Crescono i “paperoni”, ma soprattutto cresce la ricchezza investita in Italia da imprenditori, liberi professionisti e da una nuova categoria quella delle casalinghe. Queste ultime vanno ad allargare le fila dei ricchi made in Italy, ovvero delle 611.438 famiglie che possono contare su un patrimonio finanziario personale superiore ai 500mila euro, escludendo l’investimento immobiliare.
Tra di loro si spartiscono un patrimonio di 896 miliardi di euro salito nel 2010 del 3,2% e superando gli 810 miliardi toccati nel 2007 prima della crisi, ma soprattutto lasciandosi alle spalle il crollo del 2008 quando era piombata a 804 miliardi. Lo scudo fiscale e le performance borsistiche hanno aiutato nell’incrementare la ricchezza soprattutto di imprenditori e professionisti, età media 60 anni, che possono contare su un patrimonio medio di 3,33 milioni. La Lombardia continua ad essere la regione dove si concentra la quota maggiore di ricchezza nazionale (29,74%), seguita da Emilia Romagna (11,1%) e Veneto (10,4 per cento). Chiudono la lista Molise e Basilicata.
I dati sono stati forniti dall’Associazione italiana private banking (Aipb) nell’analisi annuale del settore che vale 391 miliardi di euro. Il peggio, dunque, sembra alle spalle: «Nel complesso i clienti private hanno affrontato adeguatamente la crisi – ha commentato Dario Prunotto, presidente dell’associazione – nei momenti peggiori hanno saputo valutare correttamente la situazione, avvalendosi della consulenza del proprio banker, senza cedere all’emotività e oggi il valore stimato dei loro portafogli è ritornato ai valori pre-crisi del 2007».
I dati forniti mostrano come nel periodo più nero «il private banking ha perso solo il 6% del valore degli asset in gestione, contro il 14,2% di quelle nordamericane e il 16,1% della media degli istituti europei on-shore – ha commentato Bruno Zanaboni, segretario generale di Aipb –. La ripresa è stata invece sugli stessi livelli di Usa ed Europa».
La novità è che tra i paperoni che si affidano al private banking, sono sempre più numerose le casalinghe, al terzo posto per ricchezza detenuta, in media 2,26 milioni di euro: sono vedove, divorziate ed ereditiere con un’età media di 65 anni e un patrimonio che le colloca tra quello dei liberi professionisti con 2,35 milioni di euro e i lavoratori dipendenti con 2,14 milioni di euro. Perdono appeal, invece, i dirigenti con 1,05 milioni che arrivano a collocarsi dietro ai pensionati con 1,7 milioni di euro.
Se l’investimento nel private equity è fatto prevalentemente da imprenditori, la crisi ha modificato la loro percezione del rischio: nella composizione del portafoglio, aumenta la componente investita in assicurazioni (dal 7,1% all’8,3%) e trovano sempre più spazio le gestioni patrimoniali (dal 16% al 17,1%), i fondi comuni (da 12,2% a 13,3%), le obbligazioni (da 15,2% al 19,8%) a scapito di azioni (da 13,2% a 11,3%) e titoli di Stato (da 14,1% a 9 per cento).
Stabile il mix di investimenti non finanziari: il luxury (auto, navi, jet) sale al 10%, apprezzati anche gioielli, orologi, investimenti in opere d’arte che si aggiungono a chi non disdegna lo sport investendo capitali in squadre di calcio, vela e cavalli.
Il Sole 24 Ore 05.10.10