Inaugurata due giorni fa con la conferenza stampa in cui il premier ha escluso ancora una volta le elezioni anticipate, la tregua Berlusconi – Fini ha ricevuto ieri una conferma da parte del Presidente della Camera.
Nell’intervista al programma di Santoro “Annozero”, infatti, Fini ha spiegato di non credere all’ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere, di essere disposto a collaborare all’approvazione del Lodo Alfano costituzionale e di immaginare d’ora in poi un rapporto di consultazione del Pdl con Futuro e libertà, dal momento che la maggioranza di centrodestra poggia adesso su tre gambe, e non più su due.
Di più l’ex-cofondatore non voleva e forse non poteva dire, la tregua essendo per ora appesa a uno stallo inevitabile e a un chiarimento neppure cominciato sulla possibilità che il governo arrivi a fine legislatura e sul percorso che dovrebbe assegnarsi. L’approvazione ieri in consiglio dei ministri di un’altra parte importante dell’attuazione del federalismo gratifica ovviamente la Lega, ma in nessun modo affronta le richieste venute da Fli in materia di rafforzamento dell’unità nazionale, che restano dunque sospese, e in mancanza dei quali il varo definitivo dello stesso federalismo resta appeso ai finiani. Il via libera alla ripresa della trattativa sul Lodo Alfano, dopo lo stop and go di fine estate, lascia aperto il problema dello scudo temporaneo, che Berlusconi rivendica fino alla conclusione del complesso iter parlamentare della legge costituzionale, ma che Fini e i suoi hanno bollato fin qui come l’ennesima inaccettabile legge ad personam. Anche il richiamo alla riforma della legge elettorale, che Berlusconi e Bossi hanno detto chiaramente di non volere (a meno di non introdurre ulteriori facilitazioni sul premio di maggioranza, come dice la proposta del Pdl presentata al Senato), fa capire che Fini non vuol chiudere del tutto il filo di comunicazione con l’opposizione, a partire dal Pd che spinge ancora per la cancellazione del Porcellum e per il varo di un governo d’emergenza, mirato proprio alla riforma elettorale, in caso di nuova rottura della maggioranza di centrodestra.
Siamo dunque ancora ben lontani da un’effettiva ripresa della collaborazione tra i due pezzi ormai separati del partito del premier. E più che di vero riavvicinamento, dopo aver ascoltato un giorno dopo l’altro Berlusconi e Fini, forse si può parlare di un assai diffidente scrutarsi a distanza. Il duello non è finito, non è neppure archiviato, forse è solo sospeso. E i due leader, nell’attesa, sono fermi, assolutamente fermi.
La Stampa 08.10.10