Spudorata, scandalosa, maledetta televisione! Odio, come mai mi era capitato, quel malefico schermo che mi ha fatto dimenticare la bimba morta attizzando la mia morbosità sul dolore della madre. La faccia sgomenta davanti alla morte ha infatti seppellito la morte. Non c´era più una ragazzina ammazzata dallo zio, strangolata e violentata, ma c´era solo quel volto.
E tutti eravamo lì a cercarne gli spasmi, a violarne lo smarrimento, a misurare l´incommensurabilità del dolore infinito. E senza neppure l´imbarazzo delle condoglianze; senza quel caldo, facile e ipocrita conforto che si offre in genere bisbigliando, con bigliettini discreti, con gesti misurati e veloci. No, la tv ha reso astratto quel dolore, ne ha ingigantito i dettagli ma ne ha annullato la concretezza.
È davvero odiosa la tv che non ha permesso a una mamma straziata di cercare la compostezza dei sentimenti, non le ha dato il tempo di dominarsi, di raccapezzarsi e l´ha esposta alla insana curiosità dell´Italia, ha degradato la sua pena non solo e non tanto a tecnica spettacolare dell´evento quanto soprattutto a distrazione dall´evento; non più un oltraggio a tutte le ragazze del mondo, a quella bimba bella che tutti avremmo voluto come figlia, ma una moviola infinita dell´indecenza: le rughe, i capelli, le labbra, gli occhi asciutti, una specie di autopsia in diretta, un furto d´anima, uno squartamento interiore, il feroce avvilimento della maternità.
E poi c´è l´orribile fatto che, spenta la tv, ci è tornato addosso non lasciandoci a bocca aperta ma al contrario a bocca chiusa perché la nostra struttura mentale è troppo debole, un delitto così non è commestibile e il rigetto è totale. C´è quello zio stupratore che nessuno immagina così. In quelle sue foto con gli attrezzi di campagna sembra un pover´uomo sfatto dalla fatica di vivere. Nessuno potrebbe attribuirgli pulsioni vitali. Non riesci a credere che dietro la sua faccia di contadino tostato dal sole e dalla pesantezza dei giorni ci sia un priapo ottuso, un criminale sessuale.
Ma è sempre così con la cronaca nera, che i vecchi maestri del giornalismo ci insegnavano a non commentare mai. Il male è un mistero che non può essere chiarito da nessuna sociologia, da nessuna scienza della psiche. Sì, certo, può venire in mente la famiglia che non è solo lo scrigno dei valori e il focolare degli affetti ma anche il luogo dei delitti contro le donne, degli stupri, della violenza sui bambini. E chi ogni tanto organizza il family day dovrebbe forse ricordarsi come nella famiglia italiana si coltivino in segreto e nel rancido le emozioni più basse e più malate e come le donne siano sempre sottomesse e sopraffatte.
E in questa storia indiavolata ci sono anche la campagna italiana e i contadini, da Verga in poi campo di battaglia di tutte le strategie e di tutte le costruzioni ideologiche: i buoni sentimenti, i proverbi, il cibo di una volta, la dolcezza dell´agro pastorale. Ebbene, ogni volta che la cronaca ci spinge a gettare un occhio in questo mondo «felice» scopriamo le caverne mentali e la violenza più bestiale, da Pacciani a questo zio che uccide la nipote e poi stupra il cadavere.
Ma forse sono solo sociologismi raccattati alla rinfusa e alla ricerca di una logica sociale della follia che semplicemente non c´è. Forse non abbiamo il diritto di ridurre le cose più insondabili dell´universo a economia, a sociologia, a psicologia e neppure ad astrologia.
Di certo in questa storia c´è solo la novità del ruolo che ha avuto la televisione. Ieri sera la figlia dell´assassino, la cugina di Sara, nascosta dietro una specie di serranda ha espresso con forza un grande disprezzo per il proprio padre. Ancora una volta è la voce che abbiamo sezionato, era la figlia che cercavamo. E invece senza turbamenti, con tono deciso e definitivo la ragazza ha rotto per sempre il suo rapporto familiare. E di nuovo abbiamo dimenticato il fatto e ci siamo interrogati sulla paternità perché forse questa inedita televisione dimostra che non è vero che Dio sta nei dettagli, non è vero che nel viso impietrito della madre c´era la morte della figlia e non è vero che nella voce decisa di quell´altra figlia c´erano quell´assassinio e quell´assassino. Adesso sappiamo che nel dettaglio non c´è la storia concentrata ma al contrario c´è la fuga. E più ti avvicini al dettaglio più sparisce la notizia, più cerchi Dio e più lo scopri lontano.
La Repubblica 08.10.10
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