tutelato, ma chiunque, a maggior ragione se ricopre ruoli di rappresentanza, ha il diritto e il dovere di esprimere giudizi e valutazioni, senza timori di azioni che possano lederne l´immagine e la moralità». Dunque, Confindustria ha un´opinione su quanto è accaduto al suo presidente. La Marcegaglia ha espresso dei giudizi e delle valutazioni che hanno messo in movimento la macchina del fango politico-informativa che progettava contro di lei un rito di degradazione, una bastonatura che avrebbe voluto condizionare un suo diritto e un suo dovere, influenzare le sue parole, limitare la sua indipendenza. Scrive il comitato di presidenza: «L´indipendenza è da sempre la forza del sistema Confindustria. Emma Marcegaglia, nel suo ruolo di presidente degli imprenditori italiani, è simbolo di questa indipendenza, che non può in alcun modo essere attaccata o messa in discussione». C´è dunque chi, con un´intimidazione, ha provato a vincolare l´autonomia della Marcegaglia e l´autodeterminazione della Confindustria. Chi?
Scrive Confindustria: «Stiamo assistendo a un imbarbarimento del clima politico, che oltre a creare sentimenti di disaffezione e disistima nei cittadini, non incoraggia le imprese a continuare a lottare per difendere ed accrescere il benessere che abbiamo conquistato». È dunque la barbarie della politica – e non la ferocia di un giornalismo degradato a killeraggio – che ispira per Confindustria i sicari che avrebbero dovuto friggere la Marcegaglia. Sembra di vedere qui un dito puntato contro il presidente del Consiglio. È Berlusconi che la presidente di Confindustria critica in settembre. È Berlusconi che tace oggi. Non una parola. Non un rigo per esprimere sostegno e apprezzamento a una donna che, quale che sia l´esito dell´inchiesta giudiziaria, ha già avuto modo di dire di aver patito come «un avvertimento, come un rischio reale e concreto per la sua persona e per la sua immagine», come un manifesto tentativo di «coartare la sua volontà» l´annuncio che la direzione del Giornale aveva raccolto – e si preparava a pubblicare – un dossier contro di lei. Non un rigo. Non una parola di Berlusconi per spegnere l´incendio. Il silenzio è assordante. È molto eloquente. Autorizza a immaginare che il capo del governo non abbia nessuna voglia di smentire o contraddire i suoi sicari e nessuna intenzione di venire incontro a chi lo ha criticato in nome delle imprese. È questo silenzio, si può credere, la chiave che consente di interpretare, da un lato, le parole severe del comitato di presidenza di Confindustria contro «l´imbarbarimento della politica» e, dall´altro, la decisione del giornale del Cavaliere di pubblicare oggi quatto pagine di guai giudiziari e liti familiari dei Marcegaglia. Con un cambio di direzione sorprendente. Ieri, Feltri (direttore editoriale), Sallusti (direttore responsabile), Porro (vicedirettore) banalizzavano l´affare dandosi di gomito dinanzi alle telecamere. Non c´è stato mai alcun dossier! Nelle telefonate si «cazzeggiava»! È vero, si diceva: faremo male a Emma per settimane; i segugi sono già a Mantova; il super dossier giudiziario è già pronto. Ma non era vero niente! Era quel Porro che aveva voglia di ridere e «per una volta» c´è chi lo ha preso sul serio. Ora, cambio di scena. Sallusti dice che il dossier c´era e «venti carabinieri» non l´hanno trovato e sequestrato così ora si può pubblicare. Feltri fa sapere che ne farà, addirittura, quattro pagine: «C´è di tutto». In questo bailamme, un solo fatto appare chiaro. Berlusconi non intende muovere un dito per evitare l´ennesimo conflitto scatenato in suo nome e per suo conto. È un distacco che conferma come dietro le aggressioni del suo giornale ci sia sempre la sua volontà, il suo risentimento contro chi immagina lo abbia tradito o lo voglia tradire. Contro chi non crede (o non crede più) alle sue performance di illusionista, al suo mondo di immagini, umori, riflessi mentali, paure, odio del tutto artefatti come le emozioni dinanzi alla visione di un film. Esaltato da un rancore cieco, gonfio di un´inimicizia assoluta e irreparabile, il Cavaliere non riesce a scorgere nessuna differenza ormai tra la critica legittima e l´aggressione violenta, tra il disaccordo ragionato e la destabilizzazione. Ogni dissenso diventa per lui «disegno eversivo», sfida per il legittimo governo del Paese, assedio alla sua persona. Chi rompe l´equilibrio del regime che governa – sia la moglie, un giornalista, un alleato, il presidente della Camera, il presidente degli industriali – deve essere trascinato nel fango e distrutto. È questa la missione di un non-giornalismo trasformato in killeraggio politico. È improprio parlare di libertà di stampa dinanzi a questa anomalia del tutto nuova anche per il giornalismo italiano da sempre prigioniero delle divisioni ideologiche e dell´asprezza del conflitto politico che hanno ostacolato lo sviluppo di una cultura professionale separata dalle opzioni politiche. Questo non-giornalismo è soltanto la vetrina della collera di Berlusconi. Si nutre di calunnia e di menzogna. Diffama e pretende di distruggere ogni reputazione. Contamina ogni rispettabilità. Umilia e ferisce. È artefice di un linciaggio violento, permanente e senza vincoli che si alimenta degli odi del padrone. È soltanto lo strumento di una lotta politica declinata come guerra civile. Una guerra dichiarata unilateralmente da Berlusconi contro tutti. Oggi anche contro la Marcegaglia e Confindustria.
La Repubblica 09.10.10