Salvate la riforma universitaria: questo l’ordine di scuderia. Lo scontro è aperto, tanto che la maggioranza ha chiesto di far modificare il calendario dei lavori alla Camera. E addirittura di rivedere il testo inserendo un intervento a favore dei ricercatori. Un pasticcio politico, con tanto di accuse reciproche tra finiani e Pdl? La Lega con Reguzzoni e il Pdl con Cicchitto hanno chiesto modifiche al calendario.
Perché è di questo che si tratta: di una vera e propria corsa contro il tempo. Quella che potrebbe essere una delle (poche) riforme ad ampio respiro del governo Berlusconi rischia di non essere portata a casa.
Pasticcio politico o cattiva gestione dei tempi?Il calcolo è rapido: dopo essere stato licenziato dal Senato il 29 luglio scorso, il ddl Gelmini è approdato alla Camera il 3 agosto. E calendarizzato giocoforza dopo la pausa estiva. C’è chi chiosa che gli otto mesi di permanenza a Palazzo Madama siano attribuibili anche al fatto che allora quella riforma non era poi così importante per il governo, impegnato su altro. Ora, dopo alcuni necessari passaggi intermedi (troppo pochi e troppo brevi, tra l’altro, a detta dell’opposizione) l’esame della riforma da parte dell’aula di Montecitorio è stata calendarizzata per il 14 ottobre. Tardi: il giorno dopo, infatti, comincia la sessione di bilancio: che non solo dura un mese, ma che per regolamento «congela» tutti gli altri provvedimenti, che attendono in coda. Nella migliore delle ipotesi, quindi, se ne riparla nella seconda metà di novembre: dopodichè il testo dovrà comunque ritornare al Senato. Il che non significa solo affrontare le annunciate proteste di un anno accademico tra le incertezze. Porta con sé anche il temuto fantasma del «binario morto». E se si andasse a votare a marzo, l’attuale maggioranza non potrebbe rivendicare per sé in campagna elettorale la riforma dell’università sulla quale pure ha tanto investito in termini di immagine.
Ed è così che l’università diventa l’ennesimo terreno di scontro Fli-Pdl. Da un lato, il neonato gruppo, che proprio sul ddl Gelmini presenta ieri i primi emendamenti della sua storia. Li definiscono «liberalizzatori»: abolizione del tetto sulle tasse universitarie e deducibilità all’80% delle erogazioni liberali da parte di privati e imprese a favore di istituzioni universitarie. E poi sono stati riproposti quelli presentati al Senato dal relatore, il finiano Giuseppe Valditara, «relativi all’inquadramento, nei prossimi sei anni, di almeno un terzo degli attuali ricercatori abilitati nel ruolo di professore associato, al recupero degli adeguamenti retributivi non automatici e delle progressioni di carriera per docenti e ricercatori, e all’anticipo di un anno (nel 2012) dello sblocco del turn over al 100%». Emendamenti che all’opposizione non sono dispiaciuti.
I finiani assicurano che si tratta di interventi del tutto attinenti allo spirito della riforma così come concepita e portata avanti con a Maria Stella Gelmini. E poi Valditara è il relatore, di quel ddl: «Come si fa a pensare che siamo contrari?». Anzi… «Gli emendamenti del Pdl sono 400 sui 600 totali. I nostri neanche una decina», chiosa. «Il ministro mi ha ringraziato, invece: perché Fini le aveva telefonato per assicurarle la sua disponibilità a far lavorare la Camera anche il sabato, se necessario». E se Fini ha dato disponibilità, disponibilità è da parte di tutti i finiani. Al comitato promotore del nuovo partito, nel frattempo, il presidente della Camera ha messo in chiaro che uno dei punti su cui i finiani hanno tutta l’intenzione di dire la loro è proprio l’università.
La Lega è perplessa: «Fini ha stabilito, assumendosene la responsabilità, una soluzione di mediazione: il provvedimento è stato messo in calendario prima dell’inizio della sessione di bilancio, ma con tempi che non ne facilitano certamente la conclusione prima della sessione stessa», chiosa Reguzzoni. E per Cicchitto, Fini «ha mediato» collocando la riforma a metà mese «in una posizione certamente assai incerta». Decisione, chiosa il presidente dei deputati Pdl «sottoposta a discussione dal sottoscritto: ma il parere del presidente prevale in presenza di una divergenza fra i capigruppo». «Non esiste al momento calendario alternativo», spiega la capogruppo Pd in commissione, Manuela Ghizzoni. E qualsiasi modifica – quindi anche l’ipotesi di lavorare di sabato – «deve essere decisa dalla capigruppo». Prevista per oggi. Infine, sul destino dell’università pesano, anche a detta dei finiani, le risorse. Il fondo universitario è sceso, e per il prossimo anno è prevista un’ulteriore diminuzione del 20%. «Diamo fiducia al governo sul fatto che troverà quel miliardo e mezzo che manca», conclude Valditara. L’appuntamento è con la finanziaria. Ma ora tutto dipende dai destini della legislatura.
Il Riformista 05.10.10
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“Atenei: fissati i requisiti per i ricercatori”, di Tucci Claudio
Non meno di dodici pubblicazioni per avere un contratto da ricercatore a tempo determinato, attività didattica certificata e di servizio agli studenti per almeno 350 ore, se docenti a tempo pieno, che scendono a 250 ore, se a regime di tempo definito. E ancora, ringiovanimento degli organi accademici, adeguamento dello stipendio dei collaboratori esperti linguistici assunti dalle università a quello dei ricercatori confermati a tempo definito «dalla data di prima assunzione quali lettori di madrelingua straniera»: è nutrito il pacchetto di emendamenti presentati dalla pidiellina Paola Frassinetti, relatrice al Ddl di riforma degli atenei, attualmente all’esame della commissione Cultura della Camera. Complessivamente, la relatrice ha presentato una quarantina di emendamenti, che dovrebbero avere parere favorevole del governo. Ieri è iniziata la discussione delle proposte di modifica dei primi due articoli del Ddl Gelmini (principi generali e governance delle università), ma è intenzione della maggioranza velocizzare i lavori: «puntiamo a chiudere l’esame dei 550 emendamenti presentati entro giovedì – ha detto Frassinetti – per far arrivare in aula il testo già lunedì o martedì prossimi». Ma l’eventuale ingresso anticipato in aula dovrà essere rivalutato , dalla conferenza dei capigruppo. Un’accelerazione alla quale «non è contrario» Fabio Granata (Fli) diversamente dal Pd, che, attraverso la capogruppo in commissione Cultura a Montecitorio, Manuela Ghizzoni, chiede invece «più tempo e soprattutto certezza sulle risorse». Sfogliando tra le 109 pagine di emendamenti, emerge come la copertura finanziaria dei concorsi per far passare nel ruolo di associato 9mila ricercatori fino al zoi6, che vale circa 1,7 miliardi, arriverà da una corrispondente riduzione del fondo per gli interventi strutturali di politica economica. Una sorte di «pozzo di San Patrizio», previsto dalla legge 307 del 2004, e alimentato tra l’altro anche dalle maggiori entrate. Le stesse risorse, si legge ancora nell’emendamento presentato dalla relatrice, serviranno anche a incrementare il fondo di finanziamento ordinario e a valorizzare, nel triennio 2011-2013, professori e ricercatori inquadrati nella prima progressione economica. Novità anche per gli studenti meritevoli: i prestiti d’onore non dovranno essere restituiti dai ragazzi che conseguono la laurea con il massimo dei voti ed entro i termini di durata normale del corso. La presidente della commissione Cultura, la pidiellina Valentina Aprea ha presentato un’emendamento che interviene sugli assegni di ricerca e fissa il loro importo minimo in «misura comunque non inferiore a zomila euro lordi». E se Elena Centemero (Pdl) punta a far istituire l’anagrafe nazionale dei ricercatori italiani all’estero, da Futuro e Libertà chiedono l’abolizione del tetto sulle tasse universitarie, la deducibilità all’8o% delle erogazioni liberali di privati e imprese a favore degli atenei e lo sblocco degli adeguamenti retributivi non automatici. Diverse le richieste di modifica al Ddl Gelmini presentate dal Pd: dallo sblocco del turn over, al ruolo unico della docenza, alle borse nazionali di merito per il diritto allo studio al contratto unico formativo di ricerca, che prenderebbe il posto degli attuali assegni di ricerca.
Il Sole 24 Ore 06.10.10
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“Riforma Gelmini in panne Fini si sveglia e suona la carica”, di Alessandra Ricciardi
La riforma dell’università rischia di rimetterci le penne nel fuoco incrociato di alleati di governo e di avversari. Pronti tutti, dal Pd all’Italia dei valori fino all’Udc, a prendere tempo pur di mandarla definitivamente in soffitta. Ma ora il presidente della camera, Gianfranco Fini, è deciso a dare una sveglia a tutti, offrendo la disponibilità a modificare il calendario dei lavori consentendo così che sul disegno di legge, inizialmente atteso per l’aula della camera per il 14 ottobre, si possa lavorare a tappe forzate anche il venerdì e il sabato.
Se la riunione dei capigruppo sarà d’accordo, il ddl insomma potrebbe riuscire a sfangarla e a venire fuori dalla camera -per tornare per il via libera definitivo al senato- prima che a Montecitorio inizi, il 15 di ottobre, la sessione di bilancio. E non ci sia spazio, per un mese almeno, per altro. Insomma, se non ci saranno barricate, la riforma Gelmini potrebbe vedere la luce a fine anno. «Il ddl è arrivato alla camera il 14 settembre, abbiamo bisogno del tempo giusto per esaminare i 600 emendamenti arrivati da poco in commissione, è una riforma importante e non possiamo fare i passacarte», dice Manuela Ghizzoni, responsabile del Pd in commissione cultura, che così spiega la richiesta del presidente dei deputati democratici, Dario Franceschini, di uno slittamento dei lavori. «Noi non facciamo nessun ostruzionismo, alla camera abbiamo presentato pochi e qualificati emendamenti», spiega Giuseppe Valditara, di Fli, relatore del ddl al senato, «e con la disponibilità di Fini si dimostra che noi non remiamo contro». Fa professione di ottimismo Paola Frassinetti (Pdl), relatrice del provvedimento: «Speriamo che alla fine prevalga il buonsenso. Siamo consci che questa è una riforma attesa dal mondo dell’università e dell’impresa… L’unica incognita è la decisione finale della conferenza dei capigruppo». In cui Pdl, Fli e Lega hanno la maggioranza.
da Italia Oggi 06.10.10